Terapia del rovesciamento. Per questa ci vuole esperienza di vita o immaginazione. Terenzio (Adelphoe). Vittorio Alfieri. T. Mann. Oscar Wilde. Pirandello e il “sentimento del contrario” come “disposizione propriamente umoristica”. Tre esempi: quello della vecchia signora, uno tratto da S. Ambrogio di Giusti, e uno da Delitto e castigo di Dostoevskij. Morin: vedere l’ego alter come alter ego.
Ancora degli esempi: L’arbitrato di Menandro e il Vangelo di Giovanni. Pierre in Guerra e pace di Tolstoj. Leopardi e la dote del buon maestro che abbia abbastanza “forza di immaginazione” da “mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli”
E’ pur vero che mettersi nei panni degli altri non può giungere ad accettare le diversità criminali. Claudio Magris e il film M, il mostro di Düsserdolf di Fritz Lang. Romano Luperini: perché non bisogna tirare i sassi dal cavalcavia.
Maurizio Bettini suggerisce questa cura:" Possiamo però dire che, fra i rimedi più sicuri per guarire da questo morbo, sta la terapia del rovesciamento. Con questa espressione intendiamo un esercizio quasi quotidiano che consiste nel rovesciare sistematicamente il proprio punto di vista per assumere quello dell'"altro": in modo da poter guardare se stessi con gli occhi altrui. Di questo esercizio è stato maestro uno dei più grandi pensatori che l'Europa del XVI secolo possa vantare, Michele de Montaigne"[1].
Insomma dobbiamo essere capaci di uscire dalla parte che stiamo vivendo, o recitando, per assumerne un'altra.
Certamente per fare questo ci vuole esperienza di vita, o immaginazione: a proposito della prima, negli Adelphoe di Terenzio, Micione critica l’eccessiva severità del fratello Demea dicendo: “Homine imperito numquam quicquam iniustiust,/qui nisi quod ipse fecit nil rectum putat” (vv. 98-99), non c'è niente di più ingiusto di un uomo senza esperienza, che considera tutto sbagliato tranne quello che ha fatto lui.
Vittorio Alfieri venne mandato nell’Accademia di Torino, nel 1758, a nove anni, e dovette rimanervi fino al 1766, senza però trovarvi maestri adatti alla sua indole: “Nessuna massima di morale mai, nessun ammaestramento della vita ci veniva dato. E chi ce l’avrebbe dato, se gli educatori stessi non conoscevano il mondo né per teoria, né per pratica?” (Vita, 2, 1). Queste parole contengono un principio valido: che un educatore deve conoscere anche la vita, “conoscerla” anche nel senso biblico di “amarla”.
“La vita, giovanotto, è una donna, una donna distesa sopra un giaciglio, coi seni sporgenti e rigogliosi, con la superficie del ventre ampia e liscia tra i fianchi rilevati, con le braccia sottili, le cosce tondeggianti, gli occhi semichiusi. Con questa magnifica e irridente provocazione magnifica e irridente reclama il nostro massimo ardore, tutta la tensione delle nostre voglie maschili. Chi resiste a lei o ne esce con vergogna (…) vergogna e disonore sono parole troppo blande per simile rovina e bancarotta, per tale orrendo smacco”[2].
Per quanto riguarda l’immaginazione: “L’amore è alimentato dall’immaginazione, per cui diventiamo più saggi di quanto sappiamo, migliori di quanto sentiamo, più nobili di quanto siamo: per cui, e per cui soltanto possiamo capire gli altri nelle loro relazioni vere e ideali”[3].
La terapia del rovesciamento non è molto diversa dal “sentimento del contrario” di Pirandello. Tra i Greci “Umorista non è Aristofane ma Socrate…Socrate ha il sentimento del contrario; Aristofane ha un sentimento solo, unilaterale”[4].
Il saggio L’umorismo[5] presenta tre esempi: il primo è quello celeberrimo della “vecchia signora coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d'abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa prima impressione cronica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario”.
Ma poi interviene la riflessione che suscita il sentimento del contrario ossia l'umorismo :"Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’ inganna che, parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l'amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto più addentro: da quel primo avvertimento del contrario, mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l'umoristico"[6]. Si tratta insomma di riflettere sul dolore di chi ci farebbe ridere, di sentire con chi soffre e provare simpatia per lui-
Il secondo esempio è questo tratto da Dostoevskij: “Signore, signore! oh! Signore, forse, come gli altri, voi stimate ridicolo tutto questo; forse vi annojo raccontandovi questi stupidi e miserabili particolari della mia vita domestica; ma per me non è ridicolo, perché io sento tutto ciò…”-Così grida Marmeladoff nell’osteria, in Delitto e Castigo[7] del Dostoevskij, a Raskolnikoff tra le risate degli avventori ubriachi. E questo grido è appunto la protesta dolorosa ed esasperata d’un personaggio umoristico contro chi, di fronte a lui, si ferma a un primo avvertimento superficiale e non riesce a vederne altro che la comicità”[8].
Il terzo esempio deriva da S. Ambrogio di Giusti: “Un poeta, il Giusti, entra un giorno nella chiesa di S. Ambrogio a Milano, e vi trova un pieno di soldati…Il suo primo sentimento è d’odio: quei soldatacci ispidi e duri son lì a ricordargli la patria schiava. Ma ecco levarsi nel tempio il suono dell’organo: poi quel cantico tedesco lento lento,
D’un suono grave, flebile, solenne[9]
Che è preghiera e pure lamento. Ebbene, questo suono determina a un tratto una disposizione insolita nel poeta, avvezzo a usare il flagello della satira politica e civile: determina in lui la disposizione propriamente umoristica: cioè lo dispone a quella particolare riflessione che, spassionandosi dal primo sentimento, dell’odio suscitato dalla vista di quei soldati, genera appunto il sentimento del contrario. Il poeta ha sentito nell’inno
La dolcezza amara/Dei canti uditi da fanciullo: il core/Che da voce domestica gl’impara,/Ce li ripete i giorni del dolore./Un pensier mesto della madre cara,/Un desiderio di pace e d’amore,/Uno sgomento di lontano esilio[10].
E riflette che quei soldati, strappati ai loro tetti da un re pauroso,
“A dura vita, a dura disciplina,/Muti, derisi, solitari stanno, /Strumenti ciechi d’occhiuta rapina,/che lor non tocca e che forse non sanno[11]
Ed ecco il contrario dell’odio di prima:
Povera gente! Lontana da’ suoi,/In un paese qui che le vuol male[12].
Il poeta è costretto a fuggire dalla chiesa perché
Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, /Colla su’ brava mazza di nocciolo/Duro e piantato lì come un piolo”[13].
Questo è il terzo esempio di avvertimento del contrario passato a sentimento del contrario.
Sentiamo anche T. Mann sull’argomento: “Indifferenza e ignoranza della vita intima degli altri esseri umani finiscono per creare un rapporto affatto falso con la realtà, una specie di abbigliamento. Dai tempi di Adamo ed Eva, da quando uno divenne due, chiunque per vivere ha dovuto mettersi nei panni altrui, per conoscere veramente se stesso ha dovuto guardarsi con gli occhi di un estraneo. L’immaginazione e l’arte di indovinare i sentimenti degli altri, cioè l’empatia, il con-sentire con gli altri, è non solo lodevole ma, in quanto infrange le barriere dell’io, è anche un mezzo indispensabile di autopreservazione”[14].
“C’è una conoscenza che è comprensiva e che si fonda sulla comunicazione, sull’empatia e persino sulla simpatia inter-soggettiva. Così io comprendo le lacrime, il sorriso, le risa, la paura, la collera vedendo l’ego alter come alter ego, con la mia capacità di provare i suoi stessi sentimenti. Comprendere, quindi, comporta un processo di identificazione e di proiezione da soggetto a soggetto. Se vedo un bambino in lacrime, cerco di comprenderlo non misurando il tasso di salinità delle sue lacrime, ma rievocando in me i miei sconforti infantili, identificandolo in me e identificandomi in lui. La comprensione, sempre inter-soggettiva, richiede apertura e generosità…La comprensione permette di considerare l’altro non solo come ego alter, un altro individuo soggetto, ma anche come alter ego, un altro me stesso con cui comunico, simpatizzo, sono in comunione. Il principio di comunicazione è dunque incluso nel principio di identità e si manifesta nel principio di inclusione "[15].
Proviamo a vedere qualche altro esempio.
In L’arbitrato (Epivtreponte") di Menandro[16] Carisio, il marito che si crede tradito, definisce se stesso, ironicamente, l'uomo senza peccato attento alla reputazione ( ejgwv ti" ajnamavrthto", eij" dovxan blevpwn, v. 588) e comprende che l'errore sessuale della moglie, presunto, ma da lui ritenuto reale, è stato un "infortunio involontario"( ajkouvsion gunaiko;" ajtuvchm j, v. 594). Del resto la donna, Panfile, l’aveva condiviso proprio con Carisio. Nessuno dei due lo sapeva poiché durante l’accoppiamento avvenuto in una situazione confusa non si erano riconosciuti.
Il protagonista di questa commedia ripropone la formula antica della dovxa , la reputazione, ma poi la supera, con quell’ ejgwv ti" ajnamavrthto", che anticipa il Vangelo di Giovanni:"chi di voi è senza peccato scagli la pietra per primo contro di lei, oJ ajnamavrthto" uJmw'n prw'to" ejp j aujth;n balevtw livqon (8, 7). Qui non si tratta di un adulterio presunto. Infatti gli scribi e i farisei portano al tempio una donna còlta in adulterio (mulierem in adulterio deprehensam , 8, 3) e chiedono al Cristo, che insegnava in quel luogo, se dovesse essere lapidata secondo la legge mosaica. Lo dicevano per metterlo alla prova e magari poterlo accusare. Gesù allora si diede a scrivere con il dito sulla terra. E siccome lo incalzavano, il Redentore, rizzatosi, disse loro:" qui sine peccato est vestrum, primus in illam lapidem mittat ". E riprese a scrivere per terra. Tutti gli altri uscirono, e il Cristo, rimasto solo con la donna, la assolse, come tutti gli altri, aggiungendo:"vade et amplius iam noli peccare " (8, 11), vai e non peccare più. Che significa: scegli tra i due uomini quello che ami. Certamente non il marito.
Nel Vangelo di Luca, Cristo disse bene della peccatrice :"Remissa sunt peccata eius multa, quoniam dilexit multum, cui autem minus dimittitur, minus diligit " (N. T. Luca, 7, 47), le sono perdonati i suoi molti peccati poiché ha amato molto, quello invece cui si perdona meno, ama meno.
Procedo con Tolstoj: “c’era ora in Pierre una nuova caratteristica che gli assicurava la simpatia generale: era il riconoscimento che ogni persona potesse pensare e sentire, sentire e vedere le cose a modo suo, il riconoscimento che è impossibile con le parole far cambiare opinione a un uomo. Questa legittima peculiarità di ogni persona, che un tempo disturbava e irritava Pierre, costituiva ora la base della simpatia e dell’interesse che gli uomini suscitavano in lui”[17].
La capacità di mettersi nei panni degli altri è indispensabile all’insegnante bravo cui non basta essere preparato.
A questo proposito sentiamo Leopardi: “gli scolari partiranno dalla scuola dell’uomo il più dotto, senz’aver nulla partecipato alla sua dottrina, eccetto il caso (raro) ch’egli abbia quella forza d’immaginazione, e quel giudizio che lo fa astrarre interamente dal suo proprio stato, per mettersi ne’ piedi de’ suoi discepoli, il che si chiama comunicativa. Ed è generalmente riconosciuto che la principal dote di un buon maestro, e la più utile, non è l’eccellenza in quella dottrina, ma l’eccellenza nel saperla comunicare”[18].
E più avanti: “Ma il gran torto degli educatori è di volere che ai giovani piaccia quello che piace alla vecchiezza o alla maturità; che la vita giovanile non differisca dalla matura; di voler sopprimere la differenza di gusti di desiderii ec., che la natura invincibile e immutabile ha posta fra l’età de’ loro allievi e la loro, o non volerla riconoscere, o volerne affatto prescindere…di volere che gli ammaestramenti, i comandi, e la forza della necessità suppliscano all’esperienza ec.”[19].
Il mettersi nei panni dell’altro non significa accettare tutte le diversità:" Il vero problema nasce con le diversità che si pongono in irriducibile conflitto con il modello di umanità, un conflitto nel quale la soddisfazione dell'esigenza degli uni costituisce necessariamente violenza per gli altri e viceversa. Nel famoso film di Fritz Lang[20], M, l'assassino di bambine non mente, quando illustra tragicamente la sua reale esigenza che lo induce a quegli atti omicidi, e l'altissimo costo che significherebbe per lui la repressione di quegli impulsi, ma d'altra parte anche il diritto di quelle bambine di non essere uccise-ossia il loro diritto di esigere la sua repressione-non è meno reale. Pure il delitto di Raskol' nikov nasce da una passione sofferta e reale; se egli ne venisse impedito, ciò significherebbe il sacrificio di una sua oscura ma autentica esigenza, e d'altronde senza quel sacrificio sono le sue vittime a venire calpestate. Si tratta di casi estremi, che indicano tuttavia la difficoltà di tracciare un confine fra l'esigenza dell'universale e la rivendicazione della diversità, e che indicano soprattutto la difficoltà di risolvere il problema sul mero terreno della prosa del mondo, sul piano puramente sociologico: per Dostoevskij soltanto la prospettiva di Sonia, della carità, può risolvere il dilemma di Raskol'nikov"[21]. A questo punto si può menzionare anche Match point, l’ultimo film di Woody Allen (gennaio 2006).
“ Si torna così alla crux dostoevskiana: perché Raskolnikov non deve uccidere la vecchietta? Perché non bisogna tirare i sassi dal cavalcavia? Davvero, se non c’è più garanzia oggettiva di valori, se sono posti in causa i loro fondamenti scientifici o metafisici, non si dà possibilità di intesa collettiva e di morale individuale e sociale? Il Novecento si apre e si chiude ponendo l’esigenza di valori laici, relativi, pragmatici. Se il dogmatismo e la vocazione all’assoluto e all’universale hanno prodotto il trionfo dell’Illuminismo come logica del dominio e come spietata razionalità del potere scientifico e tecnologico, il loro rovescio oscuro è il nichilismo che annienta le basi stesse –i significati comuni, l’intesa possibile-di qualsiasi comunità. Si tratta di insegnare il relativismo e la fiducia in valori storici che mutano e si realizzano nel carattere processuale, mobile e interdialogico della civiltà. Insegnando a leggere e a interpretare un testo, a dargli senso e valore, si insegna forse anche a non tirare i sassi dal cavalcavia”[22]. E a non lanciare le bombe né a falrle lanciare dai droni sulle vite umane.
Bologna 17 dicembre 2024 ore 10, 44 giovanni ghiselli
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[1] Le orecchie di Hermes, p. 242.
[2] T. Mann, La montagna incantata, settimo capitolo, Vingt et un . E’ Peeperkorn che parla
[3] O. Wilde, De profundis, in Wilde, Opere, p. 70.
[4] Pirandello, L’umorismo, p. 45.
[5] Del 1908.
[6] Luigi Pirandello, Op. cit., p. 173.
[7] Parte I, cap. II.
[8] Luigi Pirandello, L’umorismo, p. 174
[9] Giuseppe Giusti (1809-1850) S. Ambrogio, v. 60
[10] Giuseppe Giusti, S. Ambrogio (del 1852), vv. 65-71.
[11] S. Ambrogio, vv. 81-84.
[12] S. Ambrogio, vv. 89-90.
[13] Luigi Pirandello, L’umorismo (1908), p. 175.
[14] T. Mann, Il giovane Giuseppe, p. 117.
[15] E. Morin, La testa ben fatta., p.96 e p. 132.
[16] 341-290. L’arbitrato è stata scritta nella piena maturità dell’autore, alla fine del IV sec. a. C.
[17] Guerra e pace, p. 1660.
[18] Zibaldone, 1376.
[19] Zibaldone, 1473.
[20] Si tratta di M- il mostro di Düsserdolf , del 1931. L’attore protagonista è Peter Lorre. Durante la scena finale l’assassino di bambine viene giudicato dagli stati generali della mala riuniti in assise. Cerca di difendersi dicendo che pensa sempre di essere inseguito “ma sono io che inseguo me stesso”. Solo quando uccide ha un momento di pace e di oblio. Poi domanda: “Chi può sapere come sono fatto dentro?”. La malavita vuole condannarlo a morte, ma arriva la polizia che lo porterà davanti a un tribunale regolare. (Ndr).
[21] C. Magris, L'anello di Clarisse , p. 27.
[22] R. Luperini, Insegnare la letteratura oggi, p. 85.
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