Joyce Ulisse ancora il VII episodio “Eolo il giornale”, XV parte
Return of Bloom 130. Il ritorno di Bloom 199. La cattiva educazione è il prodromo di tanti crimini anche efferati.
Arriva Leopold Bloom senza fiato breathless, colto in un mulinello di strilloni sfrenati e si rivolge al direttore: Mr Crawford! A moment!
Non chiede molto ma per il grande capo è già troppo.
Intanto gli strilloni gridavano: Telegraph, edizione straordinaria!
Questo giornale è l’edizione serale del Freeman.
Crawford tratta Bloom come se fosse uno sconosciuto: What is it? Che c’è? gli domanda, tirandosi indietro.
Atteggiamento tipico di certi capi ufficio per niente collaborativi, anzi deleteri. Ebbi un paio di presidi che quando mi presentai con tutte le credenziali in ordine per conoscerli e farmi conoscere mi dissero: “Io non l’ho fatta chiamare”. Pensate come può reagire un giovane insegnante, con quanto disgusto.
Colloquio col Direttore p. 200- Iterview with the Editor p.130
Bloom tra l’altro porta la buona notizia che Mr Keyes il capo della ditta omonima rinnoverà il contratto delle inserzioni nel giornale per due mesi. He’ll give a renewal for two months, he says. Vorrebbe un trafiletto sul Telegraph del pomeriggio per indirizzare l’attenzione sull’annuncio pubblicitario che paga. Praticamente ha promesso di rinnovare. Vuole solo un poco di rilievo. Quindi Bloom pone al tirannico direttore una domanda indiscreta: “Che cosa devo dirgli?” Lo sconcio dirigente risponde: “Vuole dirgli che può baciarmi il culo?” –Will you tell him he can kiss my arse?” Mosse il braccio con enfasi e aggiunse: “Glielo dica direttamente da parte mia!”.
Bloom prova a insistere ma Crawford replica: “He can kiss my royal Irish arse” 131, può baciare il mio regal culo irlandese e lo disse urlando ad altissima voce e voltando la testa. Bloom, il molto paziente -poluvtla~ cfr. Odissea, 5, 354- Ulisse irlandese, soppesava la questione e stava per sorridere ma il direttore tanghero si allontanò a passi nervosi p.201.
Devo commentare tanta mancanza di rispetto il cui presupposto è la totale assenza di educazione. Il passo successivo a questo degli insulti è la violenza fisica fino all’assassinio. Perciò torno a scrivere a proposito dei giovani e giovanissimi che accoltellano arrivando al maximum scelus di uccidere perfino le compagne di classe. Nel caso dei femminicidi si tira fuori il patriarcato. Certo, questo tipo di cultura ha presentato per secoli la donna come un essere inferiore e maligno. Potrei citare decine di autori, dalla Genesi, all’Orestea di Eschilo all’apostolo Paolo, ad Agostino amplificato dal Secretum di Petrarca, a Cesare Pavese.
Una cultura sofferta da tante generazioni di donne e uomini, compresa la mia.
A tale guasto si deve reagire con una educazione che valuti la donna quale essere umano, di alta umanità in molti casi. Si possono usare parole dello stesso Nuovo Testamento, espresssioni di Cristo contrapposte a quelle di Paolo per esempio.
Quando ero giovane e giravo l’Europa ho incontrato ragazze e ragazzi di paesi extraitaliani, soprattutto del nord e dell’est Europa che non avevano ricevuto un indottrinamento antifemminista ottuso, diseducativo e feroce quanto il nostro. Ora la tendenza è quella di spingere le donne a odiare gli uomini procedendo sulla strada del razzismo relativo ai generi: da una parte tutti gli uomini, dall’altra tutte le donne. Come si fa quando si vuole spingere un popolo alla guerra disumanizzando il nemico. Ognuno di noi invero è una persona con un carattere, una storia, una cultura. La parola chiave è rispetto: l’osservazione attenta del prossimo senza la pretesa di sottometterlo ma con l’intenzione di capirlo come ciascuno cerca di capire se stesso, con la volontà e la capacità di mettersi nei panni dell’altro.
Se una donna non mi vuole, se non le piaccio significa che non le sono congeniale e dovrò cercarne altre finché troverò quella che è l’altra metà del simbolo del contrassegno che sono, che siamo tutti noi dimidiati femmine e viri. Se non troviamo l’unità significa che funzioniamo meglio da soli. Bisogna anche arrivare ad amare il proprio destino.
Dedico questo post a Sara Campanella la cui morte mi accora . Nel quotidiano “la Repubblica “ di oggi a pagina 18 c’è una sua foto che mi riempie di ammirazione. Mi sarebbe piaciuto avere una figlia siffatta. Se la prossima estate tornerò in Sicilia, quando l’aereo sorvolerà la terra del suo riposo non potrò non pensare “vale”, passando, “e ti sia lieve il suol”.
Per quanto riguarda l’ assassino di Sara, provo una grande pena pensando che deve essere una delle persone più infelici della terra. Spero che la sofferenza negli anni che lo attendono in carcere lo aiuti a comprendere.
Concludo citando Pier Paolo Pasolini: “Padre Zosima (letteratura per letteratura) ha subito saputo distinguere, tra tutti quelli che si erano ammassati nella sua cella, dimitri Karamazov, il parricida. Allora si è alzato dalla sua seggioletta ed è andato a prosternarsi davanti a lui, e l’ha fatto (come avrebbe detto più avanti al Karamazov più giovane) perché Dimitrj era destinato a fare la cosa più orribile e a sopportare il più disumano dolore”.Tale è il ragazzo che ha ucciso Sara.
Bologna 2 aprile 2925 ore 19, 51 giovanni ghiselli.
p. s.
Statistiche del blog
Sempre1708231
Oggi321
Ieri477
Questo mese798
Il mese scorso14488
Nessun commento:
Posta un commento