mercoledì 23 aprile 2025

Ifigenia LXIX. I due dissoluti. Ad incognitas libidines pofluebamus.


 

Il 19 marzo festeggiammo Giuseppe, il santo marito casto, facendo l’amore diverse volte qui in casa mia,  esaltati per la potenza del desiderio e la capacità di soddisfarlo.

Il successo ci rendeva allegri e facondi: fac tantum cupias, sponte disertus eris.

 I nostri tripudi furono talmente sfrenati che causarono la frattura di una delle quattro gambe di ferro dell’ampio letto. Sentimmo uno schianto poi ci trovammo inclinati con le  facce rivolte al pavimento. Il cuore però stava in alto. Ci guardammo trasecolati per qualche secondo, poi  facemmo una risata divertiti e orgogliosi di avere causato la rottura del ferro con la frenesia del nostro amore incontenibile. Di sera c’era la festa del compleanno di Paola l’altra supplentina e forosetta graziosa. Aveva invitato allievi e colleghi. Era quasi un festival del nostro ambiente scolastico. Il tetro preside per fortuna non era venuto, né alcuno della sua cricca di anziani presunti savi. Si poteva stare allegri: “Vieni vieni carino, godiamo, che piacer che piacer che sarà” canticchiò Ifigenia già pronta e esibire il nostro amore. Eravamo contenti di farci vedere insieme, soddisfatti dei buoni apprezzamenti sul nostro conto, sprezzanti dei giudizi sprezzanti. Avevamo imparato lo spernere se sperni necessario per sopravvivere.  Sentivamo di avvalorarci a vicenda. Io avrei preferito non ostentare troppo il nostro benessere ardente. Ifigenia però non si tratteneva e mi riempiva di baci in continuazione. Se cercavo di limitarla, diceva: “stai buono, stai fermo, stai zitto: per te è una fortuna!”. Tacevo sperando che non esagerasse. Invece quando l’allegria era vicina al culmine ripetè il colpo di scena del Mulino bruciato:

“Facciamo l’amore”, mi propose.

“Vuoi scherzare? Dove?”

“Nel letto dei genitori di Paola che ce l’ha preparato”.

“Sei matta, siete impazzite tutte e due?” domandai spaventato e incuriosito dall’intrigo erotico ordito dalle due supplentine.

“ Magari quella ci spia e ci fotografa da una sua specola situata sul tetto.  Se ci sorprendono nudi e abbracciati nel loro letto-aggiunsi-i padroni di casa fanno scoppiare uno scandalo tragico per noi due anche se comico per tutti gli altri”.

  “Hai ragione: allora andiamo nel gabinetto a fare l’amore senza denudarci del tutto. Se busseranno diremo che sto tanto male e tu mi reggi la testa”.

La guardavo esterrefatto e pure un po’ lusingato. Lei mugolava fissandomi. Così mi invogliava. Però avevo paura e glielo dissi.

Sicché Ifigenia ripiegò su una proposta meno rischiosa: “Andiamo a farlo in macchina, subito!” Per resisterle avrei dovuto fare una scenata. Potevano scapparci anche delle botte da una parte e dall’altra.  Non riuscivo più a rifiutarmi davanti a tanta risolutezza imperiosa. Perciò ci scusammo dicendo che avevamo bisogno di muoverci e frescheggiare un pochino. Quindi uscimmo di casa ed entrammo nella nera Volkswagen, poi la spostammo abbastanza da non essere visti dalle finestre e rimediammo un altro concubitus vagus. Ogni tanto alzavo la testa per vedere se si avvicinasse il mostro del quartiere, magari sguinzagliato dal preside nostro per disfarsi di noi due peccatori.

 Ifigenia mi esortava a non perdere concentrazione.  Conclusa la bravata, tornammo nella casa di Paola cui Ifigenia fece un cenno di intesa.

 Un’ora più tardi tornammo a casa, ognuno alla sua.

Avevamo fatto una scena da zingari dionisiaci, da mimi di avanspettacolo. O da Messalina e Silio volendo trovare i paradigmi storici di tanta dissolutezza[1]. Niente a che vedere con le epifanie artistiche che avremmo voluto creare per educare un popolo intero. Allora eravamo come due arricchiti sessuali che vogliono sfoggiare la potenza erotica con la stessa ajpeirokaliva, ignoranza del bello e il medesimo cattivo gusto dei cafoni che si vantano di quanto possono spendere in locali cosiddetti esclusivi.  Ora intendo che certi locali devono essere esclusi da me e da ogni persona perbene. E pure queste scene oramai.

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Bologna 23 aprile 2025 ore 11, 40 giovanni ghiselli

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[1] La meretrix Augusta :"iam...facilitate adulteriorum in fastidium versa, ad incognitas libidines profluebat "( Annales , XI, 26), oramai volta alla noia per la facilità degli adultèri, si lasciava andare a dissolutezze inaudite. L'incognita ed estrema libido fu quella di sposare l'amante  Silio, e non a Claudio morto. Il ganzo la incalzava (urgebat) con l'argomento che "flagitiis manifestis subsidium ab audacia petendum ", negli scandali scoppiati bisogna chiedere soccorso all'audacia.

 

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