Abbiamo tanta cura che non ci portino via cose anche prive di valore mentre ci lasciamo sottrarre il bene più prezioso e più nostro. Ce lo involano in tanti, oppure lo sprechiamo noi stessi.
Ce ne mette in guardia Seneca:
Vindica te tibi et tempus (…) collige et serva (Ep. 1 , 1) Omnes horas complectĕre (1, 2) Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est (1, 4) sera parsimonia in fundo est. (1, 5).
Cfr. il De brevitate vitae di Seneca e Oblomov di Gončarov
Chi spreca il tempo e sconcia la vita sono gli occupati otiosi, gli indaffarati in occupazioni futili, quelli la cui vita è una desidiosa occupatio[1], un’occupazione inoperosa e sono pieni di noia, colmi di malevolenza: “Sono cadaveri, gente che dorme peggio di me, questi rappresentanti del bel mondo e dell’alta società…Si invitano, si offrono l’un l’altro da mangiare senza cordialità, senza bontà, senza reciproca simpatia! Si riuniscono per un pranzo, per una serata, come se andassero all’ufficio, freddamente, senza allegria, per far sfoggio del proprio cuoco, della propria casa, per ridere poi l’uno dell’altro e farsi lo sgambetto. L’altro giorno, a pranzo, non sapevo dove guardare, avrei voluto nascondermi, mi sarei cacciato sotto la tavola, quando han cominciato a massacrare la reputazione degli assenti”[2].
Bologna 14 aprile 2025 ore 11 giovanni ghiselli
p. s.
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