NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 31 luglio 2022

Conclusione dell’Edipo re. Prima parte


Sofocle, Edipo re, versi 1369-1390.

Sommario

Edipo non accetta l'ultima osservazione del coro; anzi sostiene di avere  fatto bene ad acciecarsi piuttosto che ammazzarsi siccome non avrebbe potuto guardare in faccia i genitori una volta giunto nell'Ade. Del resto il suo peccato era troppo grave per essere punito con il suicidio. Né avrebbe potuto usare la vista da vivo: come avrebbe osato guardare i figli o la città? Anzi, se fosse possibile, sbarrerebbe anche la fonte dell'udito per escludere  il corpo e il pensiero dalla percezione.

 

Traduzione 1369-1383

"Che questo non sia stato fatto così nella maniera migliore

non volere insegnarmi e non dare più consigli

Io infatti non so con quali occhi, vedendo,

avrei potuto mai guardare in faccia mio padre una volta giunto all'Ade,

né d'altra parte l'infelice madre, poiché a questi due

sono state fatte da me azioni troppo gravi per l'impiccagione.

Ma davvero la vista dei figli avrebbe potuto essere desiderabile

 da vedere per me, nata com'è nata? 1375

non certo mai, almeno con i miei occhi

e neppure la città, né le mura turrite, né le sacre immagini

degli dei, di cui io infelicissimo

l'uomo cresciuto a Tebe nel modo più nobile1380

privai me stesso, io stesso ordinando

che tutti dovevamo respingere l'empio, quello che per volere degli dei

si è rivelato impuro e della stirpe di Laio 1383.

 

 

Commento

 

 

-1370 mh; m j(e) ejkdivdaske: per un residuo di presunzione intellettuale (cfr.v.38:"oujd  j ejkdidacqeiv"") Edipo non vuole imparare e non accetta consigli.

Ci sono comunque momenti o fasi della vita quando pensiamo che nessuno possa insegnarci più niente siccome abbiamo sofferto  tutto quanto è accaduto e abbiamo già  presofferto anche  quanto accadrà.

Cfr. il Tiresia di T. S. Eliot: And I Tiresias have presoffred all (v. 243). Buona parte del mondo ora sta già soffrendo la fame e presoffrendo quella più grave che verrà causata dalla guerra, eppure i due contendenti e i loro sostenitori cantano vittoria.

 

 

 

1372  il senso di colpa gli fa dire che non avrebbe potuto guardare in faccia i genitori nell'Ade; uno sguardo che Odisseo nella Nevkuia ha pur osato levare, e non senza parlare, sulla propria vittima Aiace dalla quale del resto non ottiene alcun contraccambio (cfr. Odissea, XI, vv.543-564). Nello stesso modo di Ulisse e del Telamonio si comportano Enea e Didone nel sesto canto dell'Eneide (vv.450 e sgg.).

 

1373-mhtevr. Secondo Di Benedetto (Sofocle, pp. 119-120) il v.1371 ricalca il 462 dell'Aiace :"kai; poi'on o[mma patri; dhlwvsw faneiv~ ;" e quale sguardo mostrerò al padre facendomi vedere?

Parla Aiace che cerca una via onorevole per uscire dalla bruttura nella quale si trova e arriva a pensare che l’unico scampo sia il suicidio:"ajll j h] kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai-- to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve o vivere con stile, o con stile morire (Aiace 480-481).

 Di Benedetto dunque nota questa differenza tra i due personaggi tragici che vogliono punirsi: Edipo oltre il padre coinvolge anche la madre. "C'è quindi il superamento...di una concezione che privilegiava la linea padre-figlio mettendo ai margini la figura della madre. La cosa si spiega con il fatto che non c'è patrimonio ideologico che Edipo senta di avere ereditato dal padre”

Molto più semplicemente e realisticamente Edipo è un uomo legato alle donne e propenso a consideare gli uomini come altrettanti nemici (Creonte, Tiresia, i figli maschi, Laio e la sua scorta)

1374 kreivsson j (a) ajgcovnh": significa troppo gravi per espiarli con l'impiccagione, con probabile allusione al suicidio di Giocasta che invece ha punito i propri delitti, meno gravi, con un laccio appeso (1266).

 

 

.1376 o{pw" e[blaste: allude alla generazione impura dei figli che sono pertanto rampolli (blastav) nati dal marciume. Un'idea resa esplicita da kavllo" kakw'n u{poulon, bellezza ammalata di sventure, putrefatta dal male (v.1396). Del resto è fisiologico e naturale che dalla putrefazione rinasca la vita: cfr. Antifonte sofista che scrive:"kai; hJ shpedw;n...e[mbio" gevnoito", e la putredine diventi vitale.

 

-1377 ejmoi`sin ojfqalmoi`~. Analoga insistenza sui propri occhi si trova anche nella presentazione della Sibilla desiderosa di morire del Satyricon (48):"Nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere...", infatti io stesso di certo con i miei occhi vidi la Sibilla a Cuma sospesa in un'ampolla".

 

-1378 puvrgo": è la forza della città, il bastione con il quale era stato identificato Edipo stesso(cfr. v. 1200).-

 

1379 ajgavlmaq=ajgavlmata iJerav: sono le statue degli dei e i luoghi sacri dei quali il re si era fatto credere proprietario (cfr. v.16:"bwmoi'si toi'" soi'""); ebbene anche questi, come la città e le mura turrite, dovranno sparire dalla sua vista per effetto dell'ordinanza da lui stessa emanata (cfr.v.241 e v.350).

 Al verso 1379 c'è un tribraco in seconda sede.

 

 

-1389kavllist j (a): neutro avverbiale. Edipo non manca di sottolineare gli aspetti migliori della sua vita e di rivendicare l'autonomia della sua rovina (ejmautovn, aujto;", 1381).

Queste sottolineature ricordano la fierezza di Aiace, sconfitto sì, ma sempre cosciente della propria magnanimità.

Questi eroi tragici, come le eroine (Medea, Antigone, Elettra, Polissena) anche nei momenti più cupi trovano il modo di darsi animo, di trovare qualche cosa di bello perfino nella catastrofe e nella morte 

 

 

 

1383 a[vnagnon: l'essere impuro e la consanguineità con Laio sono rivelazioni non degli uomini ma degli dei che hanno fatto del re di Tebe l'uomo più grande nella disgrazia dopo che è stato grandissimo nel beneficare la città .

 

 

traduzione 1384-1390

Ed io, dopo avere rivelato tale macchia mia

potevo guardare questi con occhi diritti?

No di certo; anzi, se ci fosse  per giunta una chiusura

della fonte dell'udito tra le orecchie, non mi sarei trattenuto

 dal chiudere il mio misero corpo

per essere cieco e non udire nulla; infatti che

il pensiero dimori fuori dai mali è cosa dolce.

 

 

-1384 ejgw;..mhnuvsa": participio aoristo di mhnuvw. Al v. 102 Edipo domandava a Creonte di quale uomo il dio dichiarasse la sorte (mhnuvei tuvchn). Il cognato non rispose, e il figlio di Laio, in seguito, ha rivelato da sé la propria impurità (khli'da, cfr. v.833).

 Lo stesso profeta il, cui contributo è stato fondamentale, ha parlato solo dopo forti pressioni da parte del tiranno.

-1385 ojrqoi'" () o[mmasin: non potere guardare con occhi diritti per Edipo che è stato chiamato più volte"colui che ha reso diritta la vita"(v.39 p.e.) sarebbe stata un'intollerabile contraddizione con la propria natura. Nell'Ifigenia in Aulide  (vv.851-852) Clitennestra non può guardare Achille ojrqoi'" o[mmasin poiché è risultata menzognera, seppure dopo essere stata ingannata da altri..

touvtou~:  l’attore dovrebbe indicare gli spettatori, cioè i cittadini.

 

 

1387-fragmov~- Edipo vuole chiudersi, assieparsi e recintarsi (cfr.fravssw, ostruisco) rispetto al mondo, quello degli uomini e quello della natura. Non può rivolgersi con simpatia a nessun aspetto del cosmo che ha contaminato.

Aiace che ha sconciato solo se stesso, viceversa saluta con affettto la splendida luce del giorno (v.856), il sole auriga (v.857), il sacro suolo della patria (v.858), le fonti e i fiumi (v.862), e le pianure di Troia (vv.862-863).

 

.

1389 kai; kluvwn mhdevn: è un'espressione enfatica invece di  kwfov" (sordo)

 

-1390 e[xw: i sensi non sono testimoni desiderabili; gli hanno fatto percepire troppe  brutture e disgrazie. Perciò è meglio che il pensiero se ne tenga fuori.

Pesaro 1 agosto 2022 ore 0, 32

giovanni ghiselli

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Attualità dell'Edipo re di Sofocle

Attualità dell'Edipo re: da Sofocle a Visconti, Fellini e Mastroianni.

Si può inserire sotto i vv. 878 e sgg.

Ovidio in Amores (I,15,15) predice che alla tragedia di Sofocle il tempo non porterà alcun danno:"Nulla Sophocleo veniet iactura cothurno ". I secoli gli hanno dato ragione. Per quale motivo la lettura dell'Edipo re sofocleo è ancora oggi proficua, produttiva di idee e sentimenti? Non solo perché è un'opera densa di significati molteplici e tuttora vivi, ma anche per il fatto che parla di noi tutti e arricchisce l'autocoscienza di ciascuno.

Werner Jaeger in Paideia (I vol. p. 482) afferma che l'idea della misura greca si può contemplare come da una vetta collocandosi sul punto dove è Sofocle. Ebbene, tale misura è quella delfica del "nulla di troppo" e del "conosci te stesso"; è l'ingrandimento dell'Io a spese dell'Es, che, per dirla con Freud, va bonificato al pari di una palude; è il pio riconoscimento di una giustizia insita nelle cose, e, in definitiva, è il reperimento dell'armonia tra se stessi e la vita: valori da considerare eterni.

 

Leggiamo alcune parole di Freud"Rafforzare l'Io rendendolo più indipendente dal Super Io, ampliare così il suo campo percettivo e perfezionare la sua organizzazione, così che possa annettersi nuove zone dell'Es, è il compito della psicoanalisi: dove era l'Es deve subentrare l'Io. E' un'opera di civiltà, come, ad esempio, il prosciugamento dello Zuiderzee"[1].

Viceversa, come scriveva Oscar Wilde In carcere et vinculis :" Il vero stolto, quello che gli dèi scherniscono o riducono in rovina, è colui che non conosce se stesso"[2]. 

 

 Un poeta tanto più è universale, quanti più persone e situazioni umane la sua opera abbraccia e comprende, quanto più profonde sono le caverne dell'anima nelle quali si interna.  Questo dramma possiede la forza di condurre chi lo ascolta, o lo legge, a inabissarsi in se stesso, come può fare un sogno molto denso di significati, rappresentato però con chiarezza apollinea. E' il massimo pregio di Sofocle e dell'Edipo re.

Ma ci sono altri aspetti che possono andare incontro ai bisogni spirituali dei giovani e dei non giovani. C'è la lotta dell'anima religiosa contro la sofistica. Questa tendeva a screditare, smontare o abbattere tutti i monumenti della tradizione sacra,  cominciando dagli oracoli attraverso i quali il popolo devoto sentiva pullulare il numinoso e risuonare la volontà degli dei intesa a dare una forma e un significato alla vita umana altrimenti caotica e insensata.

Il poeta tradizionalista ingaggia una battaglia contro il relativismo gnoseologico diffuso tra gli intellettuali come Protagora che influivano pure sulla direzione politica della città. All'uomo misura di tutte le cose, e dunque sfrenato nel proprio arbitrio, Sofocle contrappone il punto fermo della fede negli dei olimpi che non possono tramontare né invecchiare senza che il mondo ripiombi nel caos primordiale. Per lui, misura di tutte le cose è Dio. Tale idea del resto si può trovare in autori religiosi di altri tempi e di altri luoghi. Tolstoj, in Guerra e pace (p. 1607) scrive:" Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità".

Certamente il poeta di Colono non poté cambiare il corso della storia, però ebbe l'ardire di nuotare contro le onde della moda culturale del suo tempo. La parabola della religione olimpica di fatto era in fase discendente, ma il bisogno del sacro è insopprimibile nell'uomo, e l' Edipo re, ancora oggi, dà voce a questa esigenza, indicando con dito teso le nefandezze cui può giungere l'intelletto quando presume troppo di sé, e, gonfio di vano orgoglio, soffoca la vita con la dialettica  atea e con i sofismi.

Il tiranno Edipo è l'antieroe esemplare dell'individuo che, fidando ciecamente nella propria intelligenza, produce una dicotomia tra la sua esistenza effimera e la vita eterna del cosmo significata da oracoli e profeti. Il figlio di Laio fallisce  per l’angustia della propria visione mentale che si allargherà solo in un secondo tempo, in seguito alla  perdita del potere e della superbia derivata dai suoi orpelli ingannevoli, e, paradossalmente, anche a quella della vista oculare. Allora il despota, degradato a mendicante, comprenderà che nella fase dei presunti successi, quando credeva di capire tutto e di arrivare dovunque volesse, aveva danneggiato la natura e offeso la vita. A questa affermazione colpevolista si può obiettare che Edipo ha ucciso il padre e sposato la madre senza saperlo. Supporto  autorevole  a tale difesa è un passo della Poetica  (1453a), dove Aristotele dice che il protagonista del nostro dramma è tale da suscitare pietà e terrore, e dunque funziona bene nell'ingranaggio tragico, in quanto si trova in condizione atroce senza essersela meritata completamente, e piomba sì nell'infelicità con peripezia precipitosa, ma solo per un qualche errore, di j aJmartivan tinav, un difetto piuttosto intellettuale che morale.

Noi riteniamo che Sofocle abbia voluto denunciare entrambe le carenze del protagonista: quella etica e quella mentale, le quali del resto coincidono. Il ragazzo che si allontana da Corinto misurandone la distanza con le stelle (v.795) ha perpetrato comunque una strage ammazzando quattro uomini, tra i quali un anziano che per giunta gli assomigliava (v. 743) insomma reagendo a una spinta  del guidatore e a un colpo del vecchio con  spropositato puntiglio omicida. Così il trovatello "piedone", divenuto principe di Corinto, e poi vagabondo, ha imbrattato la madre terra con il sangue delle sue creature e l'ha offesa, per la simpatia organica che la lega a queste. Già Eschilo nell'Orestea   aveva proclamato che il sangue, soprattutto se di un genitore, versato al suolo non si raccatta né si riscatta ( Eumenidi vv.260 e sgg.); che vana è la fatica di spargere tutti i libami per cancellare una goccia sola di sangue (Coefore  vv.520-521); e che il nero sangue di un uomo, una volta caduto sulla terra, nessuno può chiamarlo indietro con incantesimi (Agamennone vv.1019-1021).  Sulla stessa linea si trova il Manzoni quando, nelle Osservazioni sulla morale cattolica  (cap. VII) scrive:" Il sangue di un uomo solo, sparso per mano del suo fratello, è troppo per tutti i secoli e per tutta la terra".

I delitti di Edipo dunque continuano a girare nel mondo finché egli non viene confutato dalla umiliazione di quel suo intelletto orgoglioso e violento il quale aveva osato proclamare la propria superiorità nell'indipendenza dai segni del cielo e della terra che i vati invece considerano divini.

 

Uno dei centri ideologici del dramma è costituito dai versi 396-398:"arrivato io ejgw; molwvn,/ Edipo, che non sapevo nulla, la feci cessare e[pausav nin/ azzecandoci con l'intelligenza e senza avere imparato nulla dagli uccelli gnwvmh/ kurhvsa" oujd  j ajp j oijwnw'n maqwvn -".

 

Sofocle vuole insegnarci che la vita umana in disarmonia rispetto  al ritmo di quella cosmica, prima si inalbera in convulsioni atroci, poi diviene identica al nulla (v.1188).

Egli è abilissimo nel condurci passo dopo passo fino alla soluzione del mistero che avvolge la città di Tebe: questa ha un ottimo re, paterno e generoso verso i sudditi che lo considerano, se non proprio uguale agli dei (v.31), certamente il primo degli uomini (v.33), eppure soffre di peste e sterilità, i mali che solitamente toccano alle comunità dominate da un capo cattivo la cui nequizia si riverbera sulla sua gente. Si tratta di un tovpo" letterario già presente e vivo nell'Odissea: :"h\ gavr seu klevo" oujrano;n eujru;n ijkavnei,- w{" tev teu h] basilh'o" ajmuvmono", o{" te qeoudh;"- ajndravsin ejn polloi'si kai; ijfqivmoisin ajnavsswn- eujdikiva" ajnevch/si, fevrh/si de; gai'a mevlaina-purou;" kai; kriqav", brivqh/si de; devndrea karpw'/,- tivkth/ d& e[mpeda mh'la, qavlassa de; parevch/ ijcqu'"- ejx eujhgesivh", ajretw'si de; laoi; uJp j  aujtou'.", ché la tua fama   l'ampio cielo raggiunge,/ proprio come quella di un re irreprensibile che timoroso di dio,/ regnando su uomini numerosi e gagliardi,/ tenga alta la giustizia; allora produce la nera terra/frumento e orzo, e si piegano gli alberi per i frutti,/ e figliano costantemente le greggi, e il mare gli porge i pesci,/ in seguito al suo buon governo, prospera il popolo sotto di lui (XIX,108-114).

E’ Odisseo che parla a Penelope prima di farsi riconoscere.

Nel poema Opere e giorni  di Esiodo (vv.240-244) troviamo l’altro lato di questa medaglia.

 Il lettore, o lo spettatore, anche solo mediamente colto, sa bene che pure nel caso di Tebe sconciata,"la mala condotta/ è la cagion che il mondo ha fatto reo".

Ho citato anche Dante (Purgatorio XVI,103-104) per spiegare Sofocle, con l'intenzione di significare che la sintesi del poeta di Colono influenza, direttamente o indirettamente,  i successivi monumenti letterari, in quanto tutta la letteratura europea, come dice bene T. S. Eliot, da Omero in avanti ha un'esistenza simultanea grazie ad autori i quali utilizzano la tradizione apportandovi il loro contributo e consegnandola ai successivi rinnovata e arricchita. L'atteggiamento morale del capo (il cardinal Federigo Borromeo) verso i sudditi è definito bene da Manzoni nel ventiduesimo capitolo di I Promessi Sposi  :" Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il  quale professi  cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità..."

La storia di Edipo è già presente nel canto dei morti dell'Odissea, l'undicesimo (vv.271-280). La versione del mito però in Omero è differente, a cominciare dal nome della madre-moglie che si chiama Epicasta. Tale diversità fa venire in mente la grande madre mediterranea, quella che il Prometeo incatenato  di Eschilo chiama: pollw'n ojnomavtwn morfh; miva (vvv.210), una sola forma di molti nomi.

 

E. Fromm in Il linguaggio dimenticato  considera il parricida Edipo, e Giocasta, quali rappresentanti di quella civiltà matriarcale, antiautoritaria, antistatale, che viene faticosamente sconfitta dalla seguente cultura patriarcale, foriera del principio di autorità impersonato da Creonte. In questo conflitto, il desiderio sessuale del figlio per la madre non entra: "Nel mito non vi è indizio alcuno che Edipo sia attratto o si innamori di Giocasta"(p.192). L'interpretazione dello psicoanalista americano è fondata sulla lettura di parti del Mutterrecht di Bachofen, contaminate con l'Estetica  di Hegel, e polemizza con quella di S. Freud il quale sostiene che in parecchi miti di vari popoli, l'eroe è il giovane che sopravvive alla malevolenza del padre, quindi lotta contro di lui per il possesso della madre fino ad uccidere l'aborrito rivale, realizzando così il desiderio inconscio di tutti i maschi.

Ma vediamo alcune parole di L'interpretazione dei sogni :"Il destino di Edipo ci commuove perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno la convinzione. Il re Edipo che ha ucciso suo padre Laio e sposato sua madre Giocasta, è soltanto l'appagamento di un desiderio della nostra infanzia (...) Davanti alla persona in cui si è compiuto quel desiderio primordiale dell’infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo"(p.248).

Sofocle è dunque da un lato poeta arcaicizzante e omerida siccome ripropone uomini disposti ad affrontare l'estrema rovina pur di non cedere alla pressione della norma e di salvare la propria identità minacciata, o anche solo di conoscerla; dall'altro offre  spunti e suggerimenti agli autori dei secoli successivi. Molti ne ho indicati nel commento al testo, e uno ne voglio aggiungere in questa parte conclusiva: come Edipo trova la sua dimensione positiva nella passività di Colono, dopo avere fatto soffrire e avere sofferto assai nella fase dell'attività sconsiderata, così Giovanni Drogo in Il deserto dei Tartari di Buzzati scopre"l'ultima sua porzione di stelle"(p.250) e sorride nella stanza di una locanda ignota, completamente solo, mangiato dal male,  accettando la più eroica delle morti, dopo avere sperato invano, per decenni, di battersi"sulla sommità delle mura, fra rombi e grida esaltanti, sotto un azzurro cielo di primavera". Invece il suo destino si compie al lume di una candela, dove"non si combatte per tornare coronati di fiori, in un mattino di sole, fra i sorrisi di giovani donne. Non c'è nessuno che guardi, nessuno che gli dirà bravo".

Del resto gli eroi della passività nella letteratura moderna sono tanti, da Oblomov  di Gončarov, a Zeno  di Svevo, per dire solo i più noti, e il prototipo può essere considerato l'Edipo a Colono del quale Nietzsche ne La nascita della tragedia (p.67)  scrive:" L'eroe raggiunge appunto nell'attitudine puramente passiva la sua attività suprema, la quale continua ad agire molto al di là della sua stessa vita, mentre il cosciente tendere e sforzarsi della sua  vita precedente lo ha condotto solo alla passività".

 

La soluzione positiva si trova nell'ultimo dramma, quando il cieco comprenderà di avere agito senza l'uso supremo della coscienza (cfr. Edipo a Colono, vv.266-267:" ejpei; tav g j  e[rga mou-peponqovt j ejsti; ma'llon  h] dedrakovta", le mie azioni piuttosto che compierle io le soffersi"), e allora gli dei che lo avevano abbattuto, lo rimettono in piedi (v.394).

Il lunatic king Shakespeare dirà parole simili: E il lunatic kung: “I am a man/more sinned against than sinning” (King Lear, III, 2), io sono un uomo contro il quale si è peccato , più che un peccatore  

 

Non so se Buzzati conoscesse Edipo. E' probabile. Sono certo però che la poesia di Sofocle è un momento cruciale della letteratura europea, è una di quelle grandi arterie dove passa la corrente sanguigna della nostra civiltà, e non è possibile ignorarla senza anemia culturale.

Nel Satyricon il poeta Eumolpo afferma la  necessità di una cultura letteraria assai ampia e profonda per il raggiungimento di risultati significativi :"ceterum neque generosior spiritus vanitatem amat, neque concipere aut edere partum mens potest nisi ingenti flumine litterarum inundata" (118, 3), del resto uno spirito di razza non ama il vuoto, né una mente può concepire o produrre un'opera se non è inondata dall'ampio fiume della letteratura

In occasione della morte di Federico Fellini, rivisitando Otto e mezzo  con la sensibilità attizzata dai drammi di Sofocle, ho notato un'accettazione edipica del destino e di se stesso anche nelle parole conclusive del protagonista del film, il regista Guido, alter ego del maestro riminese:"Tutto é di nuovo confuso. Ma questa confusione sono io; io come sono, non come vorrei essere". In questi giorni di correzione delle bozze è morto anche Marcello Mastroianni cui voglio rendere omaggio come a un grande interprete di caratteri e a un uomo umano e classico poiché amava il bello con semplicità.

 L'Edipo re  dunque serve  a interpretare con qualche consapevolezza non pochi fatti della vita, privata e politica: le angosce personali, i meccanismi del potere, l'ascesa più o meno irresistibile e la caduta ineluttabile di  uomini arroganti, che, come il re di Tebe, sono stati portati su alti fastigi dalla miseria dei tempi e dalla loro stessa tracotanza, ma poi sono precipitati nella necessità scoscesa (ajpovtomon eij" ajnavgkan  v. 877).

 

Anticipo questa conclusione sul significa dell’Edipo di Sofocle

 

“Oedipus is great, not in virtue of a great wordly position-for his wordly position is an illusion which will vanish like a dream- but in virtue of his inner strength: strength to pursue the truth at whatever personal cost, and strength to accept and endure it when found. “This horror is mine’, he cries, ‘and none but I is strong enough to bear it (1414).

Oedipus is great because he accepts the responsibility of all his acts, including those which are objectively most horrible, though subjectively innocent. To me personally Oedipus is a kind of symbol of the human intelligence which cannot rest until it has solved all the riddles-even the last riddle, to which the answer is that human happiness is built on an illusion (…) Certainly in the last lines of the play (which I firmly believe to be genuine) he does generalize the case, does appear to suggest that in some sense Oedipus is every man and every man is potentially Oedipus. Freud felt this (he was not insensitive to poetry), but as we know he understood it in a specific psycological sense.”[3]

Edipo è grande, non in virtù di una grande posizione nel mondo-poiché la sua posizione mondana è un’illusione che svanirà come un sogno.- ma in virtù della sua forza interiore: la forza di perseguire la verità a qualunque costo personale, e la forza di accettarla e sopportarla quando essa è stata trovata.

“Questo orrore è mio-egli grida. E nessuno tranne me è forte abbastanza da sostenerlo.

Edipo è grande poiché egli accetta tutta la responsabilità dei suoi atti, incluso quello che è obbiettivamente il più orribile, benché soggettivamente innocente, secondo me Edipo è una specie di simbolo dell’intelligenza umana che non può fermarsi finché non ha risolto tutti gli enigmi, anche l’enigma estremo, la cui risposta è che la felicità umana è costruita su un’illusione (…) Certamente gli ultimi versi della tragedia –che io credo sicuramente autentici- egli generalizza il caso e sembra suggerire che in un certo senso Edipo è pgni uomo e ogni uomo è Edipo. Freud ha sentito questo( egli non era insensibile alla poesia) ma ecome sappiamo egli lo ha compreso nel particolare significato psicologico.

Aggiungo che Sofocle con Edipo insegna non solo a capire attraverso il dolore, come ha già fatto Eschilo, ma a ribaltare la svetura in uno strumento di progresso, di crescita, addirittura di beatificazione

 

Bologna 2 giugno 2022 ore 10, 35

giovanni ghiselli

 

 



[1]Introduzione alla psicanalisi , in Freud Opere , Volume 11, p. 190.

[2]De Profundis , in Wilde Opere , p. 635.

[3] Dodds,  On Misunderstanding the Oedipus rex in The Ancient Concept Of Progress, p. 77.

Invoco l’anatema contro la guerra, contro chi la vuole e contro chi la fa.


 

Papa Francesco ha giustamente condannato la guerra e il commercio delle armi.

Ha raccomandato le trattative invece dei bombardamenti: fermarsi e negoziare.

Va bene ma non basta. Dovrebbe colpire con anatemi quanti usano le armi, quanti le vendono e quanti le inviano. O per lo meno dichiarare che tutti costoro sono altrettanti assassini di Cristo.

Chi sono io per dirlo? Nessuno, ma lo dico lo stesso e mentre lo dico mi sento profeta di pace e , pur indegnamente, profeta di Cristo.

Sofocle che abbiamo ri-sentito ieri da Siracusa è poeta religioso eppure maledice il dio della guerra, Ares, chiamandolo “il dio disonorato tra gli dei”to;n ajpovtimon ejn qeoi`~ qeovn (Edipo re, 215).

Dico che dobbiamo togliere il titolo di “onorevoli”, non votandoli, a quanti sostengono il proseguimento di questa guerra fino all’ultimo sangue di chi la combatte e dei civili che la subiscono. Oltre l’immiserimento di vari popoli compreso il nostro.

 

Pesaro  31 luglio 2022-ore 17, 47

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Euripide Ione V parte.


Creusa bendotata e borsa di studio (o di guerra) per Xuto

 

Creusa racconta a Ione la nascita di Erittonio che Atena raccolse dalla terra e consegnò alle figlie di Cecrope e di Aglaurio, le Aglauridi. L’infante era chiuso in una cesta che non doveva essere aperta. Le Aglauridi invece la aprirono e videro un serpente. Impazzite, si gettarono dall’Acropoli macchiando la roccia di sangue 274.

Questi miti appena accennati costituiscono solo uno sfoggio di erudizione di dubbio gusto. Il racconto del mito è raffreddato rispetto a Eschilo e Sofocle.

Ione fa altre domande sulla famiglia di Creusa. Forse comincia a intuire che è anche la sua, comunque ne è già un poco informato.

Chiede infatti se Eretteo il padre di Creusa ha sacrificato altre figlie.

Lo ha fatto per salvare la patria attaccata da Eumolpo, re di Tracia che aveva invaso Eleusi. Creusa si salvò perché era brevfo~ neogno;n mhtro;~ h\n ejn ajgkavlai~ 280 una bambina appena nata tenuta tra le braccia della madre.

 

Indispensabile è l’importanza della protezione materna per la sopravvivenza dei piccoli e della specie.

 

 Poi Poseidone uccise Eretteo con i colpi del tridente marino per vendicare suo figlio Eumolpo

Quindi Ione domanda se c’è un luogo chiamato Makraiv ad Atene-283-

E’ il nome della grotta dove Creusa venne violentata.

La donna rabbrividisce sentendo questo nome

Ione le dice che è un luogo onorato da Apollo.

La donna non si trattiene: tima` ti tima`; wJ~ mhvpot j w[felon sf j ijdei`n (286) onora che cosa onora? Non lo avessi mai visto!

Certe onoranze anche oggi servono a nascondere dei crimini del potere.

Si può pensare al Milite Ignoto o le  piazze dedicate ad Aldo Moro, a Falcone e Borsellino et cetera. L’ipocrisia del potere.

Creusa quasi si scopre dicendo: conosco bene la vergogna- xunoid j aijscuvnhn (288) di quella grotta.

Ione poi domanda chi sia suo marito  e Creusa risponde che non è ateniese: è Xuto figlio di Eolo e nipote di Zeus. Ha ottenuto in moglie la figlia del re di Atene avendo combattuto nell’Eubea a fianco degli Ateniesi detti Cecropidi dal loro mitico re Cecrope.

Creusa costituì il premio-gevra~- 298 di Xuto per il suo valore in battaglia.

 

La donna dotata di bellezza come Tess di T. Hardy o di un regno come Creusa è il premio o la borsa di studio, come nel romanzo di Hardy e nel film di Polansky. Anche io ho sempre considerato le mie amanti migliori come le borse di studio guadagnate con queste mie fatiche umanamente spese. Funziona ancora.

 

Xuto non è presente a Delfi perché si attarda in Beozia nell’antro di Trofonio in attesa di un responso.

Ione continua a interrogare Creusa: le  domanda se abbia mai partorito. La donna dà una risposta ambigua, di tipo oracolare: Febo conosce la mia mancanza di figli (306).

Creusa crede che suo figlio sia morto e dice di Apollo quanto può dire oggi un uomo di una donna che ha abortito un loro figliolo. Una come Päivi, un’eroina secondo la moda attuale.

Ione le dice che la sua persona è un segno di contraddizione-eujtucou`s j oujk eujtucei`~ (307)

Creusa proclama felice la donna che ha partorito quel ragazzo, cioè, senza saperlo, se stessa.

Ione dice di essere servo del Lossia.

Creusa gli dichiara la propria compassione.

Ione afferma  di meritarla perché non sa chi siano la madre che l’ha partorito- m’j e{teken- 313 e il padre da cui è nato.

La maternità viene spesso indicata con il parto.

Casa mia è tutto il tempio del dio, aggiunge il trovatello. L’hanno lasciato lì in fasce. E’ stato allevato dalla profetessa di Febo. Gli altari e le offerte dei pellegrini lo hanno nutrito nel tempo successivo. Creusa nota che non è conciato da straccione, anzi: eu\ ga;r h[skhsai pevpoli~ (326)

Gli abiti me li fornisce il dio che servo chiarisce Ione.

In qualche maniera Apollo dunque svolge la sua funzione paterna

 

Pesaro 31 luglio 2022 ore 11, 47

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L’Edipo re di Sofocle ieri sera in televisione. Brevi critiche alla traduzione.


 

Ieri sera, 30 luglio 2022, dalle 21, 15 Rai 5 ha dato l’ Edipo re di Sofocle recitato in giugno nel teatro greco di Siracusa.

Non ho potuto vederlo il 22 sera perché dovevo prendere l’aereo per tornare a Bologna e di lì andare a Brescia il giorno seguente.

L’ho visto dunque ieri sera in televisione. Uno spettacolo fatto piuttosto bene.

Ho da ridire però sulla traduzione che a tratti non rende la bellezza e la densità del testo di Sofocle.

Faccio solo due esempi.

Copio qui sotto la traduzione mia indicando due brevi confronti con quella proposta a Siracusa. Le mie critiche sono scritte in grassetto e sottolineate.

 

Secondo Stasimo dell’Edipo re di Sofocle.  Prima strofe 863-872.

Sommario

Il coro invoca per sé la purezza delle parole e delle opere che devono essere concordi e regolate non da leggi umane, transeunti siccome soggette a mode e a regimi, bensì da norme divine: scaturite dagli dei e dalla natura, tali che i mortali non possano mutarle né trascurarle.

"Oh, mi accompagni sempre la sorte di portare

 la sacra purezza delle parole

e delle opere tutte, davanti alle quali sono stabilite leggi

sublimi, procreate

attraverso l'etere celeste di cui Olimpo è padre da solo né le

generava natura mortale di uomini

né mai dimenticanza

potrà addormentarle:

grande c'è un dio in loro e non invecchia"872

 

Prima antistrofe.vv.873-882.

Sommario

E' un anatema dell' u{bri" madre del tiranno, la prepotenza che, gonfia di vani orpelli, sale sui fastigi del potere ma poi, non avendo una base salda nel consenso dei cittadini, precipita nell’ abisso scosceso della necessità da dove il piede vacillante della sua tracotanza non può risollevare il corpo malato.

Il coro chiede al dio di mantenere viva la nobile gara democratica e ginnica, benefica per la città.

Traduzione

"La prepotenza fa crescere il tiranno, la prepotenza—

 

u{bri" è stato tradotto non bene  –“la superbia”

 

se è riempita invano di molti orpelli

che non sono opportuni e non convengono

salita su fastigi altissimi

precipita nella necessità scoscesa

dove non si avvale di valido piede.

 

Il testo e[nq j ouj podi; crhsivmw/ crh`tai  dove piede è parola chiave poiché richiama il nome Edipo è stato tradotto malamente “dove non può muovere un passo”. Grave insensibilità estetica e linguistica

 

La gara benefica per la città,

prego dio di non

interromperla mai;

dio non cesserò mai di averlo patrono".

 

Seconda parte del secondo stasimo dell’Edipo re di Sofocle (vv. 883-910)

Tramontano gli dèi.

 

Seconda strofe.Versi 883-896.

Sommario

Tutti gli atei portati a delinquere, i profittatori, gli arroganti, i dissoluti, dovranno essere colpiti dagli strali degli dèi; infatti se le azioni empie e malvagie non vengono  punite esemplarmente, che senso ha la stessa rappresentazione sacra della tragedia?

Traduzione

"E se qualcuno incede

sprezzante nei gesti o nelle parole,

senza timore di Giustizia, senza

onorare le sedi degli dèi,

 cattivo lo colga il destino

per lo sciagurato sfoggio,

 se il guadagno non guadagnerà con giustizia[1]

e non si escluderà dai fatti empi

o stringerà come un matto le cose intoccabili.

Quale uomo ancora una volta in tale empietà

terrà lontani

gli strali degli dèi stornandoli dalla sua vita?

Se infatti tali azioni sono onorate

perché devo eseguire la danza sacra?

 

Seconda antistrofe. Versi 897-910.

Sommario

Il coro teme che i luoghi più santi e venerati della Grecia verranno sconsacrati e la religione olimpica diverrà un cadavere, se la condanna  della miscredenza non sarà accolta e condivisa da tutti gli uomini. A Zeus non può sfuggire questo. Infatti quando i mortali bestemmiano gli oracoli impunemente, sparisce Apollo e tramontano gli dei.

Traduzione

Non mi recherò più all'intangibile

ombelico della terra a pregare

né al tempio di Abae

né a Olimpia

se queste parole indicate a dito

non andranno bene a tutti i mortali.

Ma, o potente, se davvero è retta la tua fama,

Zeus signore del tutto, non sfugga questo a te

e al tuo dominio immortale in eterno.

Infatti già estirpano

gli antichi vaticini su Laio consunti

e in nessun luogo Apollo

risplende per gli onori:

e tramontano gli dei (vv. 897-910).

 

e[rrei de; ta; qei`a  è stato tradotto non bene “sta morendo il potere degli dèi”.

Ho preso solo questi tre appunti ma anche in altri passi la traduzione non funzionava, cioè non rendeva bene, non rispettava il testo di Sofocle.

 

Pesaro 31 luglio 2022 ore 9, 43.

Il sole da domani non calerà più sul mare e tramonta l’estate e[rrei de; to; qevro~ . Ma questa tornerà.

giovanni ghiselli

 

 

 

 

 



[1] Cfr. Solone,  fr. 1 D. vv.7-8:"crhvmata d j imeivrw me;n e[cein, ajdivkw" de; pepa'sqai oujk ejqevlw",;J le ricchezze desidero averle, ma acquistarle senza giustizia non voglio.-

 

sabato 30 luglio 2022

Euripide Ione IV parte. Le tragedie parlano di noi e ci educano.


 

Il Coro formato da ancelle di Creusa ammira le erme e le sculture di Delfi notando che non solo la polis ateniese è abbellita da opere d’arte.

Vedono rappresentato nel marmo Eracle che, aiutato da Iolao, uccide l’idra di Lerna, poi Bellerofonte che in sella a Pegaso ammazza la Chimera: il mostro dai tre corpi che spira fuoco.

Quindi la gigantomachia con Atena che impugna lo scudo con la Gorgone contro il maledetto Encelado, poi Zeus con il fulmine e Bromio con il tirso incoronato di edera che uccidono altri figli della terra.

E’ la consueta lotta del cosmo che vince contro il caos.

 

Ora il caos sta tentando di prendersi una rivincita ma non ci riuscirà poiché la circolazione dell’Universo è cosmica per quanto se ne può vedere.

 

Le coreute chiedono a Ione se possono entrare nel santuario una volta rimaste senza calzari.

Ione  risponde ouj qevmi~ w\ xevnai (222), non è lecito, straniere.

Poi le ragazze chiedono notizie sul mevson ojmfalovn l’ombelico del mondo.

Il giovane risponde che è avvolto in fasce e custodito dalle Gorgoni.

Quindi  aggiunge che per consultare l’oracolo bisogna offrire una focaccia e, per entrare nell’intimo santuario, si deve sacrificare una pecora.

Un’offerta incruenta poi un sacrificio cruento come deve fare Odisseo per evocare i morti nella Nevkuia.

Sentiamo Nietzsche a questo proposito“Anch’io sono stato agli inferi, come Odisseo, e ci tornerò ancora più volte, e non solo montoni ho sacrificato per poter parlare con i morti; bensì non ho risparmiato il mio stesso sangue”. Nietzsche menziona 4 coppie che non si sono negate a lui quando si sacrificava: Epicuro e Montaigne, Goethe e Spinoza, Platone e Rousseau, Pascal e Schopenhauer. “Su questi otto  fisso gli occhi e vedo i loro fissi su di me.  Vogliano i vivi perdonarmi se essi talvolta mi sembrano delle ombre, così sbiaditi e aduggiati (…) è l’eterna vitalità che conta!”[1].

 Le ragazze dicono che vogliono ammirare la facciata e Ione risponde che guardare con gli occhi è consentito. “pavnta qea`sq j , o{ti kai; qevmi~, o{mmasi-233.

 

Ora invece è quasi obbligatorio per quasi tutti questi cuori di tenebra guardare il cellulare. “L’orrore, l’orrore!”

 

Ione chiede informazioni sui padroni delle ancelle e le ragazze segnalano l’arrivo della loro signora: Creusa.

 

Ione nota lo stile della nobiltà nell’aspetto e nel muoversi della bella donna che si avvicina. Basta osservare il portamento to; sch`m j per capire se una persona è nobile- ti~ eij pevfuken eujgenhv~ (239).

 

Sono parole vere.

La classe politica italiana è stata annientata dalla plebe asservita quando ha cercato di recuperare la sovranità nazionale. Prima Aldo Moro, poi Craxi.

Questi due hanno sbagliato cercando di scendere a patti con i loro carnefici analfabeti invece di sbaragliarli associandosi a forze superiori a quelle di tali aguzzini sostenuti da un potere esterno

 

Ione rimane colpito dalle lacrime di Creusa: gli altri, dice, nel vedere il tempio provano gioia.

 Creusa risponde al figlio, non ancora riconosciuto, che il suo stupore delle lacrime rivela che non è un ragazzo privo di sensibilità

I due hanno già avvertito se non altro una parentela spirituale tra loro

Creusa aggiunge che nel vedere il tempio di Apollo le è tornato in mente un ricordo antico.

 

E’ vero: non tutti i luoghi sono ugualmente significativi per ciascuno di noi.

 

Quindi la donna accenna appena alla violenza subita: w\ tolmhvmata- qew`n 252- 253 o sfrontatezza degli dèi; da dove riporteremo giustizia se andremo in rovina pe le ingiustizie dei potenti? (253-254)

Il ragazzo chiede spiegazioni ma Creusa, con pudica aposiopesi, non gli risponde

Tuttavia richiesta del nome e della provenienza risponde di essere Creusa, ateniese e figlia di Eretteo.

Ione le fa i complimenti per la città e i genitori da cui proviene

Non ho altra fortuna che questa si schermisce Creusa.

Quindi nomina anche il nonno paterno Erittonio figlio di Efesto e della Terra, ma tale gevno~ aggiunge m’j oujk wjfelei` 268 non mi giova.

 

Dobbiamo cercare di individuare e valorizzare gli aspetti buoni e utili al nostro sviluppo ereditati dal nostro gevno~, dalla stirpe, e contrastarne le debolezze. Ogni stirpe ha certi lati positivi e altri negativi.

Personalmente fin da bambino mi accorsi di essere dotato per la scuola e per la bicicletta e ho fatto di tutto fino a 19 anni pe sviluppare questi talenti ereditati.

Poi ho avuto tre anni di crisi mettendoli empiamente sotto terra. Quindi ho capito che così diventavo l’assassino di me stesso, sicché ho scavato, freneticamente, e li ho ritirati fuori. Mi hanno fatto trovare anche un altro talento: quello di piacere alle persone che mi piacevano e di ignorare quelli cui dispiacevo e avevo cercato stoltamente di andare a genio negli anni del seppellimento.

Scusate questo autobiografismo ma devo significare che i testi degli autori migliori parlano di noi e ci insegnano a vivere.

Questa storia è riassunta da un verso di Sofocle: "Ma so di piacere a quelli cui prima di tutti è necessario che io vada a genio"( ajll j oi\d j ajrevskou~ j  oi|" mavlisq j aJdei'n me crhv ",  Antigone,  v. 89).

Con queste parole la ragazza mostran di non curarsi dell'incomprensione della sorella più che delle minacce del tiranno. Antigone in tutta la tragedia afferma con fierezza la propria diversità.

 

Pesaro 30 luglio 2022 ore 18, 24

p. s.

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[1] Umano, troppo umano II, Parte prima 1878. Opinioni e sentenze diverse, 408