Commedie di Terenzio, s XI f5r |
Sostrata Cremete
Sostrata affronta il marito chiamandolo prima homo, poi mi vir, e comunque chiedendogli ragione del pensiero tam ineptum (105) così irragionevole che gli è venuto in mente.
Cremete non si lascia addolcire da quel mi vir e dà alla donna della mulier odiosa petulante e importuna.
Non è più il filantropo della prima scena con Menedemo, non con la moglie che pure gli ha dato due figli. Del resto aveva rifiutato la femmina quando nacque e il maschio non gli piace perché assomiglia alla madre che lo disgusta. Da questo mutamento si vede come il nostro essere umani o disumani è anch’esso “in balia degli eventi”, delle occasioni, degli incontri che facciamo. Certe circostanze e certe persone ci valorizzano, certe altre ci rendono peggiori.
Non si è mai visto dell’affetto tra questi due coniugi, forse è proprio per questo che il loro figliolo non cerca una donna per l’amare e il bene velle.
Chi non ha ricevuto affetto da bambino rimane segnato da questa carenza: non ha imparato a volere bene.
Il marito rinfaccia alla moglie il fatto che gli è sempre stata avversa advorsātrix (1007). Tra questi due non c’è proprio il conveniunt mores (Andria 696) che è il collante più sicuro tra un uomo e una donna.
Se ti domandassi che torti ti ho fatto, continua Cremete, nescias, non sapresti dirmelo, tuttavia continui a contraddirmi , stupida come sei - stulta - (1009). Sono parole di un rapporto malato.
Sostrata cerca un chiarimento ma Cremete è riluttante. Non vuole che si ripetano i discorsi di sempre. Ma la moglie insiste e il marito la lascia parlare: loquere, tuttavia la avvisa che farà come ha deciso, ossia punirà duramente Clitifone.
Sostrata rinfaccia al marito il fatto che con il suo atteggiamento tutt’altro che paterno ha spinto il ragazzo a sospettare di essere un figlio spurio. “subditum se suspicatur” (1014).
Cremete non si adonta e suggerisce alla moglie confitere, ammettilo.
Sostrata si rifiuta: questo si fa ai nemici, non a mio figlio
Cremete ribatte che non deve temere di non essere creduta quando vorrà rassicurarlo tornando a dirgli che il figlio è suo.
Sostrata allora tira fuori il caso recente della figlia ritrovata. Dovrà costituire un precedente per rendere credibile questo secondo ritrovamento?
No, risponde Cremete, la prova più credibile è la somiglianza dei vostri caratteri: “Non, sed quod magis credundum siet id quod est consimilis moribus” (1019).
Ecco che il conveniunt mores che manca tra moglie e marito c’è invece tra madre e figlio. Credo che sia un fatto molto frequente e dunque assai realistico.
Dati i rapporti vigenti in questa famiglia il marito fa notare alla moglie che il figlio ha preso tutti i difetti della madre. E’ quanto dice Alberto Sordi a Shelley Winters nel film Un borghese piccolo piccolo.
Ma Cremete rincara la dose smentendo l’homo sum della prima scena (I, 1, v. 77) e diventando disumano con la moglie: “tum praeterea talem nisi tu nulla pareret filium” (1022), e per giunta un figlio siffatto potevi partorirlo solo tu.
Quindi Cremete conclude: “Ma ecco lui che esce, quanto contrariato! Solo a vederlo lo capisci”.
Quest’uomo che aveva trovato parole buone per il vicino usa tante espressioni cattive nei confronti dei suoi familiari.
Bologna 8 febbraio 2022 ore 9, 01
giovanni ghiselli
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