venerdì 11 febbraio 2022

Terenzio, Heautontimorumenos. 27

V, 5, 1024-1044

 
Clitifone, Sostrata, Cremete
 
Clitifone va dalla madre, le ricorda di essere stato la sua gioia e le chiede il contraccambio di fargli la carità di rivelargli chi siano davvero i propri genitori.
 
Nelle Metamorfosi di Ovidio è Fetonte che prima va dalla madre Climene (I, 756 ss.)  poi da Apollo (II, 19 ss.) a chiedere una prova sicura di essere figlio del dio solare dopo che Epafo aveva messo un dubbio la sua origine divina. La madre giura, e Apollo gli affida il carro del sole tirato da cavalli che però il ragazzo non seppe controllare, perdendo la vita.
Talora dunque non è bene conoscere la propria genesi.
Dante ricorda questo episodio nel Purgatorio (IV, 72) e nel Paradiso (XVII, 1-3)
 
Un giovane dai genitori entrambi incerti è Ione, il  protagonista  eponimo della tragedia a lieto fine di Euripide. Era  figlio di Creusa violentata da Apollo ma il dio mette le cose in modo che venga reputato figlio di Xuto, marito di Creusa. L’onore del re di Atene è salvo e Apollo è un dio farabutto in questa tragedia Ione come nell’Andromaca un altro dramma del “sacrilego” Euripide
 
Sostrata assicura il figlio che non è alienus,  figlio di altri
Ma il ragazzo insiste: “sum” (1029). Risponde con il suo sentimento di essere estraneo a quella famiglia.
La madre giura sulla vita del ragazzo che è proprio il  loro figliolo e lo prega, se, le vuole bene, di non dire più tali parole.
Si sente rifiutata come madre, dolorosamente.
 
Nell’Alcesti di Euripide c’è un rifiuto reciproco tra padre e figlio quando Admeto va a chiedere spudoratamente al genitore di morire al posto della moglie che sta già sostituendo lui nella morte.
Il padre, Ferete, si rifiuta facendo un elogio della vita.
Quindi il vecchio fa un elogio della vita, quel bene supremo che Admeto avrebbe voluto sottrargli:
"Tu godi nel vedere la luce: credi che il padre non ne goda?
certo, io calcolo un lungo tempo da passare
sotto terra, mentre breve è la vita, ma dolce lo stesso" (to; de; zh`n smikrovn ahjll j o{mw~ glukuv, 691-693).
Admeto è uno di quegli uomini miserabili che Euripide mette alla berlina anche nel confronto con donne più forti e più intelligenti. Tale è pure Giasone.
 
Interviene Cremete che biasima il figlio per tutto il suo comportamento, da imbecille-gerro-, incapace, iners, imbroglione fraus, scialacquatore , helluo,  puttaniere ganeo, deleterio, damnosus.
 E ora credi pure di essere nostro figlio.
 
Il ragazzo replica a Cremete che non gli ha parlato da padre,
Cremete gli risponde che nemmeno se fosse nato dalla sua testa, come Minerva da quella di Giove sopporterebbe di venire infamato dalle sue azioni vergognose.
Sostrata se ne esce con una formula deprecativa: “Di istaec pohibeant!”, gli dèi ce ne guardino! (1038).
 
Cremete mette in dubbio l’intervento degli dèi ma assicura  il proprio per quanto può. Quindi si rivolge al figlio: “quaeris quod habes, parentis; quod abest non quaeris  (1039), cerchi quello che hai, i genitori, quello che ti manca non lo cerchi.
 
Penso alla ricerca del denaro da parte di chi ne ha già anche troppo, mentre costoro non cercano mai verità, giustizia e bellezza.
 
Clitifone è quindi accusato di non cercare in sé il rispetto del padre e della roba accumulata con fatica - labore - 1040 da parte di chi lo ha messo al mondo. Non ti vergogni di portarmi davanti agli occhi con inganni una…? Mi vergogno di usare una parola turpe davanti a tua madre, mentre tu di fare ciò non ti vergogni  in nessun modo.
Clitifone ora dice di essere tutto spiacente di se stesso totus didpliceo mihi (1053)
Per giunta si vergogna tanto, al punto che non sa da dove cominciare per mitigare l’ira del padre.
 

Bologna 11 febbraio 2022 ore 9, 17
giovanni ghiselli

p. s.
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