giovedì 3 febbraio 2022

Nietzsche e i classici quarta parte


 

Ancora sull’educazione data dalla Storia.

Gli storiografi dell’età ellenistica affermano di essere educatori e perfino benefattori del genere umano.

Le Storie dopo Polibio  di Posidonio[1] (andavano dal 143 al 70) non sono conservate, ma ve ne è traccia notevole nella benemerita Biblioteca  di Diodoro[2]: e soprattutto nel proemio diodoreo sono sviluppati pensieri che sembrano risalire appunto al proemio posidoniano. Innanzi tutto l'idea stoica della storia universale come proiezione della fratellanza universale che collega in un nesso solidale-come membra di un unico corpo, secondo l'espressione senecana-tutti gli esseri umani. La storia universale "riconduce ad un'unica compagine gli uomini, divisi tra loro nello spazio e nel tempo, ma partecipi di un'unica reciproca parentela" (Diodoro, I, 1, 3). Oltre che "strumento della provvidenza divina (uJpourgoi; th'" qeiva" pronoiva") ", perciò gli storici sono anche benefattori del genere umano: e la storiografia-prosegue Diodoro-oltre ad essere profh'ti" th'" ajlhqeiva" è anche "madrepatria della filosofia (mhtrovpoli" th'" filosofiva")" (I, 2, 2) )”[3].

 

In definitiva la funzione della cultura deve essere quella di migliorare la fuvsi~, e i Greci in questo possono costituire dei modelli: “I greci impararono a poco a poco a organizzare il caos, concentrandosi, secondo l’insegnamento delfico, su se stessi, vale a dire sui loro bisogni veri, e lasciando estinguere i bisogni apparenti. Così ripresero possesso di sé (…) E’ questo un simbolo per ognuno di noi: ognuno deve organizzare il caos in sé, concentrandosi sui suoi bisogni veri”[4].

L’adolescente che sta crescendo, e ha doti un po’ più nobili, dovrebbe essere portato a viva forza sotto la campana di vetro del buon gusto e di una rigida disciplina linguistica: se ciò non è possibile, preferisco allora ritornare al più presto a parlare in latino , perché mi vergogno di un tedesco così storpiato e infamato (…) La cultura comincia dal punto in cui sa trattare ciò che è vivo come qualcosa di vivo”[5]

La somma educativa di Pindaro suggerisce: diventa quello che sei : “gevnoio oi|o~   ejssiv” (Pitica II,  v. 72).

“Nessuna creatura è più squallida e ripugnante dell’uomo che è sfuggito al suo genio”[6].

 

Quando è che l’uomo smette di essere una cosa gradevole? Quando non assomiglia a se stesso. Sconcio, scoveniente in greco si dice ajeikhv~, ossia non eijkov~, oggetto neutro non somigliante, non somigliante a se stesso.

 

"Quando è privo di ogni charis , l'essere umano non assomiglia più a nulla: è aeikelios . Quando ne risplende, è simile agli dei, theoisi eoikei . La somiglianza con se stessi, che costituisce l'identità di ciascuno e si manifesta nell'apparenza che ognuno ha agli occhi di tutti, non è dunque presso i mortali una costante, fissata una volta per tutte….Oltraggiare-cioè imbruttire e disonorare a un tempo-si dice aeikizein , rendere aeikes  o aeikelios , non simile"[7].

 

Il potere incentiva questa deformità che è la difformità della persona da se stessa: “Su che cosa, in fondo, si basa la repressione? Sul falso concetto che l’individuo ha di se stesso, e quindi sul falso concetto che si fa dei propri desideri: della propria libido, dei propri bisogni erotici, dell’amore che gli potrebbe spettare di diritto. La società sfrutta questo misconoscimento di sé, e si adopera con efficacia a confermare l’individuo in questa sua sbagliata concezione dell’amore”[8]. E di se stesso.

 

“Che cosa ti dice la tua coscienza? Devi divenire quello che tu sei….Che cosa è il sigillo della raggiunta libertà? Non provare più vergogna davanti a se stessi[9].

 

“Ciò che va bene per uno, non per questo può andare bene per un altro…il pretendere un’unica morale per tutti equivale a danneggiare precisamente gli uomini superiori…in sostanza, tra uomo e uomo esiste un ordine gerarchico[10].

 

“Una cosa sola è necessaria. “Dare uno stile” al proprio carattere: è un’arte grande e rara. L’esercita colui che abbraccia con lo sguardo tutto quanto offre la sua natura in fatto d’energie e di debolezze, e che inserisce quindi tutto questo in un piano artistico (…) inversamente si comportano i caratteri deboli, impotenti su se stessi, i quali odiano la disciplina vincolante dello stile (…) una cosa sola, infatti, è necessaria: che l’uomo raggiunga l’appagamento di sé (…) soltanto allora l’uomo in genere è tollerabile a vedersi. Chi non è pago di se stesso è continuamente pronto a vendicarsene: noialtri saremo le sue vittime, se non altro perché dovremo sempre sopportare la sua spiacevole vista”[11].

“L’intelligenza impone di farsi passare per ciò che si è, o forse anche per qualcosa di meno”[12].

 Cercare la propria realizzazione significa amare il compimento, la perfezione del proprio destino, il quale, per stravagante che sia, è una piccola parte del fato universale.

“La mia formula per la grandezza dell’uomo è amor fati: non voler nulla di diverso, né dietro, né davanti a sé, per tutta l’eternità. Non solo sopportare, e tanto meno dissimulare, il necessario, ma amarlo. Tutto l’idealismo è una continua menzogna di fronte al necessario- …”[13].

 “ Ma in fondo, proprio “in fondo” a noi stessi c’è sicuramente qualcosa che non si può insegnare, un Fatum spirituale granitico…ciò che “in fondo a noi” non è insegnabile[14].

Il necessario non mi ferisce; amor fati è la mia intima natura, das ist  meine innerste Natur[15].

La legge di casualità è messa al posto della legge di causalità.

 

 

La necessità

“Quelle mani d’acciaio della necessità, che scuotono il bossolo dei casi, giocano per un tempo infinito il loro gioco”[16].

Prometeo  si vanta di essere il padre delle tevcnai[17], ma sa che  la conoscenza pratica è molto più debole della necessità: “ tevcnh d  j ajnavgkh" ajsqenestevra makrw'/  (Eschilo, Prometeo incatenato, v. 514).

Cfr. a questo proposito Curzio Rufo: “Ceterum, efficacior omni arte, necessitas non usitata modo praesidia, sed quaedam etiam nova adnovit”( Historiae Alexandri Magni, IV, 3, 24), del resto la necessità più potente di ogni tecnica, suggerì loro non solo i soliti mezzi di difesa ma anche dei nuovi. Sono i Tirii che si difendono dall’assedio di Alessandro Magno nel 332 a. C. 

Avanzando nella Sogdiana Al. si trovò in difficoltà per il freddo e incendiò un bosco: “efficacior in adversis necessitas quam ratio, frigoris remedium invenit” (8, 4, 11). Ancora la necessità che prevale sulla ratio (cfr. 7, 7, 10: necessitas ante rationem est).

 

Il potere assoluto dell'  jjjjAnavgkh  verrà apertamente affermato da Euripide nell'Alcesti. 

Nel terzo Stasimo della tragedia più antica ( è del 438) tra le diciassette a noi pervenute,  il Coro eleva un inno alla Necessità vista come la divinità massima, quella che vincola e subordina tutti, compresi gli dèi:

"Io attraverso le muse/mi lanciai nelle altezze, e/ho toccato moltissimi ragionamenti (pleivstwn aJyavmeno" lovgwn),/ma non ho trovato niente più forte/della Necessità né alcun rimedio (krei'sson oujde;n  jAnavgka"-hu|ron oujdev ti favrmakon)/nelle tavolette tracie che scrisse la voce di/Orfeo, né tra quanti rimedi/diede agli Asclepiadi Febo/dopo averli ricavati dalle erbe come antidoti/per i mortali afflitti dalle malattie"(vv. 962-972). Da questi versi si vede che la Necessità è più forte del lovgo" , della poesia, dell'arte medica.

Bologna 3 febbraio 2022  ore 16, 51

p. s.

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[1] 135-51 a. C.

[2]Vissuto nel  I sec. a. C. è autore della Biblioteca storica, una grande compilazione di storia universale. Andava dalle origini all’età di Giulio Cesare. Constava di 40 libri. Ce ne sono arrivati i primi cinque e frammenti degli altri  (n. d. r.).

[3] Canfora, Storia Della Letteratura Greca , p. 528

[4] Sull’utilità e il danno della storia per la vita, cap. 10.

[5] Sull'avvenire delle nostre scuole, Seconda conferenza (1872)

 

[6] Schopenhauer come educatore, III inattuale (1874), 1.

[7]J. P. Vernant, Tra mito e politica , pp. 210-211.

[8] P. P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società, p. 1472.

[9] La gaia scienza (1882), libro III,  270 e 275

[10] Di là dal bene e dal male (1886) Le nostre virtù, 228

[11] La gaia scienza,  secondo libro, 290.

[12] Frammenti postumi Primavera estate 1877, 22 (105).

[13] Ecce homo, perché sono così accorto, 10

[14] Di là dal bene e dal male, Le nostre virtù, 231

[15] F. Nietzsche, Ecce homo, Il caso Wagner,  4

[16] Aurora, libro secondo, 130.

[17] pa'sai tevcnai brotoi'sin ejk Promhqevw~  (v. 506), tutte le tecniche ai mortali derivano da Prometeo.

 

 

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