Considerazioni inattuali
La storia
La storia può e deve essere studiata con spirito critico. Sentiamo Nietzsche: “Sono questi i servigi che la storia può rendere alla vita; ogni uomo e ogni popolo ha bisogno, secondo le sue mete, forze e necessità, di una certa conoscenza del passato, ora come storia monumentale, ora come storia antiquaria e ora come storia critica”[1].
La seconda delle Considerazioni inattuali, intitolata Sull’utilità e il danno della storia per la vita…è, in fondo, un’unica, grande variazione delle parole di Amleto su “l’innato colore della risolutezza ammorbato dal pallore del pensiero”[2] (Amleto, III, 1).
La Storia monumentale
“La storia occorre innanzitutto all’attivo e al potente, a colui che combatte una grande battaglia, che ha bisogno di modelli, maestri e consolatori, e che non può trovarli fra i suoi compagni e nel presente…Che i grandi momenti nella lotta degli individui formino una catena, che attraverso essi si formi lungo i millenni la cresta montuosa dell’umanità, che per me le vette di tali momenti da lungo tempo trascorsi siano ancora vive, chiare e grandi- è questo il pensiero fondamentale di una fede nell’umanità che si esprime nell’esigenza di una storia monumentale”[3].
"Nella mancanza di dominio su se stessi, in ciò che i Romani chiamano impotentia , si rivela la debolezza della personalità moderna"[4].
L’impotentia può derivare anche da una saturazione della storia, dalla credenza “sempre dannosa nella vecchiaia dell’umanità”[5], in quella di essere frutti tardivi ed epigoni che può farci cadere nell’ironia e nel cinismo.
“Ironia è mancanza di nobiltà”[6].
Il principe Myskin dell’Idiota non sapeva cosa fosse l’ironia.
“Il motto di spirito è l’epigramma sulla morte di un sentimento”[7].
L’uomo moderno soffre di una personalità indebolita. Ha perso la sua identità “come il romano dell’epoca imperiale abbandonò la sua romanità rispetto al mondo che era a lui soggetto..e degenerò in mezzo al cosmopolitico carnevale di dèi, costumi ed arti, così deve accadere all’uomo moderno, che si fa preparare di continuo dai suoi artisti della storia la festa di un’esposizione universale”[8].
Un ajntifavrmako" , un ottimo contravveleno di questa impotenza, può essere Plutarco:"Se invece rivivrete in voi la storia dei grandi uomini, imparerete da essa il supremo comandamento di diventare maturi e di sfuggire al fascino paralizzante dell'educazione del tempo, che vede la sua utilità nel non lasciarvi maturare per dominare e sfruttare voi, gli immaturi. E se desiderate biografie, allora che non siano quelle col ritornello "Il signor Taldeitali e il suo tempo". Saziate le vostre anime con Plutarco ed osate credere in voi stessi, credendo ai suoi eroi. Con un centinaio di uomini educati in tal modo non moderno, ossia divenuti maturi e abituati all'eroico, si può oggi ridurre all'eterno silenzio tutta la chiassosa pseudocultura di questo tempo"[9].
“Cultura è l’aristocrazia della vita”[10].
“Al diavolo le masse” egli dice “e la statistica” …non considera più affatto le masse, ma solo i grandi…che sopra il brulicar della storia conducono il loro alto colloquio di spiriti…Questo è il suo individualismo, un culto estetico del genio e dell’eroe, culto che egli ha derivato da Schopenhauer, insieme con il fermo convincimento che la felicità è impossibile e che l’unica cosa possibile e degna dell’uomo è una vita eroica; essa…crea l’estetismo eroico che egli pone sotto il segno protettore di Dioniso, il dio della tragedia”[11].
Plutarco propone modelli da imitare per le virtù ( p. e.Solone) e contromodelli (p.e. Antonio) carichi di vizi. Alcuni personaggi del resto sono figure composite.
La catarsi della storiografia avviene non solo assimilando il valore, ma anche respingendo i vizi.
Plutarco ha avuto diversi estimatori, fino al fanatismo (Alfieri, p. e, o Jacopo Ortis di Foscolo).
Nietzsche dà grande rilievo alla funzione di educatore dello storico di Cheronea.
Volutamente paradigmatiche sono le biografie di Plutarco[12] il quale nella Prefazione alla Vita di Emilio Paolo e Timoleonte suggerisce di utilizzare le Vite parallele quali modelli positivi o negativi: infatti si dà catarsi non solo assimilando il valore, ma anche respingendo i vizi; questo è accaduto allo stesso autore il quale si è posto di fronte alla storia come davanti a uno specchio (w{sper ejn ejsovptrw//, 1), cercando di adornare e assimilare in qualche modo la vita alle virtù di quelli (kosmei'n kai ajfomoiou'n pro;~ ta;~ ejkeivnwn ajreta;~ to;n bivon, 2) il cui esempio aiuta a respingere quella dose eventuale di pochezza (" ei[ ti fau'lon", ) o malvagità ("h] kakovhqe"") o volgarità (" h] ajgennev"", ), che le compagnie di coloro con i quali si deve vivere cercano di insinuare ("aiJ tw'n sunovntwn ejx ajnavgkh" oJmilivai prosbavllousin", 5).
In un'altra prefazione, quella a Demetrio-Antonio, Plutarco afferma che forse non è male inserire tra gli esempi le vite di uomini che hanno fatto uso del loro ingegno in modo troppo sconsiderato, e sono divenuti celebri nel potere e nelle grandi imprese per i loro vizi ("eij" kakivan").
Seneca, "egregius vitiorum insectator "[13], ottimo persecutore dei vizi, "ovvero il toreador della virtù"[14], sconsiglia di proporre contromodelli: nella Praefatio al III libro delle Naturales quaestiones afferma che è molto meglio spengere i propri vizi piuttosto che raccontare ai posteri quelli degli altri: "quanto satius est sua mala extinguere quam aliena posteris tradere! " (5), Seguono gli esempi di Filippo e di Alessandro e di tutti gli altri che furono pestes mortalium non meno rovinose di inondazioni e incendi.
Bologna 1 febbraio 2022 ore 12, 07
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita (1874), in Considerazioni inattuali, p. 103.
[2] La filosofia di Nietzsche alla luce della nostra esperienza, conferenza dell’aprile 1947. In T. Mann, Nobiltà dello spirito e altri saggi, p. 1312.
[3] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita (del 1874), in Considerazioni inattuali, II, p. 92 e p. 93.
[4] F. Nietzsche, Sull'utilità e il danno della storia per la vita, in Considerazioni inattuali, II, p. 116.
[5] Momigliano menziona anche una concezione organica della storia che non si deve confondere con quella ciclica: “L’idea di Floro, e senza dubbio di altri storici prima e dopo di lui, era che la storia di uno Stato possa essere divisa, come la vita di un individuo, in periodi d’infanzia, giovinezza, maturità, vecchiaia, conclusi dalla morte. Questa concezione è importante in quanto implica un certo fatalismo. Essa può portare a ogni sorta d’interpretazioni biologiche degli eventi umani e può essere connessa, ma non necessariamente, alla teoria degli eterni ritorni” (La storiografia greca, p. 81).
A Giulio Floro, che potrebbe essere il Floro amico e corrispondente poetico dell’imperatore Adriano, si attribuisce l’opera intitolata Epitoma de Tito Livio, un compendio di storia romana dalla fondazione di Roma all’età di Augusto. Lo schema biologico è di derivazione stoica e si trova anche in Seneca il Vecchio. La monarchia sarebbe stata l’età dell’infanzia, la prima età repubblicana quella dell’adolescenza e la maturità corrisponderebbe alla pax di Augusto.
[6] Frammenti postumi ottobre 1876 (25).
[7] Umano, troppo umano II, Parte prima, Opinioni e sentenze diverse, 202.
[8] Utilità e danno della storia, 5
[9] F. Nietzsche, Utilità e il danno della storia 6.
[10] T. Mann, La filosofia di Nietzsche in Nobiltà dello spirito, p. 813.
[11] T. Mann, La filosofia di Nietzsche in Nobiltà dello spirito, p. 819
[12] 50 d. C. ca-120 d. C. ca.
[13] Quintiliano, Institutio oratoria , X, 1, 129.
[14]Nietzsche, Crepuscolo degli idoli , Scorribande di un inattuale, 1.
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