lunedì 14 febbraio 2022

Deprecazioni contro la guerra. Preghiere per la pace.


 

Nella letteratura antica  non mancano le maledizioni della guerra.

 

Già nell'Iliade Zeus  dice ad Ares:"e[cqisto" dev moiv ejssi qew'n o}i  [Olumpon e[cousin (V, 890), tu per me sei il più odioso tra gli dei che abitano l'Olimpo.

 Nel primo Stasimo dei  Sette a Tebe[1] di Eschilo il Coro dissacra il dio della guerra: Ares  è un domatore di popoli che  infuriando soffia con violenza e contamina la pietà "mainovmeno" d j ejpipnei' laodavma"-miaivnwn eujsevbeian"(vv. 343-344).

 

Nell'Agamennone (del 458) Ares viene definito "oJ crusamoibo;" d' j  [Arh" swmavtwn"(v.437), il cambiavalute dei corpi, nel senso che la guerra distrugge le vite e arricchisce gli speculatori.

Secondo Gaetano De Sanctis, Eschilo con questa tragedia ha voluto mettere in guardia gli Ateniesi"contro le guerre ingiuste, pericolose e lontane, onde tornano, anziché i cittadini partiti per combattere, le urne recanti le loro ceneri. La lista dei caduti della tribù Eretteide mostra quale eco dovesse avere nei cuori tale monito durante quella campagna d'Egitto (anni 459-454) in cui fu impegnato il fiore delle forze ateniesi"[2].

"invece di uomini

urne e cenere giungono

alla casa di ciascuno"(434-436).

 

In maniera analoga il tenente Mahler, il disertore amante della contessa adultera del film Senso[3] di Visconti  pone questa domanda retorica:"Cos'è la guerra se non un comodo metodo per obbligare gli uomini a pensare e ad agire nel modo più conveniente a chi li comanda?".

 

Nel terzo Stasimo dell'Aiace [4] di Sofocle il Coro, formato da marinai di Salamina, maledice l'inventore della guerra:" oh se prima fosse sprofondato nel grande etere o nell'Ade comune a tutti,  quello che mostrò ai Greci l’Ares volgare  delle armi odiose. Oh travagli causa di travagli: quello infatti rovinò gli uomini. Quello non mi concesse che mi fosse compagna la gioia delle corone né delle coppe profonde, né il dolce suono dei flauti, disgraziato, né di gustare la gioia del riposo notturno; dagli amori, dagli amori mi ha fatto cessare, ahimé. Giaccio invece così trascurato, sempre bagnato nelle chiome da fitte rugiade, ricordi della funesta Troia" (vv. 1199-1210).

 

Nell'Edipo re[5]  Ares viene deprecato dal religiosissimo autore come "il dio disonorato tra gli dei" ( ajpovtimon ejn qeoi'" qeovn, v.215). Il dio è ajpovtimo" poiché la guerra del Peloponneso dopo la morte di Pericle veniva condotta dal becero e sanguinario Cleone senza rispetto dell'etica eroica e senza riguardo per l'umanità: Tucidide[6]  nel dialogo senza didascalie del V libro fa dire dagli Ateniesi  ai Meli di non volgersi a quel senso dell' onore (aijscuvnhn, 111, 3) che procura grandi rovine agli uomini.

 

La sofferenza delle donne per le guerre degli uomini è compianta dal Coro di vecchi Tebani nella Parodo dell' Edipo re: "La città muore senza tenere più conto di questi[7]/e progenie prive di pietà giacciono a terra portatrici di morte senza compassione,/ e  intanto le spose e anche le madri canute/di qua e di là, presso la sponda dell'altare/gemono supplici/per le pene luttuose"( vv. 179-185).

 

Empedocle[8] nel Poema lustrale   narra che gli uomini della primitiva età felice non avevano Ares come dio né il Tumulto della battaglia:"oujdev ti" hj'n keivnoisin   [Are" qeo;" oujde; Kudoimov""(fr. 119, 1).

 

Aristofane negli Acarnesi[9] dichiara guerra alla guerra.

 Il protagonista Diceopoli, il cittadino giusto, fieramente avverso alla guerra, convince il coro che la guerra è un male e infine lo induce a dire: "io non accoglierò mai in casa Polemo" (v. 977), la personificazione del conflitto, visto come " un uomo ubriaco (pavroino" aJnhvr, v. 981) il quale "ha operato tutti i mali e sconvolgeva, e rovinava"(983) e, pur invitato a bere nella coppa dell'amicizia, "bruciava ancora di più con il fuoco i pali delle viti/e rovesciava a forza il nostro vino fuori dalle vigne"(986-987).

 Il campagnolo pacifista Diceopoli si fa portavoce dei contadini, esasperati poiché la guerra del Peloponneso nella fase archidamica distruggeva tutti gli anni i raccolti.

  Respinto Polemos, arriva la Pace connessa alla festa, all'amore e alla bellezza dell'arte: infatti è compagna della bella Cipride e delle Cariti amabili (v. 989). Quindi giunge l'inviato di un marito che porta doni e chiede una coppa di pace:"i[na mh; strateouit j ajlla; kinoivh mevnwn" (v. 1052), perché non vuole andare in guerra, ma rimanere in casa a fare l'amore. Diceopoli, che ha sofferto l'incomprensione dei concittadini, non si commuove per lo sposo, ma si adopera per la sposa: la donna non si merita di soffrire per la guerra (v. 1062). 

 

Nella seconda commedia pacifista (Pace del 421) la festa che segue alla pace  odora di frutta, conviti, di grembi di donne che corrono verso la campagna ( kovlpou gunaikw'n diatrecousw'n eij" ajgrovn, v. 536) e di tante altre cose buone.

Qui si racconta che gli dèi[10] si sono allontanati dagli uomini per non vederli sempre combattere e li hanno abbandonati a Polemo il quale ha gettato la Pace in un antro profondo (v. 223). Intanto però il pestello (aJletrivbano" , v. 269) degli Ateniesi, il cuoiaio (oJ bursopwvlh" , v. 270) che sconvolgeva l'Ellade è morto. Così pure Brasida, il pestello dei Lacedemoni. La pace accresce le possibilità di vita secondo Trigeo, anche questo un contadino pacifista: essa consente di navigare, rimanere dove si è, fare l'amore, dormire, andare a vedere le feste, banchettare, giocare al cottabo, e gridare iù iù (vv. 341-345). Vogliono le guerre i fabbricanti di lance e i mercanti di scudi per i loro guadagni (vv. 447-448). Alla fine questi riceveranno le pernacchie mentre i contadini potranno tornare al lavoro dei campi richiamando alla memoria l'antica vita che la Pace largiva: i pani di frutta secca, i fichi e i mirti, il dolce mosto, le viole accanto al pozzo e le olive di cui si ha desiderio. La pace per i campagnoli significava la zuppa d'orzo verde e la salvezza (ci'dra kai; swthriva, v. 595) sicché le vigne e i teneri fichi, e quante altre piante vi sono, rideranno liete accogliendola. Segue nell'agone un'eziologia della guerra meno ridicola di quella presentata negli Acarnesi[11] : Pericle, spaventato dalle accuse intentate a Fidia, per non seguire la stessa sorte, mise a fuoco la città e provocò tanto fumo che tutti i Greci lacrimavano.

Alla pace ritrovata seguono progetti e preparativi di feste a base di scorpacciate culinarie e sessuali: Teoria ha un culo da festa quinquennale e va molto bene; la focaccia è cotta, la torta col sesamo è impastata e tutto il resto è pronto:"tou' pevou" de; dei' " (v. 870), manca solo il bischero. Quindi Trigeo cita due esametri omerici[12]:"è privo di legami sociali, di leggi, di focolare quello che/ama la guerra civile agghiacciante (vv. 1097-1098).

Bologna 14 febbraio 2022 ore 12, 21 continua

p. s.

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[1] Del 467 a. C.

[2] Storia dei Greci , II vol., p.91

[3] Del 1954. Di questo film Aristarco scrisse che rappresentava la maturazione del cinema italiano dal neorealismo al realismo.

[4] 445 ca a. C.

[5] Propendo per una datazione bassa, posteriore al 415 a. C.

[6] 460 ca-400 ca a. C.

[7] Dei cadaveri.

[8] Fiorito intorno alla metà del V secolo.

[9] 425 a. C.

[10] Disgustati, come ha detto di recente il Pontefice.

[11] Che faceva dipendere lo scoppio del conlitto da ratti di prostitute,

[12] Da Iliade 9, 63-64.

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