venerdì 4 febbraio 2022

Nietzsche e i classici VI parte.


Nel De inventione[1] il giovane Cicerone aveva definito i loci communes: "argumenta quae transferri in multas causas possunt" (2, 48), argomenti che si possono utilizzare per molte cause. Sono strumenti del parlare e dello scrivere.

 

 

L’eterno ritorno.

L’eterno ritorno[2] ci porta nell'ambito dell' ajnakuvklwsi" di Polibio (VI, 9, 10), dell'orbis  di Tacito [3] , del "cerchio" di Machiavelli[4]. Leopardi lo chiama "circuito" mutuandolo dal circuitus  di Cicerone[5]..

"L'idea tacitiana del "ciclo" economico dal 30 a. C. al 68 d. C. è, in fondo, un nuovo dono del pensiero filosofico alla storiografia antica: all'"anaciclosi" polibiana, che si applica alle forme costituzionali, si aggiunge così un similare concetto di orbis , applicato all'economia. Questo concetto del luxus  senatorio stroncato dall'avvento, nel 69 d. C. , di una borghesia "pecuniosa" ma parca, basterebbe a fornire taluni elementi essenziali per una storia sociale del periodo dal 69 d. C.-l'anno di Galba, Otone, Vitellio-fino a tutta l'età flavia: del periodo, insomma, che Tacito aveva trattato nelle Historiae "[6].

 

 

“Eternamente gira la ruota dell’essere. Tutto muore, tutto torna a fiorire, eternamente corre l’anno dell’essere.

 Tutto crolla, tutto viene di nuovo connesso; eternamente l’essere si costruisce la medesima abitazione. Alles bricht, Alles wird neu gefügt; ewig baut sich das gleiche Haus des Seins

Tutto si diparte, tutto torna a salutarsi; eternamente fedele a se stesso rimane l’anello dell’essere. Alles scheidet, Alles grüsst sich wieder; ewig bleibt sich treu der Ring des Seins
In ogni attimo comincia l’essere; attorno ad ogni “qui” ruota la sfera “là”. In jedem Nu beginnt das Sein; um jedes Hier rollt sich die Kugel Dort.
Il centro è dappertutto. Ricurvo è il sentiero dell’eternità”[7]. Die Mitte ist überall. Krumm ist der Pfad der Ewigkeit."
 “Così parlò Zarathustra”, ‘Il convalescente’, 2, 59-69
F.W.Nietzsche, “Also sprach Zarathustra”,’Der Genesende’ ,2, 59-69.

 

 



Secondo Giametta “il vero eterno ritorno è solo quello delle forme vitali…con individui sempre diversi, sempre nuovi; è solo quello omerico, delle foglie che sostituiscono a primavera le foglie cadute in autunno”[8]. Io penso piuttosto al grano.

La morte e resurrezione dei vari Adoni, Cristo compreso, è simbolica del ciclo delle messi, come racconta Ammiano Marcellino :" Evenerat autem isdem diebus annuo cursu completo, Adonea rito veteri celebrari , amato Veneris, ut fabulae fingunt, apri dente ferali deleto, quod in adulto flore sectarum est indicium frugum "(XXII, 9, 15). Avveniva poi in quei medesimi giorni che, compiuto il corso dell'anno (il 361 d. C.), si celebravano secondo l'antico rito le feste per Adone, amato da Venere e ucciso dal dente di un cinghiale selvaggio, il che è simbolo delle messi recise quando sono mature.

 

Nell'Iliade  (VI, vv. 145-149)  Glauco dice a Diomede:

"Tidide magnanimo, perché mi domandi la stirpe?

oi[h per fuvllwn genehv, toivh de; kai; ajndrw'n",

quale è la stirpe delle foglie, tale è anche quella degli uomini.

Le foglie alcune ne sparge il vento a terra, altre la selva

fiorente genera quando arriva il tempo di primavera;

così le stirpi degli uomini: una nasce, un'altra finisce" .

 

 “Lo Zarathustra è l’esplosione del genio linguistico di Nietzsche e più in generale del suo genio morale e artistico”[9].

“Che il filosofare di Nietzsche fosse determinato da un interesse morale non sfuggì ai suoi primi commentatori. Bruno Bauer, per esempio, lo definì “il Montaigne, il Pascal e il Diderot della Germania…i grandi moralisti (Nietzsche pone al di sopra di tutti lo storico Tucidide) hanno sempre contemplato l’uomo sub specie aeternitatis, sia pure mirando al comportamento pratico.”[10].

Rispetto a Pascal però Nietzsche antepone l’individuo alla specie. “Se il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce, secondo la celebre frase di Pascal, è perché la ragione è dell’individuo, il cuore della specie”[11].

“Per la verità la specie ha bisogno di eroi della conoscenza, di eroi che vi si appassionino, vi si dedichino e vi si offrano in olocausto, a maggior gloria e incremento dell’umanità. Un tale eroe della conoscenza fu Nietzsche”[12].

 

Anch’io sono stato agli inferi, come Odisseo, e ci tornerò ancora più volte, e non solo montoni ho sacrificato per poter parlare con i morti; bensì non ho risparmiato il mio stesso sangue”. Nietzsche menziona 4 coppie che non si sono negate a lui quando sacrificava: Epicuro e Montaigne, Goethe e Spinoza, Platone e Rousseau, Pascal e Schopenhauer. “Su questi otto  fisso gli occhi e vedo i loo fissi su di me.  Vogliano i vivi perdonarmi se essi talvolta mi sembrano delle ombre, così sbiaditi e aduggiati (…) è l’eterna vitalità che conta!”[13]. Wille zum leben, volontà di vivere.

 

 

Lo Zarathustra è’ un libro oscuro la cui “oscurità è determinata dalla densità dei significati”[14]. La quarta e ultima parte uscì nel 1885 a spese dell’autore.

 

Ci entrano anche Eraclito e la Stoà: “ Nella vicinanza di Eraclito sento più calore e mi sento di miglior umore che ovunque altrove. L’affermazione del flusso e dell’annientare che è il carattere decisivo in una filosofia dionisiaca, il sì al contrasto e alla guerra, il divenire, con il rifiuto radicale perfino del concetto di “essere”- in questo io debbo iconoscere quanto di più affine a me sotto ogni aspetto sia mai stato pensato finora. La dottrina dell’”eterno ritorno”, cioè della circolazione incondizionata e infinitamente ripetuta di tutte le cose-questa dottrina di Zarathustra potrebbe essere già stata insegnata da Eraclito. Per lo meno se ne trovano tracce nella Stoa, che ha ereditato quasi tutte le concezioni fondamentali di Eraclito”[15].

Il Lovgo~ è l’ajrchv, il principio del divenire che scorre kata; to;n lovgon tovnde, secondo questa ragione appunto, il cui fenomeno è il fuoco[16], ma gli uomini ne sono ajxuvnetoi, incapaci di comprenderla, nonostante le loro esperienze e la lezioni magistrali Eraclito (ejgw; dihgeu'mai)  poiché a loro sfugge quanto fanno da svegli e dimenticano quanto fanno dormendo.  

Sulla scia di Eraclito, “Zenone spiegò esplicitamente la physis come una forza che, al modo dell’artista, crea coscientemente. E’ “il fuoco artefice che metodicamente procede alla creazione”, pu'r tecniko;n oJdw'/ badivzon eij~ gevnesin. La physis è dunque, per quanto legata alla materia, un principio spirituale che plasma conformemente a ragione la materia. La physis non è altro che il logosLogos e materia sono i due aspetti di un unico essere, di un’unica oujsiva”.  (Pohlenz, La Stoa, p. 127)   

 

Nella Stoà c’è l’ ejkpuvrwsi" la conflagrazione universale, cui segue, il ritorno delle stesse cose e persone.

Cf. anche Seneca Ad Marciam omni flagrante materia (26)

Nietzsche crede in un ritorno della cultura dionisiaca e nel ritorno dello spirito greco.

 

Per Nietzsche “L’eterna ripetizione di ciò che accade è insieme un compito da realizzare e un fatto ineluttabile”[17].

 

“Eterno ritorno significa anche tornare a rivolgersi alle cose eterne (…) I filosofi greci chiamavano questa conversione verso l’origine epistrophé, “rivolgimento”, torsione, curva improvvisa”[18].

La concezione lineare del tempo significa che ogni momento divora il precedente come un padre ed è divorato dal successivo come da un figlio, secondo un processo che Vattimo ha denominato “struttura edipica del tempo”.

Credere nell’eterno ritorno significa credere nel divenire innocente e dionisiaco delle cose.

“Giacché soltanto nei misteri dionisiaci, nella psicologia dello stato dionisiaco si esprime il fatto fondamentale dell’istinto ellenico-la sua “volontà di vivere”. Che cosa si garantivano i Greci con questi misteri? La vita eterna, l’eterno ritorno della vita…il trionfante sì alla vita oltre la morte e il mutamento”[19].

Pasolini trova che sia soprattutto la ciclicità a distinguere la religione dionisiaca da quella cristiana:" Nell'universo contadino Cristo è stato assimilato a uno dei mille adoni o delle mille proserpine esistenti: i quali ignoravano il tempo reale, cioè la storia. Il tempo degli dèi agricoli simili a Cristo era un tempo "sacro" o "liturgico" di cui valeva la ciclicità, l'eterno ritorno. Il tempo della loro nascita, della loro azione, della loro morte, della loro discesa agli inferi e della loro resurrezione, era un tempo paradigmatico, a cui periodicamente il tempo della vita, riattualizzandolo, si modellava. Al contrario, Cristo ha accettato il tempo "unilineare", cioè quella che noi chiamiamo storia. Egli ha rotto la struttura circolare delle vecchie religioni: e ha parlato di un "fine", non di un "ritorno"[20].

Agostino “mette in guardia i cristiani contro la concezione circolare dei Greci: per lui la recta via era insieme un’immagine del tempo e un’immagine della salvezza: ‘nostram simplicem pietatem, ut cum illis in circuitu ambulemus, de recta via conantur avertere’[21].

E’ nel De civitate Dei  (XII, 18, 2) che il vescovo di Ippona condanna gli empi (impii) che cercano di traviare la nostra fede semplice per farci errare con loro nel circolo.

Bologna 4 febbraio 2022 ore 10, 03

giovanni ghiselli

p. s

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[1] Trattato in due libri, dell'84 a. C.

[2]Crepuscolo degli idoli , Quel che debbo agli antichi, 4.

[3]Annales , III, 55. :"Nisi forte rebus cunctis inest quidam velut orbis, ut quem ad modum temporum vices ita morum vertantur "(Annales , III, 55), forse in tutte le cose c'è una specie di ciclo, in modo che, come le stagioni, così si volgano le vicende alterne dei costumi.

[4]Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio , I, 2.

[5] De republica  (del 51 a. C.) , I, 45.

[6] Santo Mazzarino,  Il Pensiero Storico Classico ,  II, 2, p. 82.

[7] Così parlò Zarathustra, del 1883, Il convalescente, 2.

[8] Introduzione a Nietzsche, p.401.

[9] Sossio Giametta, Il bue squartato, p. 59.

[10] Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 385. e p.387.

[11] Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 390-

[12] Giametta, ibi, p. 393.

[13] Umano, troppo umano II, Parte prima 1878. Opinioni e sentenze diverse, 408

[14] S. Giametta, Introduzione a Nietzsche, p. 362.

[15] Ecce homo (1889)  La nascita della tragedia, 3.

[16] Sulla scia di Eraclito, “Zenone spiegò esplicitamente la physis come una forza che, al modo dell’artista, crea coscientemente. E’ “il fuoco artefice che metodicamente procede alla creazione”, pu'r tecniko;n oJdw'/ badivzon eij~ gevnesin. La physis è dunque, per quanto legata alla materia, un principio spirituale che plasma conformemente a ragione la materia. La physis non è altro che il logosLogos e materia sono i due aspetti di un unico essere, di un’unica oujsiva”.  (Pohlenz, La Stoa, p. 127)   

 

[17] Gianni Vattimo, Dialogo con Nietzsche, saggi 1961-2000, p. 13.

[18] J. Hillman, La forza del carattere, p. 189.

[19] Crepuscolo degli idoli, Quel che debbo agli antichi, 4.

[20] Scritti corsari , p.108.

[21] A. Momigliano, La storiografia greca, p. 72

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