Del resto la stilizzazione eroica, lo stile dell’eroe, e pure quello dell’impotente farabutto, si può imparare anche dalla poesia che precede la storia: Giambattista Vico afferma che "la storia romana si cominciò a scrivere da' poeti", e inoltre, utilizzando un passo di Strabone (I, 2, 6) sulla continuità tra l'epica ed Ecateo, :"prima d'Erodoto, anzi prima d'Ecateo milesio, tutta la storia de' popoli della Grecia essere stata scritta da' lor poeti"[1].
Posso fare l’esempio di Omero per i Greci, Omero utilizzato da anche “politicamente”Tucidide nella sua “archeologia”, poi quelli di Nevio ed Ennio per i Latini.
Come Plutarco, anche Machiavelli propone modelli da imitare: “debbe uno uomo prudente intrare sempre per vie battute da uomini grandi e quelli che sono stati eccellentissimi imitare” (Il Principe, VI).
Pure Guicciardini ricava insegnamenti dalla storia e dagli storiografi: “Insegna molto bene Cornelio Tacito a chi vive sotto a’ tiranni el modo di vivere e governarsi prudentemente, così come insegna a’ tiranni e modi di fondare la tirannide”[2].
Tuttavia in un altro dei Ricordi (110) + scrive: “Quanto si ingannano coloro che a ogni parola allegano e Romani! Bisognerebbe avere una città condizionata come era la loro, e poi governarsi secondo quello essemplo: el quale a chi ha le qualità disproporzionate è tanto disproporzionato, quanto sarebbe volere che uno asino facessi il corso di uno cavallo”.
Ci vuole la discrezione suggerita di recente anche dal Papa.
Nietzsche suggerisce altri storiografi esemplari, oltre Plutarco. In particolare ammira Tucidide, Tacito e Machiavelli per il loro stile e per il realismo il quale fa apparire"più conveniente andare drieto alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa"[3] .
Questa scelta ha un correlativo stilistico.
Riferisco una serie di osservazioni che trovo azzeccatissime.
In Umano, troppo umano [4] si legge:"Lo stile dell'immortalità . Tanto Tucidide quanto Tacito-entrambi hanno pensato, nel redigere le loro opere, a una durata immortale di esse: ciò si potrebbe indovinarlo, se non lo si sapesse altrimenti, già dal loro stile. L'uno credette di dare durevolezza ai suoi pensieri salandoli, l'altro condensandoli a forza di cuocerli; e nessuno dei due, sembra, ha fatto male i suoi conti”[5].
" Un giudizio non lontano da quello di Quintiliano :"densus et brevis et semper instans sibi Thucydides "[6], denso, conciso e sempre presente a se stesso.
Francesco de Sanctis trova nel Machiavelli “la negazione più profonda del Medio Evo…il lato positivo del materialismo italiano: un andar più dappresso al reale e all’esperienza”[7].
A proposito di brevis: “ Il sale del discorso. Nessuno ha ancora spiegato perché gli scrittori greci abbiano fatto dei mezzi di espressione, di cui disponevano in quantità e forza sbalorditive, un uso così straordinariamente parco, che al paragone ogni libro posteriore ai Greci appare sgargiante, variopinto e sforzato (…) Lo stile sovraccarico . Lo stile sovraccarico in arte è la conseguenza di un i mpoverimento della forza di sintesi (…)
Così è per Shakespeare, che, paragonato con Sofocle, è come una miniera piena di un'immensità di oro, piombo e ciottoli, mentre quello non è soltanto oro, ma oro lavorato nel modo più nobile, tale da far dimenticare il suo valore come metallo”[8].
“Quello che sanno parlare bene, parlano brevemente”[9], dice Pjotr Stepanovič.
Paura della luce, paura della verità
“Avversione alla luce. Si scopre di solito quanto agli uomini sia più gradita l’incertezza dell’orizzonte intellettuale e come essi in fondo alla loro anima odino la verità a causa della sua determinatezza. Dipende ciò dal fatto che essi hanno tutti, a loro volta, segretamente paura che si possa far cadere troppo chiaramente su di loro la luce della verità? Essi vogliono significare qualcosa, per conseguenza non si deve far sapere con esattezza quello che sono? O è solo l’avversione alla luce troppo chiara a cui le loro crepuscolari e facilmente abbacinabili anime di pipistrelli non sono avvezze, sicché devono odiarla?”[10].
Lo dice con maggiore chiarezza Giovanni: “kai; hjgavphsan oiJ a[nqrwpoi ma'llon to; skovto" h]to; f'w'": h\n ga;r aujtw'n ponhra; ta; e[rga”, et dilexerunt homines magis tenebras quam lucem; erant enim eorum mala opera N. T. III, 19. Parole citate da Leopardi come epigrafe del canto La ginestra (1835)
Nel Crepuscolo degli idoli [11] Tucidide è indicato addirittura come terapia contro “ogni platonismo”:
“Platone è noioso. Infine la mia diffidenza contro Platone va in profondità. Lo trovo così aberrante da tutti gli istinti fondamentali degli Elleni, così moralizzato , così cristiano ante litteram che di fronte al fenomeno Platone adopererei l’espressione di “alto imbroglio” , oppure quella di idealismo (…) Il mio ristoro, la mia predilezione, la mia terapia contro ogni platonismo è sempre stato Tucidide . Tucidide e, forse, Il Principe di Machiavelli mi sono particolarmente affini per l'assoluta volontà di non crearsi delle mistificazioni[12] e di vedere la ragione nella realtà -non nella "ragione", e tanto meno nella "morale"...In lui la cultura dei sofisti , voglio dire la cultura dei realisti giunge alla sua compiuta espressione : questo movimento inestimabile, in mezzo alla truffa morale e ideale delle scuole socratiche prorompenti allora da ogni parte. La filosofia greca come décadence dell'istinto greco: Tucidide come il grande compendio, l'ultima rivelazione di quella forte, severa, dura oggettività che era nell'istinto dei Greci più antichi. Il coraggio di fronte alla realtà distingue infine nature come Tucidide e Platone: Platone è un codardo di fronte alla realtà-conseguentemente si rifugia nell'ideale; Tucidide ha il dominio di sé -tiene quindi sotto il suo dominio anche cose". Quel che debbo agli antichi , 2
Tucidide dunque esclude il mito: “e la mancanza del favoloso di questi fatti to; mh; muqw'de" aujtw'n, verosimilmente, apparirà meno piacevole all'ascolto. Ma sarà sufficiente che li giudichino utili quanti vorranno esaminare la chiarezza degli avvenimenti accaduti e di quelli che potranno verificarsi ancora una volta, siffatti o molto simili, secondo la natura umana I 22, 4
“Platone rifuggì dalla realtà e volle contemplare le cose solo nelle esangui immagini del pensiero”[13].
Tucidide cerca la causa più vera dei fatti:" Io considero la causa più vera ma meno dichiarata a parole il fatto che gli Ateniesi, divenendo potenti e incutendo timore agli Spartani, li costrinsero a combattere" I 23, 6. Th;n me;n ga;r ajlhqestavthn provfasin: la causa più vera distinta dai motivi occasionali (aijtivai, più avanti: i fatti di Corcira, di Potidea, poi il decreto di boicottaggio delle merci di Megara alle quali vennero chiusi i mercati ateniesi ) che provocarono lo scoppio del conflitto.
Anche nel caso della spedizione in Sicilia Tucidide chiama "la causa più vera" con con queste stesse parole:" oiJ jAqhnai'oi strateuvein w{rmhnto, ejfievmenoi me;n th'/ ajlhqestavth/ profavsei th'" pavsh" a[rxai"(VI, 6) gli Ateniesi volevano inviare la spedizione, desiderando secondo la causa più vera dominarla tutta. Il nobile pretesto era invece che volevano portare aiuto alle genti della loro stirpe e agli alleati che avevano acquistato là.
Bologna 2 febbraio 2022 ora 19, 28
giovanni ghiselli
p. s.
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[1]La Scienza Nuova , Pruove filologiche, III e VIII.
[2] Ricordi, 18. La redazione definitiva dei Ricordi è del 1530.
[3]Machiavelli Il Principe , XV.
[4] . Esce nel maggio del 1878 con dedica a Voltaire.
[5] Il viandante e la sua ombra, 144
[6]Institutio oratoria , X, 73.
[7] Storia della letteratura italiana, 1, p. 421
[8] F. Nietzsche, Umano, troppo umano, II, Opinioni e sentenza diverse (112, 117, 162).
[9] Dostoevkij, I Demoni, p. 223.
[10] Umano, troppo umano II (1878), Opinioni e sentenze diverse. 7
[11] Uscito nel 1888.
[12] Cfr to; mh; muqw'de", Tucidide, I, 22, 4. ndr
[13] Aurora, libro quinto, aforisma 448.
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