Eroismo e nobiltà di Polissena. Infuriamento di Ecuba che punisce Polimestore il quale uccise suo figlio Polidoro.
Giacerò al buio con i morti, dice Polissena a Ecuba, eppure con
questi lamentosi canti funebri piango la tua sorte madre, non
la mia vita lwvban luvman t j , oltraggio e vergogna; per me morire e
la congiuntura migliore- qanei'n moi-xuntuciva kreivsswn (214-215)
Allora la madre supplica Odisseo di non ammazzare la fglia
con un verso che è un'alta espressione di umanesimo in
favore della vita:"mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (v. 278),
non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Grazie a lei io giosco-gevghqa-e dimentico i mali kajpilhvqomai
kakw'n (279), lei per me è la consolazione moi parayuchv di
molte sventure, lei è povli", tiqhvnh, bavktron, hjgemw;n oJdou' (281)
patria, nutrice, bastone, guida della strada.
Ma odisseo non le dà retta e la vecchia regina deplora le proprie parole gettate al vento invanolovgoi pro;" aijqevra-frou'doi mavthn (334-335) e consiglia alla figlia giovane e bella –ei[ ti meivzw duvnamin h] mhvthr e[cei" (336) di provare ad autodifendersi : impegnati, per non essere privata della vita, a lanciare trilli come la bocca di un usignolo-ws{ t j ajhdovno" stovma fqogga;" iJei'sa (337-338). Convinci Odisseo ad avere pietà.
Polissena dice a Odisseo che non deve temere di venire importunato da suppliche. Ti seguirò per via della necessita, poi sono io che voglio morire qanei'n te crhv/zomai (347).
Se non lo volessi, continua Polissena, kakh; fanou'mai kai;
filovyuco" gunhv (348) apparirò quale donna vile e attaccata
alla vita. Vengo da una condizione principesca, una ragazza h|/
path;r h\n a[nax-Frugw'n ajpavntwn (349-350) il cui padre era il signore di tutti i Frigi, e dovevo sposare un
re. Avevo molti pretendenti. Ero i[sh qeoi'si plh;n to; katqanei'n
movnon (356), simile alle dèe a parte che sarei dovuta morire,
nu'n d j eijmi; douvlh, ora invece sono una schiava. Basta questo nome cui non sono avvezza a farmi amare il morire. Non posso essere
comprata per denaro, io, la sorella di Ettore e di molti altri
eroi, addetta alla necessità di fare il pane,- prosqei;" d j ajnavgkhn sitopoiovn ejn dovmoi", 362, di spazzare la casa- saivrein
te dw'ma- e stare al telaio 363.
Uno schiavo comprato da qualche parte dou'lo" wjnhtov" povqen
insozzerà il mio letto- levch de; tajma; cranei' , che una volta era
considerato degno di principi. Mando fuori dagli occhi una luce
libera attribuendo il mio corpo all’Ade (367).
Polissena quindi chiede alla madre di non impedirle quanto ha deciso, di non ostacolarla: mhde;n ejmpodwvn gevnh/ (372), anzi di condividere la sua volontà: morire è meglio
che subire turpitudini immeritate (374). Chi non è abituato ad
assaggiare i mali li porta sul collo con sofferenza e si sente
più fortunato morendo.
La giustifcazione estetica della vita umana, il culto della
bellezza, è un'altra delle ragioni per cui i Greci sono nostri
padri spirituali.
Soltanto nella bellezza si può tollerare il dolore di vivere,
afferma Polissena quando antepone una morte dignitosa a
una vita senza onore:"to; ga;r zh'n mh; kalw'~ mevga~ povno~, (Ecuba ,
v. 378), vivere senza bellezza è un grande tormento.
Il coro commenta queste parole dicendo che nascere da
persone nobili lascia un forte e chiaro segno-carakthvr-, ma il
nome della nobiltà diventa più grande per chi se ne fa degno
(380-381)
Ecuba si rivolge a Odisseo e prova a stornare la morte dalla
fglia su se stessa: thvnde me;n mh; kteivnete (385), non
ammazzate questa, ejgw; jtekon Pavrin io ho partorito Paride
che ha ucciso il fglio di Tetide tovxoi" balwvn, colpendolo con le
frecce (388).
Ecuba replica che sente grande necessità pollh; ajnavgkh di
morire con la figlia, ma Odisseo risponde sprezzantemente
che non sapeva di avere dei padroni.
La madre allora dice che vuole attaccarsi alla figlia ojpoi'a kisso;" druov", come l’edera alla quercia (398).
Polissena suggerisce a Ecuba di non opporsi per non suscitare
la violenza dei più forti- suv t j w\ tavlaina toi'" kratou'si mh; mavcou
(404). Farebbero scempio del tuo vecchio corpo. La figlia
chiede alla madre piuttosto un gesto di affetto: hJdivsthn cevra-dov",
dammi la tua dolcissima mano e lascia che accosti la mia guancia alla tua (410) poiché non succederà più, ma presto io vedrò il radioso cerchio del sole per l’ultima volta (412). Il sole come sempre è la vita. Poi a[peimi kavtw, me ne vado di sotto- a[numfo" ajnumevnaio" w|n m j ejcrh'n tucei'n (416) senza sposo né i canti nuziali che avrei dovuto ottenere.
Cfr. Sofocle, Antigone, a[gamo"...ajnumevnaio" vv. 867 e 876).
Polissena chiede alla madre cosa debba dire a Ettore e Priamo.
Riferisci, risponde Ecuba, che io sono la piu disgraziata di tutti-a[ggelle pasw'n ajqliwtavthn ejmev (423). La ragazza menziona con gratitudine i seni della madre mastoiv che l’hanno nutrita con dolcezza hjdevw" (424). continua
Pesaro 7 luglio 2022 ore 18, 30
giovanni ghiselli
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