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domenica 3 luglio 2022

IL TEMPO E L’ ALTRO seconda parte.


Emmanuel Levinas.

Postfazione di Francesca Nodari-

 

Veniamo al capitolo L’Eros  del libro di Levinas pagine 83-91.

 

“La contrarietà che permette al termine di restare assolutamente altro è la femminilità” (p. 83)

 

In certi casi le donne deplorano determinati aspetti di una alterità sociale tra i generi che allora sembrava irriducibile

Sentiamo la Medea di Euripide che lamenta la condizione della donna e chiede solidarietà alle Korivnqiai gunai`ke~:

“Fra tutti gli esseri, quanti sono vivi e hanno raziocinio,

 noi donne siamo la creatura più tribolata:

noi che innanzitutto dobbiamo comprare un marito povsin privasqai

con gran dispendio di ricchezze, e prenderlo come padrone

 del corpo, e questo è un male ancora più doloroso del male. 

E in questo sta la gara massima ajgw;n mevgisto~ , prenderlo cattivo 235

 o buono. Infatti non danno buona fama le separazioni ajpallagaiv

alle donne, e non è possibile ripudiare lo sposo.

 Quella poi giunta tra nuovi costumi e leggi,

bisogna che sia un'indovina, se non ha appreso da casa

  con quale atteggiamento tratterà nel modo più appropriato il marito.

E se con noi che ci affatichiamo in questo con successo,

il coniuge convive, sopportando il giogo non per forza,

 la vita è invidiabile; se no, bisogna morire.

 Un uomo poi , quando gli pesa stare insieme a quelli di casa,

 uscito fuori, depone la noia dal cuore 245

(volgendosi a un amico o a un coetaneo);

 per noi al contrario è necessario mirare su una sola persona.

Dicono di noi che viviamo una vita senza pericoli

 in casa, mentre loro combattono con la lancia,

 pensando male: poiché io tre volte accanto a uno scudo

 preferirei stare che partorire una volta sola “.  (Euripide, Medea, 230- 251)

 

“La differenza dei sessi è una struttura formale, che però divide la realtà in un altro senso e condiziona la possibilità stessa di intendere la realtà in termini di molteplicità, contro l’unità dell’essere proclamata da Parmenide” (p. 84)

 

Non si deve intendere l’amore come fusione.

 

Un esempio di questo intendimento, di questa intenzione, si trova nell’opus maximum di Dostoevskij, quando Dimitri Karamazov dice :"questo amore mi tortura, mi tortura! (...) Prima, mi facevano languire soltanto le flessuosità del suo[1] corpo infernale, ma adesso tutta la sua anima l'ho trasfusa nella mia, e grazie a lei anch'io sono diventato un uomo!"[2].

C'è una versione omosessuale di questa trasfusione di anime  nel Satyricon

:"qualis nox fuit illa, di deaeque,/quam mollis torus. haesimus calentes/et transfudimus hinc et hinc labellis/errantes animas. valete, curae/mortales. ego sic perire coepi " ( 79, 8), che notte fu quella, dei e dee, che morbido letto. ci stringemmo ardenti e ci trasfondemmo con le labbra a vicenda le anime deliranti. addio, affanni mortali. così io cominciai a morire. Si tratta dell'amore tra Encolpio e Gitone insidiato del resto da Ascilto.

 

Torniamo a Levinas: “Ora, dire che la dualità sessuale presuppone una totalità significa porre in partenza l’amore in termini di fusione.  Il carattere patetico dell’amore consiste nella dualità insuperabile degli esseri. E’ una relazione con ciò che si sottrae per sempre. La relazione non si neutralizza ipso facto l’alterità si conserva (p. 85)

 

L’alterità insuperabile è sicuramente quella del parto.

Certi uomini però non si rassegnano a questa dualità.

Nell'Ippolito di Euripide, il protagonista, sdegnato con la matrigna, è talmente disgustato e terrorizzato dalle donne,  ingannevole male per gli uomini (" kivbdhlon ajnqrwvpoi"  kakovn ", v. 616), male grande ("kako;n mevga", v. 627), creatura perniciosa, o, più letteralmente, frutto dell'ate[3] ("ajthrovn[4]...futovn", v. 630), che auspica la loro collocazione presso muti morsi di fiere (vv. 646-647) e la propagazione della razza umana senza la partecipazione delle femmine umane.

Traduco alcune parole del "puro" folle che dà in escandescenze:

 "O Zeus perché ponesti nella luce del sole le donne, ingannevole male per gli uomini?

Se infatti volevi seminare la stirpe umana, non era necessario ottenere questo dalle donne , ma bastava che i mortali mettendo in cambio nei tuoi templi oro e ferro o un peso di bronzo, comprassero discendenza di figli, ciascuno del valore del dono offerto, e vivessero in case libere, senza le femmine. Ora invece quando dapprima stiamo per portare in casa quel malanno, sperperiamo la prosperità della casa" (Ippolito, vv. 616-626).

 

Questa fantasia misogina e contro natura si trova anche in altri testi.

Li ricordo perché facciano riflettere quanti calunniano e sottovalutano ancora le donne. 

Nell'Orlando furioso (1532) troviamo echi di questo risentimento contro le donne, messi in bocca al personaggio di Rodomonte, scartato da Doralice.

Prima il"Saracin" biasima---l'instabilità e la perfidia delle donne:" Oh feminile ingegno,-egli dicea-/come ti volgi e muti facilmente[5],/contrario oggetto a quello della fede!/Oh infelice, oh miser [6] chi ti crede!" (27, 117). 

 Quindi Rodomonte  aggiunge il motivo esiodeo della femmina umana imposta come punizione all'umanità maschile:"Credo che t'abbia la Natura e Dio/produtto, o scelerato sesso, al mondo/per una soma, per un grave fio/de l'uom, che senza te saria giocondo:/come ha prodotto anco il serpente rio/e il lupo e l'orso, e fa l'aer fecondo/e di mosche e di vespe e di tafani,/e loglio e avena fa nascer tra i grani" (27, 119). Infine l'amante infelice rimprovera la Natura, come Ippolito e Giasone nella Medea di Euripide, poiché costringe gli uomini a mescolarsi con le donne per la riproduzione:"Perché fatto non ha l'alma Natura,/che senza te potesse nascer l'uomo,/ come s'inesta per umana cura/l'un sopra l'altro il pero, il sorbo e 'l pomo?/Ma quella non può far sempre a misura:/anzi, s'io vo' guardar come io la nomo,/veggo che non può far cosa perfetta,/poi che Natura femina vien detta"(27, 120).

Nel Cimbelino[7] di Shakespeare, Postumo che si crede tradito da Imogene impreca contro le donne e la necessità di mettere al mondo i figli con loro: “Is there no way for men to be, but women-Must be half-workers?We are all bastards,-And that most venerable man, which I-Did call father, was I know not where-When I was stamp’d” (II, 4), non c’è modo per gli uomini di esserci, senza che le donne facciano metà del lavoro? Noi siamo tutti bastardi, e quell’uomo rispettabilissimo che io chiamavo padre, era chissà dove, quando io fui coniato.

Cimbelino continua maledicendo le donne e attribuendo loro tutti i vizi: “ That tends to vice in man, but I affirm- It is the woman’s part: be it lying, note it,-The woman’s: flattering, hers; deceiving, hers:-Lust, and rank thoughts, hers, hers; revenges, hers;-Ambition, covetings, change of prides, disdain,-Nice longing, slanders, mutability;-All faults that name, nay, that hell knows, why, hers-In part, or all: but rather all.” Quello che spinge l’uomo al vizio, io affermo, deriva solo dalla donna: sia esso il mentire, notate, è della donna: la lusinga è sua, l’inganno è suo: la lussuria, i pensieri immondi, suoi, suoi; le vendette, sue; ambizione, bramosie, superbie variabili, disprezzo, bizzarri desideri, calunnie, volubilità; tutte colpe che hanno un nome, anzi che l’inferno conosce, ebbene sono sue, in parte o in tutto: ma piuttosto in tutto.   

 

Un motivo  presente anche nel Paradise Lost (1658-1665) del "puritano d'incrollabile fede"[8] John Milton (1608-1674). In questo poema  Adamo si chiede perché il Creatore, che ha popolato il cielo di alti spiriti maschili, ha creato alla fine sulla terra questa novità, questo grazioso difetto di natura ( this fair defect [9] of Nature ) e non ha riempito subito il mondo con uomini simili ad angeli senza il femminino, o non ha trovato un altro modo per generare l'umanità ("or find some other way to generate Mankind? ", X,  888 e sgg.).

 

   Questo desiderio del maschio deluso è stato realizzato per sé dal Dio biblico che crea il mondo senza alcuna presenza femminile, come fa notare E. Fromm:"Il racconto non ha inizio con le parole:" In principio era il caos, in principio era l'oscurità", bensì, "In principio Dio creò...."-dunque lui solo, il dio maschile, senza intervento né partecipazione da parte della donna-cielo e terra. Dopo l'interruzione di una frase in cui risuonano ancora le antiche concezioni, il racconto prosegue:"E dio disse:"sia la luce", e la luce fu (Gn. 1, 3). Qui in tutta chiarezza compare l'estremo della creazione solamente maschile, la creazione per mezzo esclusivo della parola, la creazione attraverso il pensiero, la creazione attraverso lo spirito. Non si ha più bisogno del grembo materno per generare, non più della materia: la bocca dell'uomo che pronuncia una parola ha la capacità di creare la vita direttamente e senza bisogno d'altro (...) Il pensiero che l'uomo sia in grado di creare esseri viventi soltanto con la sua bocca, con la sua parola, dal suo spirito, è la fantasia più contronatura che sia immaginabile; essa nega ogni esperienza, ogni realtà, ogni condizione naturale, spazza via ogni vincolo posto dalla natura per raggiungere quell'unico  scopo: rappresentare l'uomo come assolutamente perfetto, come colui che possiede anche la capacità che la vita sembra avergli negato: la capacità di generare"[10].

 E meno male che poi "il Signore Dio disse:"Non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile" (Genesi, 2, 23).

 

Atena nasce senza contributo femminile. Nelle Eumenidi di Eschilo Il voto finale è della figlia di Zeus, ed è assolutorio:"io aggiungerò questo voto a quelli in favore di Oreste: infatti madre non c'è che mi abbia generato- “mhvthr ga;r ou[ti~ rjsti;n h{ m’ ejgeivnato”, approvo il maschio in tutto, tranne farmi sposare, con tutto il cuore sono davvero tutta del padre-a{panti qumw`/, kavrta  d’ eimi; tou` patrov~-"(vv.735-738).

Potrei fare altri esempi ma non posso dilungarmi oltre

 

Passiamo quindi alla postfazione di Francesca Nodari su questo argomento

Cito parole dal capitolo 4 L’importanza dell’Altro (pp. 124-128) : “Chiarisce Levinas nei Carnets: “  Un elemento essenziale della mia filosofia-ciò per cui si differenzia dalla filosofia di Heidegger-è l’importanza dell’altro” [11]. All’essere l’uno-con- l’altro di Heidegger, Levinas contrappone l’essere-per-l’altro[12]. L’alterità non è confinata nell’essere a fianco, ma scaturisce dalla relazione asimmetrica tra il Moi e  chi gli sta di fronte nella sua irraggiungibile alterità”.

 

L’Antigone di Sofocle afferma e ribadisce fino alla morte la propria –irraggiungibile alterità- dal potere che ha imposto un ordine iniquo e da quanti gli obbediscono. E’ disposta a morire dopo avere commesso un crimine santo “o{sia panourghvsas j j” (Antigone, 74) contravvenendo al decreto di Creonte che  proibisce di  seppellire Polinice.

Quando Creonte che è fratello di Giocasta, la madre si Antigone e Polinice, domanda alla nipote E tu non ti vergogni se la pensi in maniera diversa da questi?" (510

Antigone risponde:"No perché non è per niente vergognoso onorare quelli nati dalle stesse viscere (511)

Antigone non li lascia costringere a lasciare insepolto il fratello

 

 “Il rapporto di me stesso con l’altro non può però essere annullato fino a diventare una mediazione costrittiva; deve rimanere originario. L’essere –l’uno-con-l’altro heideggerianamente inteso deve significare però anche il potere su tutti gli Altri , incondizionato e necessario, da parte di colui o di colei che estaticamente ‘c’è autenticamente’ . Sia il ‘principio del Führer’, sia il ‘saluto’ (consistente in un’affermazione incondizionata e con ciò priva di predicato ) ‘Heil Hitler’[13], con cui si doveva dare voce all’ ‘essere in quanto tale’, sia anche il potere del ‘Partito’ che non necessitava di alcuna fondazione e a cui non sottostava alcuna limitazione, poterono così ottenere una plausibilità pseudo ‘ontologico-fondamentale’ ”[14]

Di contro per Levinas, l’intersoggettività viene da eros tanto da portare il filosofo ebreo lituano a scrivere nei Carnets: “ Eros come momento centrale”,[15] “Eros alla base del sociale”

Francesca Nodari  inizia il  capitolo successivo (5 Dall’anfibologia dell’istante alla declaustration pp. 128-136)    con queste parole del tutto chiarificatrici: “ Di qui lo schiudesrsi di una fenomenologia del piacere ove alla concezione platonica dell’amore come tensione verso l’uno e quindi fusione dei due, Levinas contrappone l’idea dell’eros come “il fatto essenziale (che) non è che ci sia l’unione di due esseri, ma che ci siano due esseri”[16] (p. 129) continua.

Bologna 3 luglio 2022 ore 16, 41

giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Di Gruscenka.

[2]F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov  (del 1880), parte IV, libro XI, capitolo 4.

[3] L'acciecamento mentale, una smisurata forza irrazionale.

[4] La protagonista dell'Andromaca fa l'ipotesi:" eij  gunaikev~ ejsmen  ajthro;n kakovn "(Andromaca, v. 353), se noi donne siamo un male pernicioso.

[5] Cfr. il già citato "varium et mutabile semper/femina " diVirgilio (Eneide , IV, 569-570).

 

[6] Questo miser risale alla letteratura latina nella quale, a partire da Catullo, dicono alcuni,  assume il significato di persona infelice per l'amore non contraccambiato.  In realtà se ne trovano già diversi esempi in Plauto. Qui ne do un paio:"miseriorem ego ex amore quam te vidi neminem" dice l'anziano Alcesimo al vecchio amico Lisidamo innamorato di Casina (v. 520), non ho mai visto uno più infelice, per amore, di te. Più avanti lo stesso innamorato conferma:"Neque est neque fuit me senex quisquam amator adaeque miser" (685), non c'è e non c'è stato un vecchio innamorato infelice quanto me. 

[7] Del 1610.

[8] C. Izzo, Storia della letteratura inglese, p. 517.

[9] Cfr. questo nesso ossimorico con kalo;n kakovn, bel malanno, sempre riferito alla donna da Esiodo nella Teogonia ( v. 585). Ci torneremo più avanti.

[10]E. Fromm, Amore sessualità e matriarcato , trad. it. Mondadori, Milano, 1997. p. 104 e 105.

[11] E. Levinas, Oeuvres 1, p. 134.

[12] Su questa locuzione che dobbiamo a Bernhard Casper, egli scrive in Sul senso del nostro corpo, in F. Nodari, Massetti Rodella , Roccafranca 2010, pp. 42-44: “Con il nostro intero esserci corporei diveniamo ostaggi per gli uomini ogni volta altri, dei quali abbiamo bisogno per essere realmente uomini. In tedesco per il termine ostaggio (Geisel)  c’è anche il termine Leibsbürge,  che si potrebbe tradurre forse letteralmente: ‘garante col proprio corpo’ . Anche in italiano la ‘s’in ostaggio rimanda all’origine storica di questo termine che è nel fatto che nei trattati di pace tra due popoli nemici , ci si scambiavano i figli dei principi di questi popoli , che risiedevano come ‘ospiti’ alla corte dei principi nemici e divenivano così garanti (Bürgen) con il loro corpo e la loro vita, pegno del fatto che la pace sarebbe stata mantenuta e sarebbe proseguita. Il senso estremo di questo ‘io sono corpo’  è nel fatto che con il nostro esserci corporeo diventiamo pegno per  l’esserci corporeo dell’altro uomo e degli altri uomini, e in questo modo diventiamo pegno del nostro futuro in comune”.

[13] Che già per i bambini era vincolante, sotto pena di esclusione dal ‘popolo’ = ‘comunità di vita’.

[14] B. Casper, Levinas pensatore della crisi dell’umanità, cit., pp. 32-33.

[15] Ouvres, 1, p. 134 . Cfr. su questo punto Id.,  EE p. 88. Rifacendosi all’Autore di Sein und Zeit , Levinas scrive: “Ad Heidegger (…) è sfuggito il carattere originario dell’oppositività e della contraddizione di eros. Solo nell’eros, la trascendenza può essere pensata in modo radicale, solo nell’eros essa può portare all’io che è preso nell’essere , che ritorna finalmente a sé, qualcosa di diverso da questo ritorno. Sbarazzarlo della propria ombra.

[16] E. Levinas (OEuvres 1, p. 119) . Cfr. Levinas dove in TA, p. 84 scrive: “Il carattere patetico dell’amore consiste nella dualità insuperabiledegli esseri  (c.vo nostro.)

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