Voglio rivedere e illustrare questo mito che mi sta molto a cuore poiché insegna che dobbiamo restare fedeli al nostro carattere una volta che l’abbiamo scelto, ossia individuato tra le varie possibilità.
Er, Panfilio di stirpe, era morto in guerra, ma al dodicesimo giorno, quando si trovava già sulla pira, tornò in vita e raccontò quello che aveva visto nell’aldilà (Platone, Repubblica, 614b).
Er disse che l’anima, quando esce dal corpo, si incammina, con molte altre, verso un luogo soprannaturale eij~ tovpon tina; daimovnion , un prato, dove ci sono due voragini (cavsmata. 614c) contigue, nella terra, e altre due nel cielo di fronte, in alto.
In mezzo a queste aperture siedono dei giudici i quali ordinano ai giusti di procedere in alto a destra attraverso il cielo (eij~ dexiavn te kai; a[nw dia; tou` oujranou`) e agli ingiusti di precipitare in basso a sinistra.
A Er i giudici dissero che doveva osservare e divenire nunzio agli uomini delle cose dell’aldilà (a[ggelon ajnqrwvpoi~ genevsqai tw`n ejkei`, 614d).
Er dunque vedeva parte delle anime giudicate che salivano verso il cielo per una delle due voragini volte in alto, parte scendevano nella terra attraverso l’abisso aperto verso il basso, mentre dalle altre due aperture contigue scendevano dall’alto anime pure, e salivano dal basso anime piene di lordura e di polvere (ejk th`~ gh`~ mesta;~ aujcmou` te kai; kovnew~).
Le anime giunte sul prato (eij~ to;n leimw`na, 614e) vi si attendavano come per un consesso festoso e si salutavano, quante si conoscevano.
Quelle che venivano da sotto terra rievocavano piangendo il loro viaggio ipogeo, di mille anni (ei\nai de; th;n poreivan cilievth, 615).
Quelle che venivano dal cielo invece facevano un racconto di delizie e di spettacoli straordinari per la bellezza (eujpaqeiva~ dihgei`sqai kai; qeva~ ajmhcavnou~ to; kavllo~).
I puniti raccontavano che di ogni ingiustizia avevano pagato il fio dieci volte tanto, ossia avevano subito dolori dieci volte maggiori di quelli inflitti, e i premiati corrispettivamente ricordavano che pure i benefici erano stati ricompensati in misura dieci volte maggiore.
Più grandi erano le retribuzioni punitive o gratificanti per l’empietà e la pietà verso gli dèi e i genitori, e per le uccisioni di propria mano.
Un esempio negativo molto evidente di cui Er aveva sentito dire era quello di Ardieo il grande criminale ( jArdiai`o~ oJ mevga~, 615 c). Costui era diventato tiranno in una città della Pamfilia, mille anni prima, e aveva ucciso padre, fratello, non senza molte altre scelleratezze.
Quell’orribile assassino non poteva arrivare nel prato del consesso festoso. Infatti era uno di quelli così inguaribilmente malvagi (ti~ tw`n ou{tw~ ajniavtw~ ejcovntwn eij~ ponhrivan, 615c) che non potevano risalire. La maggior parte di questi incurabili erano tiranni. Quando si avvicinavano alla bocca d’uscita, questa emetteva un muggito (ejmuka`to)
Allora intervenivano uomini a[grioi, diapuvroi ijdei`n (615 e) selvaggi, infuocati a vedersi che afferravano tali delinquenti e li portavano via. I pessimi come Ardieo , venivano legati mani, piedi e testa, buttati a terra, scorticati, trascinati fuori strada su piante spinose e gettati nel Tartaro.
Dopo sette giorni passati nel prato dunque, le anime dovevano viaggiare per quattro giorni finché giungevano in un luogo da dove vedevano dall’alto una luce diritta (fw`~ euquv) distesa per tutto il cielo e la terra (dia; panto;~ tou` oujranou` kai; gh`~) come una colonna (oi|on kivona, 616c), molto simile all’arcobaleno nei colori, ma più fulgida e pura. Questa è l’anima del mondo.
Le anime degli umani camminavano un altro giorno e, arrivati a metà della luce, vedevano teso dalle due estremità il fuso di Ananche (ejk de; tw`n a[krwn tetamevnon jAnavgkh~ a[trakton), l’asse dell’universo attraverso cui avvengono tutti i movimenti circolari. Il fuso aveva otto fusaioli (ojktw; ga;r ei\nai tou;~ xuvmpanta~ sfonduvlou~, 616d), i contrappesi del fuso, racchiusi gli uni negli altri.
Questi fusaioli rappresentano il cielo delle stelle fisse e i sette pianeti. Partendo dall’esterno: Stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, Sole, Luna. Così nel Timeo. E’ l’ordine pitagorico.
Il fuso si volgeva sulle ginocchia di Ananche.
Su ognuno dei fusaioli circolari che rotavano lentamente incedeva in alto una Sirena sumperiferomevnhn (617b) tratta anch’essa nel moto circolare mentre emetteva una voce in armonia con quella delle altre sette.
Le Sirene- un breve excursus-
“Chi sono veramente le Sirene? Esseri oscuri del mondo sotterraneo, come voleva Platone nel Cratilo?[1] O, come Platone stesso, con esemplare sublimazione ed implicita auto-decostruzione, proponeva nella Repubblica, esseri celesti che intonano la musica delle sfere nel mondo futuro[2]; quindi, per un’età successiva, ‘angeli’? Simboli del desiderio mondano e del piacere dei sensi, cortigiane e prostitute, come credeva l’ellenismo, o icone del sapere, sul tipo delle doctae sirenes celebrate da Ovidio?”[3].
Ovidio nel V libro delle Metamorfosi racconta che le doctae Sirenes, figlie di Acheloo, erano compagne di Proserpina quando la figlia di Demetra sparì, cum legeret vernos Proserpina flores (v. 554), mentre raccoglieva i fiori primaverili. Come la Kore scomparve, rapita da Plutone, le Acheloidi la cercarono per tutta la terra, poi vollero volare sul mare sperando di rintracciarla.
Per questo divennero alate. Ma conservarono volti virginei e voce umana (563), perché non perdessero la facoltà del canto, ille canor mulcendas natus ad auras (561), fatto per incantare gli orecchi.
Nell’ultimo libro delle Argonautiche di Apollonio Rodio, Orfeo con il suo canto neutralizza quello delle Sirene appostate sull’isola Antemoessa, usualmente identificata con degli scogli vicini a Sorrento. Esse sembravano in parte uccelli e in parte giovani donne, incantavano e uccidevano con il loro canto, ma la cetra di Orfeo ebbe la meglio sulla voce delle fanciulle che mandavano suoni indistinti. Soltanto Bute ne fu affascinato e saltò in mare: le Sirene lo avrebbero ucciso, ma lo salvò Afrodite, la dea protettrice di Erice e gli assegnò il promontorio Lilibeo per dimora. (Argonautiche, 4, 892 sgg.). Sembra che Apollonio voglia indicare una contrapposizione tra musica benigna e maligna.
Ma torniamo al X libro della Repubblica di Platone.
Le anime dunque vedevano l’asse dell’universo.
Le Moire
Sedevano in trono tre persone diverse dalla folla: le figlie di Ananche, le Moire vestite di bianco e con dei serti (stevmmata, 617c) sul capo.
Queste sono Lachesi, Cloto e Atropo che cantavano sull’armonia delle sirene.
Lachesi cantava ta; gegonovta, il passato, Cloto ta; o[nta, il presente, Atropo ta; mevllonta, il futuro.
Le tre Moire[4] accompagnavano con la mano i moti del fuso.
Le anime dovettero presentarsi a Lachesi, quella che dà le sorti.
Quindi un portavoce (profhvth~) dispose in fila la folla, poi prese delle sorti, dei modelli di vita dalle ginocchia di Lachesi.
Infine il profhvth~ , salito su un’alta tribuna, diede voce al pensiero di Lachesi, la vergine figlia di Ananche ( jAnagkh" qugatro;" kovrh" Lacevsew" lovgo~).
Disse: “Questo è l’inizio di un altro ciclo di mortalità della razza mortale.
, e non sarà il demone a sorteggiare voi, bensì voi sceglierete il demone
( “ oujc uJma'" daivmwn lhvxetai, ajll j uJmei'" daivmona aiJrhvsesqe" (617 e).
Chi è sorteggiato a scegliere per primo, prenda per primo la vita cui sarà congiunto”.
La parola di Lachesi aggiunge che la virtù è senza padrone (ajreth; de; ajdevspoton, 617e) e ciascuno ne avrà di più o di meno, a seconda che la apprezzi o la disprezzi. Responsabile è chi ha fatto la scelta[5], non la divinità” (aijtiva eJlomevnou: qeo;~ ajnaivtio~ (617 e).
Bologna 4 luglio 2022 ore 10, 52
giovanni ghiselli continua
[1] 403d, Sono le sirene ctonie evocate già nella parodo dell’Elena di Euripide dove Elena intona il primo canto cui risponde il coro di donne greche rapite dai corsari e vendute come schiave in Egitto. La figlia di Zeus dunque chiama le Seirh`ne~ (v. 169) pterofovroi neanivde~ ragazze alate (v. 167), vergini figlie della terra parqevnoi Xqono;~ kovrai (v. 168): le invita a venire compagne ai suoi gemiti con il flauto libico o le zampogne , lacrime, canti di pianto accordati con i suoi desolati lamenti, dolori per dolori, canti per canti . Le Sirene erano rappresentate nei monumenti funebri ndr
[2] Nella mito di Er della Repubblica, Platone racconta che l’asse dell’universo, si volgeva sulle ginocchia di Ananche e che il fuso era bilanciato da otto fusaioli, emisferi concentrici su ognuno dei quali incedeva una sirena, tratta anch’essa nel moto circolare, e da tutte otto che erano risuonava una sola armonia ( ejk pasw`n de; ojktw; oujsw`n mivan aJrmwnivan sumfwnei`n, 617b)
[3] P. Boitani, L’ombra di Ulisse, pp. 27-28
[4] Cfr. lagcavnw “ricevo in sorte”, klwvqw, “filo” e trevpw “volgo” preceduto da aj- privativo, quindi l’inflessibile.
[5] E’ l’afferrmazione della responsabilità degli uomini, già fatta da Zeus nel primo canto dell’Odissea:"Ahimé, come ora davvero i mortali incolpano gli dèi! Da noi infatti dicono che derivano i mali, ma anzi essi stessi per la loro stupida presunzione hanno dolori oltre il destino. Così anche ora Egisto oltre il destino si prese la moglie legittima dell’Atride, e lo ammazzò appena tornato,
pur sapendo della morte scoscesa, poiché gliela predicemmo noi,
mandando Ermes, l’Argifonte dalla vista acuta,
di non ammazzarlo e di non corteggiarne la sposa:
infatti da Oreste ci sarà la vendetta dell’Atride,
quando sia adulto e desideri la sua terra.
Così diceva Ermes, ma non persuadeva la mente
Di Egisto, pur pensando al suo bene; e ora tutto insieme ha pagato” (vv. 32-43).
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