Maurizio Bettini
Il grande racconto dei miti classici il Mulino, Bologna, 2014. Seconda parte
IX Meleagro e i suoi zii. p. 109
Meleagro è figlio di Altea e di Eneo (o di Ares che aveva sedotto Altea)
Quando nasce si presentano le tre Parche e dicono alla madre che il figlio vivrà finché un pezzo di legno che brucia nel fuoco non sarà consumato.
La madre spegne il fuoco e mette il legno in un’arca. È un pegno, una contromarca della vita. Una persona ha la sua vita in qualche cosa che la rappresenta o la contiene.
Come il capello rosso di Niso, re di Megara e fratello di Egeo.
Scilla, figlia di Niso si innamorò di Minosse che aveva occupato tutto il litorale. Minosse la convinse a tagliare il capello di Niso. Minosse poi la fece morire legandola alla prua della nave
Gli dei la trasformarono in un gabbiano e Niso in un’aquila marina
Le Parche dunque preannunciano il destino di Meleagro Moi'ra è la parte assegnata a ciacuno di noi. Parca ha a che fare con pario, partorisco.
I Romani le chiamavano anche Fata, destini. Da qui l’italiano fata e l’inglese fairy.
Calidone, in Etolia, è infestata da un cinghiale mandato da Artemide offesa da Eneo.
Uccidere un cinghiale è una prova iniziatica. Cfr. il XIX dell’Odissea dove Ulisse ospite del nonno materno Autolico riceve una ferita sul Parnaso da un cinghiale
Alla caccia di Calidone partecipano Castore e Polluce, gli zii materni di Meleagro, Teseo e Atalanta. Ippomene colpisce il cinghiale ma gli zii di Meleagro lo finiscono.
Vogliono la pelle del cinghiale e Meleagro li uccide.
Altea, come Antigone, sceglie i fratelli e fa morire Meleagro. Apre la cassa, tira fuori il tizzone e lo getta nel focolare
X Dilemmi parentali e uccelli che cantano miti p. 121
Storia della moglie di Intafrene (Erodoto III)
Storia di Antigone
Un proverbio di Crotone: “Mariti mi n’abbrazzu, figghi mi ni fazzu, frati e soru comu fazzu?”
In molte culture è molto forte il rapporto tra il nipote e l’avunculus, lo zio materno
Poi il lutto per Meleagro. Le Meleagridi hanno i capelli sciolti, si battono il petto, si mettono le mani sulla testa. E cantano il qrh'no~, un canto di lutto in forma di cantilena ossessiva e ripetuta
Artemide ebbe pietà delle meleagridi e le trasformò in galline faraone il cui verso fa meleagriv~, ripetendo il proprio nome.
Procne diventata usignolo canta il nome del figlio i[[tu~. Gli uccelli dunque cantano miti.
Ma il mondo di oggi sente solo Jug Jug con orecchie sporche (Eliot) . Alla fine Tereo tentò di ammazzare la moglie e la cognata, ma i tre sciagurati vennero trasformati in uccelli, in usignolo appunto Filomela, in rondine Procne e in upupa Tereo.
Un mito che "ebbe una straordinaria fortuna: Shakespeare, ad esempio, lo tenne certamente presente nella composizione del Tito Andronico, che utilizza in larga parte elementi di questo intreccio"[1]. Ne fa un lungo racconto in esametri Ovidio nelle Metamorfosi [2] (VI, 426-674) cui allude Eliot per significare la decadenza del mito nella ricezione degli uomini moderni: "The change of Philomel, by the barbarous king/So rudely forced; yet there the nightingale/Filled all the desert with inviolable voice/And still she cried, and still the world pursues, /'Jug Jug’to dirty ears" (The Waste Land, vv. 99-103), La metamorfosi di Filomela, dal barbaro re così brutalmente forzata; eppure là l'usignolo riempiva tutto il deserto con voce inviolabile, e ancora ella piangeva e ancora il mondo continua 'Giag Giag’a orecchie sporche.
Il canto della voce inviolabile di Filomela è degradato e dissacrato, poiché suona oramai solo naturalisticamente come un "Jug Jug" per le orecchie inquinate del mondo contemporaneo.
Il mito è anche un modo per dare significati profondi alla natura che ci circonda,
XI Sisifo ingannare la morte è cosa vana p. 131
Eratostene di Cirene erudito e scienziato del III a. C. diceva che si potrà ricostruire il vero itinerario dei viaggi di Ulisse quando si scoprirà come si chiama il ciabattino che ha cucito l’otre di Eolo” (p. 132)
Eolo da Enarete aveva avuto Atamante che da Nefele ebbe Elle e Frisso
Poi si unì a Ino che detestava i nubigeni i quali fuggirono cavalcando l’ariete dal vello d’oro.
Elle cadde in mare, Frisso, giunto nella Colchide, sgozzò il montone il cui vello fu messo da Eeta in un bosco sacro ad Ares custodito da un drago. p. 135
Eolo aveva un altro figlio, Sisifo che incatenò oJ qavnato~ e nessuno moriva più. Ma Ares liberò la morte che afferrò Sisifo. Costui riuscì ancora a tornare sulla terra dicendo alla moglie di non fargli il funerale.
La morte gli disse: vai e puniscila. Tornato sulla terra, morì vecchio e venne condannato alla sua inutile fatica. Tiziano la rappresenta in un quadro del 1548 (Sisifo, Museo del Prado, Madrid), L’altro mito della fatica vana è quello delle Danaidi.
La mitologia greca crea intrecci tra la geografia e i racconti (p. 138)
Ogni regione, quasi ogni località ha il suo mito. Ci sono luoghi fortemente mitici e molto presenti in letteratura come il Citerone (Edipo re, Baccanti) . Oppure Nasso o Dia per Arianna.
XII Alcesti mors mea vita tua. p. 143
Il fatto di resuscitare i morti come faceva Asclepio figlio di Apollo non era gradito agli dèi. Asclepio venne fulminato da Zeus. Apollo per vendetta uccise i Ciclopi che avevano forgiato i fulmini.
L’Alcesti di Euripide celebra l’ospitalità. Inoltre sostiene che si può cedere a un altro un pezzo della propria vita.
Bettini riporta dall’antropologo del Novecento Paul Radin, una preghiera degli indiani Winnebago: quando moriva un giovane chiedevano a Dio che il pezzo di vita non vissuto dal ragazzo potesse essere distribuito tra loro.
Polluce, figlio di Zeus, cedette una parte della sua immortalità al fratellastro castore, figlio di Tindaro.
Cfr. Eneide VI, 121: “si fratrem Pollux alterna morte redemit”, se Polluce con morte alterna riscattò il fratello.
Si pensava che la donna che partoriva gemelli fosse adultera
A Roma si diceva che Faustina avesse generato Commodo, il gemello maschio con un gladiatore.
Il mito di Alcesti può diventare per noi una riflessione sul problema della donazione degli organi.
XIII 161
Gli Argonauti. Lemno e il cattivo odore delle donne.
Pelia era padre di Alcesti ed era figlio di Tiro e di Poseidone
Suo fratello gemello era Neleo. La madre li abbandonò e una cavalla colpì con uno zoccolo uno dei due provocando un livido. Un mandriano li raccolse e chiamò Pelia il contuso (peliov~ significa livido).
Pelia ricevette l’oracolo di guardarsi da un uomo che arriverà con un solo sandalo. Era Giasone e lo mandò nella Colchide.
Argo costruisce la nave la cui polena (parte sporgente della poppa) è tratta dal legno della quercia oracolare di Dodona. Una polena parlante
Equipaggio straordinario: Tifi, timoniere, Calaide e Zete, figli di Borea, Orfeo, poeta e cantore, Castore e Polluce, Telamone, Peleo, Teseo, Linceo che vedeva attraverso i muri. Laerte e Periclimeno. Poi Eracle che con il suo peso fa gemere la nave. Sono i migliori della loro generazione. Si può pensare ai 7 a Tebe o ai Sette Samurai di Akira Kurosawa che si uniscono per difendere dai briganti un villaggio di contadini, poi il film I magnifici Sette, film più o meno plagiato. O anche La sporca dozzina,
Naturalmente gli eroi greci, soprattutto Argo, sono molto più raffinati di quelli americani.
Gli Argonauti sbarcano a Lemno e sentono cattivo odore. Il “codice olfattivo” trasmette dei significati (Levi Strauss). Ci sono solo donne regnate da Ipsipile che aveva risparmiato il padre Toante dal “genericidio”. Le donne puzzano.
C’è dusosmiva, “cattivo odore” causato da ostilità tra i generi.
Il mito spesso è messo in relazione con il rito per raccontarne la fondazione.
XIV Pan signore del delirio 171
Giasone mette in cinta Ipsipile, poi la abbandona. Gli Atìgonauti vanno a Cizico in una penisola della Propontide (mare anteriore rispetto al mar Nero, mar di Marmara) piccolo mare tra l’Ellesponto e il Bosforo.
Gli Argonauti vengono accolti bene da Cizico. Poi ripartono ma il vento li porta indietro, gli amici non si riconoscono e c’è battaglia. Giasone uccide l’ospite Cizico.
Valerio Flacco scrive che Pan aveva gettato l’ebbrezza sulla città smarrita
Lo aveva fatto con un urlo. E’ il panico. To; panikovn, di Pan, un terrore infondato e anche notizia infondata
Pan era un dio minore. Ha zampe caprine, zoccoli, viso brutto, corna.
Gli piacciono le ninfe. Lascivo frequentatore della natura selvaggia.
Inoculava folle energia o anche depressione. La sua ora era la quiete del mezzogiorno. “Nel mondo antico, ma anche e nel folklore europeo, il mezzogiorno era considerato un momento particolarmente pericoloso perché era quello in cui gli esseri demoniaci potevano manifestarsi liberamente, ingannando gli uomini con il loro apparire” (p. 175)
Pan è Dio del mezzogiorno ma anche delle notti “signore delle visioni notturne”.
C’entra anche con i cani aggressivi presi dalla luvssa, la rabbia. Deriva da luvko~, lupo. Il cane si allupa, fa emergere il lupo che si annida in lui.
Era Pan che faceva impazzire i cani. Ermes invece era in grado di farli tacere, era Kunavgch~, strangolatore di cani in quanto proteggeva i ladri
Pan era il dio degli eccessi di pianto, tristezza o ilarità o altro
Provocava anche incubi come Efialte, da ejpiavllw, salto su. Incubare in latino è sedersi sopra, qualcosa che pesa sul petto di chi ha l’incubo.
Monete dell’età di Marco Aurelio mostrano questo Efialte, deforme come Pan. Pan presiedeva anche al passaggio tra il sogno e la veglia
Plutarco racconta la morte di Pan in Il tramonto degli oracoli: Peri; tw'n ejkleloipovtwn crhsthrivwn. Un retore, Epiterse, viaggiava in nave verso l’Italia, quando il vento cessò. La nave fu trascinata da una forza misteriosa verso l’isola di Paxos. Dai boschi dell’isola si senti chiamare Tamus, Tamus. A bordo c’era un pilota egiziano di nome Tamus che rispose
Allora la voce gridò: quando giungerai all’altezza dell’isola di Palote, annuncia con la tua voce che Pan il grande è morto.
Tamus lo fece. Allora si levò un gemito fortissimo
Tiberio chiamò Tamus per interrogarlo e fece molte ricerche
Era stato l’ultimo urlo di Pan
XV Dalle Arpie alle rocce sbattenti 183
Gli Argonauti vanno verso la terra dei Bebrici, in Bitinia. È l’ora di Polluce sfidato da Amico. Amico ha un punto debole, il gomito.
Il punto debole degli eroi li umanizza e li distingue dagli dèi.
Achille, il tallone, Aiace l’ascella.
Poi arrivano in Tracia. A Salmidesso incontrano Fineo. Era cieco perché istigato dalla seconda moglie aveva acciecato i figli. Il contrappasso. orbus indica privato della vista e privato dei figli. Affinità tra occhi e figli.
Fineo può dare indicazioni a Giasone come Proteo a Menelao
Fineo in cambio assegna un compito difficile “liberarlo dalle Arpie”
Mezze donne mezzi uccelli come la Sirene, ma non belle e seducenti, bensì brutte e ripugnanti: insozzavano le mense con i loro escrementi: di nuovo il codice olfattivo.
Bettini pensa alle nubi di storni che si addensano nel cielo e insozzano.
Due poli distanti nella cultura: quello alimentare e quello escrementizio.
Le Arpie mettono insieme quello che deve restare separato.
La confusione è sempre un male
Così fanno le strigae o striges, Petronio le definisce volaticae
Insomma le Arpie sono le antenate delle streghe
Fineo ha sovvertito l’ordine naturale e viene punito dalle Arpioe che mischiano cibo ed escrementi.
I gemelli alati Calaide e Zete le scacciano. Queste si rifugiano nelle isole Strofadi dove disturberanno Enea.
È arrivato il momento di attraversare le Simplegadi, rocce sbattenti.
Alcuni hanno pensato agli iceberg.
Fineo consiglia di far passare una colomba. Questa ci lascia la coda. La nave Argo perde un pezzetto della poppa. Le rocce da questo momento si fermano
XVI Medea e il gigante di bronzo
Arrivano nella Colchide e al fiume Fasi. Terra di stregonerie
Giasone riceve da Eeta il compito difficile: aggiogare tori dagli zoccoli di bronzo, spiranti fianne, dono di Efesto.
Interviene Medea che dà a Giasone un unguento magico con cui spalmarsi
Poi Giasone deve seminare i denti del drago ucciso da Cadmo. Metà dei denti l’aveva avuta Eeta. Ecco la rete della mitologia.
Cadmo e gli Sparti, i seminati, che nati dai denti si uccisero tra loro tranne pochi. Medea suggerisce a Giasone quello che fece Cadmo: gettare dei sassi tra gli uomini armati che cominceranno a combattere gli uni contro gli altri
Sembrano automi privi di consapevolezza. Giasone li stermina
Medea addormenta il drago custode
Poi i due fuggono portandosi dietro Absirto che viene fatto a pezzi e gettato in mare per ritardare l’inseguimento di Eeta
I fuggiaschi arrivano in Ausonia, nel Lazio, al Circeo, dove abita Circe (nell’Odissea è l’isola di Eea). Circe è zia di Medea
Per catarsi viene ucciso un porcellino e bagnati del suo sangue i due assassini. È una ripetizione del crimine con il sostituto animale.
In altre pratiche è il sostituto simbolico del bambino
A Roma se un bambino deperiva in culla si sacrificava un porcellino a Carna, la dea delle parti del corpo indispensabili alla vita, perché chiudesse la porta alle striges.
Ovidio (fasti, 6, 101) la identifica con Càrdea, la dea dei cardini.
Poi lo scoglio delle Sirene, poi i Feaci dove Arete unisce i due in matrimonio, quindi Creta le cui coste sono vegliate da Talos, un gigante mostruoso.
Una specie di automa, cratura di Efesto. Il corpo di Talos era di bronzo
Talos ha un punto debole: una caviglia. Medea lo stordì ed egli urtò la caviglia contro una roccia e morì dissanguato.
XVII Che cosa cantavano le sirene?
Erano donne uccello e Orfeo le vinse
XVIII Il calderone e “le Medee”
Medea e Giasone arrivano a Iolco dove Pelia aveva ucciso Esone e pure Promaco, fratello di Giasone. La madre si era uccisa
Medea uccide Pelia facendolo a pezzi e gettandolo
nel calderone. Anche Pelope fatto a pezzi da Tantalo finì nel calderone quando gli dei vollero risuscitarlo
Anche Dioniso racconta Firmico Materno, un autore latino, fu fatto a pezzi dai Titani spinti dalla gelosia di Era. Giove poi lo risuscitò e fece morire i Titani
A Corinto Giasone lascia Medea per sposare Creusa (detta anche Glauce), un buon partito. Non poche volte la regalità passa da suocero a genero (Enea sposa Lavinia figlia del re Latino) Medea è barbara: entra anche il tema della cittadinanza
La barbara per un greco va bene come concubina, non come moglie legittima
Una storia truce si trova anche nel mito di Procne, figlia di Pandione, re di Atene, sposata a Tereo re di Tracia. Tereo violenta Filomela che era andato a prendere per portarla alla sorella, poi le taglia la lingua
Filomela ricama questo misfatto sul peplo. Procne uccide Iti e lo dà da mangiare a Tereo. L’uomo diventa un’upupa, Procne un usignolo, Filomela una rondine, In aggiunta qui c’è il cannibalismo, come nella storia di Atreo Tieste e l’adultera Aerope
Tereo come ultima parola dice pou', pou` dove dove, dove è la moglie da punire; Procne dice i[tu~, i[tu~ cercando il figlio e Filomela priva di lingua. cerca di pronunciare il nome del suo violentatore e dice Terèu. Threuv~.
Cfr jug jug to dirty ears di Eliot
Ne fa un lungo racconto in esametri Ovidio nelle Metamorfosi [3] (VI, 426-674) cui allude Eliot per significare la decadenza del mito nella ricezione degli uomini moderni: "The change of Philomel, by the barbarous king/So rudely forced; yet there the nightingale/Filled all the desert with inviolable voice/And still she cried, and still the world pursues, /'Jug Jug’to dirty ears" (The Waste Land, vv. 99-103), La metamorfosi di Filomela, dal barbaro re così brutalmente forzata; eppure là l'usignolo riempiva tutto il deserto con voce inviolabile, e ancora ella piangeva e ancora il mondo continua 'Giag Giag’a orecchie sporche.
Il canto della voce inviolabile di Filomela è degradato e dissacrato, poiché suona oramai solo naturalisticamente come un "Jug Jug" per le orecchie inquinate del mondo contemporaneo.
Perché la madre ammazza il figlio? Il complesso di Medea
Il mondo patrilineo vede nel figlio un doppio del padre
Catullo nella poesia nuziale per Manlio Torquato e Vinia Aurunculeia augura che il figlio assomigli al padre.
Anche Astianatte secondo Andromaca ha lo stesso volto, incedere, il modo di tenere le mani del padre
Bologna 4 luglio 2022 ore 9, 31
giovanni ghiselli
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