Alcuni momenti e aspetti politicamente cruciali
L’Andromaca risale ai primi anni della guerra del Peloponnes ed è una tragedia fortemente antispartana. La propagandaè una delle armi della guerra che sono fatte anche di quanto si dice: fama bella constant.
Menelao, lo spartano, è un pessimo personaggio nell’Andromaca: in questa tragedia il re di Sparta perseguita la vedova di Ettore la quale lo apostrofa dandogli del fau`lo~ (v. 325), della nullità, e del pallone gonfiato dalla dovxa, la reputazione, che gonfia appunto la vita di tanti uomini che non valgono nulla: “oujde;n gegw`si bivoton w[gkwsa~ mevgan”(v. 320).
Più avanti Peleo si scaglia contro Menelao chiamandolo infame assassino di Achille (v. 615).
Quindi critica il fatto che nei trofei venissero iscritto solo il nome dello stratego il quale“oujde;n plevon drw'n eJno;" e[cei pleivw lovgon” (Andromaca, v. 698), non facendo niente più di uno solo, ottiene una fama maggiore
Curzio Rufo racconta che Clito, per sminuire le vittorie di Alessandro, il quale poi per rappresaglia lo uccise, recitò ai convitati i versi dell’Andromaca di Euripide con il biasimo di Peleo “quod tropaeis regum dumtaxat nomina inscriberent ” ( Historiae Alexandri Magni, 8, 1, 29), il fatto che nei trofei scrivessero solo i nomi dei re.
Bertolt Brecht fa eco a questa critica: “Il giovane Alessandro conquistò l’India./Da solo?/Cesare sconfisse i Galli./Non aveva con sé nemmeno un cuoco?”[1].
Vengono in mente i trofei vantati sui Germani da Domiziano e derisi da Tacito: “ Tam diu Germania vincitur (…) Nam proximis temporibus magis triumphati quam victi sunt” (Germania 37).
Si riferisce a campagne militari degli anni 83-85.
Contro l’oracolo delfico e Oreste che alla fine dell’Orestea di Eschilo (458) veniva invece assolto dal matricidio.
Nell'Andromaca è rappresentata la morte di Neottolemo lapidato senza ragione dagli abitanti di Delfi sobillati da Oreste innamorato della frivola spartana Ermione.
Oreste è un personaggio negativo, mentre nelle Eumenidi, di Eschilo era un Argivo caro agli Ateniesi.
Il fatto è che Oreste era stato cooptato dagli Spartani come eroe della loro terra.
Nelle Coefore di Eschilo aveva un ruolo più importante e molto più esteso di quella di Elettra, mentre nell’Elettra di Euripide la parte della sorella “ diviene più che doppia e nell’ Elettra di Sofocle è addirittura quattro volte più ampia di quella del fratello. Il motivo potrebbe essere del tutto contingente: Sparta si proponeva tradizionalmente come erede della supremazia panellenica già appartenuta agli Atridi e aveva adottato Oreste come eroe nazionale, e anche la poesia lo aveva “laconizzato”; forse era difficile centrare un dramma sul personaggio mitico assunto come eroe “politico” dalla potenza nemica-si ricordi che nei primi anni della Guerra Peloponnesiaca l’Andromaca di Euripide assegna a Oreste un ruolo negativo, riecheggiante il cliché degli spartani ingannatori…un Oreste protagonista, come quello delle Coefore, avrebbe ricevuto un’accoglienza ostile presso il pubblico ateniese”[2].
Invano "il ragazzo di Achille"(Andromaca, v.1119) domanda:
"per quale ragione mi uccidete mentre percorro il cammino della pietà? per quale causa muoio? Nessuno di quelli, che erano migliaia e stavano vicini, mandò fuori la voce, ma gettavano pietre dalle mani"(vv. 1125-1128). Il clero non è estraneo a questo “crimine sacro”: a un certo punto, dai recessi dl tempio rimbombò una voce terribile e raccapricciante che aizzò quel manipolo e lo spinse a combattere (vv. 1146-1148). Il messo alla fine della rJh'si" accusa Apollo di essere w{sper a[nqrwpo" kakov" (v.1164), come un uomo malvagio, e domanda:"pw'" a]n ou\n ei[h sofov";" (v. 1165), come potrebbe essere saggio?
A questo proposito G. De Sanctis scrive:"Ora può darsi che Euripide osasse porre in così cattiva luce Apollo profittando del mal animo degli Ateniesi verso il dio che spartaneggiava in quegli anni come poi filippizzò"[3].
Anche i rapporti con la religione istituzionale vengono condizionati dalle guerre.
L’Andromaca risale ai primi anni della grande guerra del Peloponneso[4], è un concentrato di malevolenza e maldicenza antispartana. “Gli attacchi contro Sparta…a parere di molti la rendono una sorta di pamplhet politico”[5].
La stessa protagonista eponima, la vedova di Ettore, lancia un anatema contro la genìa dei signori del Peloponneso, chiamati yeudw'n a[nakte~ :" o i più odiosi (e[cqistoi) tra i mortali per tutti gli uomini, abitanti di Sparta, consiglieri fraudolenti, signori di menzogne, tessitori di mali, che pensate a raggiri e a nulla di retto, ma tutto tortuosamente, senza giustizia avete successo per la Grecia (vv.445-449).
“The Andromache, written early in the Peloponnesian War, shows a loathing of Spartan arrogance and cruelty and deviousness”[6], l’Andromaca, scritta nei primi anni della guerra del Peloponneso, mostra un disgusto per l’arroganza, la crudeltà e la tortuosità degli Spartani.
Dal canto suo Peleo, il nonno di Neottolemo, esecra le Spartane e i loro costumi: neppure se lo volesse, potrebbe restare onesta[7] ("swvfrwn", v. 596) una delle ragazze di Sparta che insieme ai ragazzi, lasciando le case con le cosce nude ("gumnoi'si mhroi'"", v.598) e i pepli sciolti, hanno corse e palestre comuni, cose per me non sopportabili " (Andromaca, vv.595-600).
Pesaro 7 luglio 2022 ore 17, 30
giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Domande di un lettore operaio, vv. 16-19, da Poesie di Svendborg, 1939, ,in Brecht, Poesie, p. 157.
[2] G. Avezzù (a cura di) Sofocle, Euripide, Hofmannsthal, Yourcenar, Elettra Variazioni sul mito.
[3]Op. cit. , II vol., p. 331.
[4] 429 a. C.
[5] Caterina Barone (a cura di) Euripide Andromaca, p. 7.
[6] M. Hadas, op. cit, pp. VIII-IX
[7] Plutarco dà un'interpretazione non malevola dello
stesso fatto: il legislatore volle che le fanciulle rassodassero il loro corpo
con corse, lotte, lancio del disco e del giavellotto..per eliminare poi in loro
qualsiasi morbidezza e scontrosità femminile, le abituò a intervenire nude
nelle processioni, a danzare e a cantare nelle feste sotto gli occhi dei
giovani (Vita di Licurgo , 14). E' interessante il fatto che Erodoto (I, 8)
viceversa fa dire a Gige:"la donna quando si toglie le vesti, si
spoglia anche del pudore".
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