Nel riferire i contenuti del libro chiarirò i nessi indicati dall’autore con le tragedie greche e con altre espressioni artistiche degli autori europei.
Utilizzerò la traduzione italiana dell’amico Sossio Giametta, il massimo esperto italiano vivente di Nietzsche (Adelphi, Milano, 1972).
Le traduzione del greco, del latino e dell’inglese invece sono mie.
Rivedo, correggo e amplio questo lavoro in vista del corso che terrò alla Primo Levi all’inizio della primavera. Ne anticiperò una parte in una singola lezione all’Arci di Rovigo il 15 settembre.
La nascita della tragedia del 1872 è seguita da una postfazione datata 1886
Partiamo da questa autocritica che si dissocia dall’entusiasmo provato da giovane per i maestri Schopenhauer e Wagner.
Tentativo di autocritica ( 1886)
E’ un libro inficiato dalla prolissità della giovinezza, un libro
arrogante ed esaltato che fin dall’inizio si isola dal profanum vulgus delle persone colte ancora più che dal popolo.
Che cosa è dionisiaco? Rapporto del Greco con il dolore, E’ dal dolore che si è sviluppato il desiderio di bellezza, di feste, di divertimenti.
-il Pericle di Tucidide ce lo lascia intendere nel grande discorso funebre ndr-
Ma allora la tragedia con i suoi orrori da cosa discende? Forse da salute straripante? Nella ricchezza della gioventù i Greci ebbero la volontà del tragico. Fu la follia, come scrive Platone (Fedro 244a) a portare le maggiori benedizioni.
I Greci divennero invece sempre più ottimistici e superficiali nel tempo della loro dissoluzione e debolezza: divennero istrionici, smaniosi per la logica e la logicizzazione del mondo.
Subentrò l’ottimismo, l’utilitarismo, la razionalità. Epicuro fu ottimista in quanto sofferente. Divennero più scientifici.
-Leopardi nello Zibaldone scrive “La scienza è nemica della grandezza delle idee, benché abbia smisuratamente ingrandito le opinioni naturali (1464)-
Nel libro del giovane Nietzsche ritorna più volte l’allusiva frase che solo come fenomeno estetico l’esistenza del mondo è giustificata.
La nascita della tragedia vede un dio artista del tutto noncurante e amorale che creando si libera dalla sovrabbondanza e dalla sofferenza dei contrasti che lui contiene. Il mondo è la liberazione di Dio. Nel libro c’è una tendenza antimorale: la morale è trattata come parvenza e inganno. Il cristianesimo è trattato con un silenzio cauto e ostile. Il cristianesimo respinge ogni arte nella categoria della menzogna.
Invero lo aveva già fatto, almeno in parte, anche Platone.
Si può pensare all’indice dei passi omerici e a quasi tutti i generi letterari che proibirebbe nel suo libro politico Repubblica e nei passi contro il teatro nelle Leggi.
Anticipa i cristiani come Tertulliano e Agostino e i puritani di Cromwell ndr
Nella ostilità verso la bellezza, Nietzsche ha sentito una rabbiosa vendicativa avversione alla vita stessa che riposa sull’arte. Il Cristianesimo è nausea e sazietà della vita, mascherata con la fede in un’altra vita. Paura della bellezza e della sensualità, un aldilà inventato per meglio calunniare l’aldiqua, un’aspirazione al nulla, alla fine, al riposo, al sabato dei sabati.
-Cfr. Tacito sui Cristiani: Annales XV, odio umani generis convicti sunt…exitiabilis superstitio.-
Davanti a questo panmoralismo cristiano, la vita deve avere torto in quanto essa è immorale. Questo no alla vita presenta la vita stessa come cosa indesiderata.
Su tale aspetto negativo del Cristianesimo o di una religio presunta tale, sentiamo Leopardi: “Giovinette di quindici o poco più anni che non hanno ancora incominciato a vivere, né sanno che sia la vita, si chiudono in un monastero, professano un metodo e una regola di esistenza, il cui unico scopo diretto e immediato si è d’impedire la vita…e la risoluzione che ne segue, e la vita che le tien dietro, sono assolutamente e dirittamente nello spirito del Cristianesimo, e inerenti alla sua perfezione. Lo scopo di essa e dell’essenza del Cristianesimo si è il fare che l’esistenza non s’impieghi, non serva ad altro che a premunirsi contro l’esistenza…Assolutamente nell’idea caratteristica del Cristianesimo, l’esistenza ripugna e contraddice per sua natura a se stessa” ( 2 Febbraio, dì della Purificazione di Maria Santissima, 1822)”[1] .
Pietro Citati con le parole seguenti si riferisce a Adelaide Antici
“ Se i figli si ammalavano, era contenta: se Giacomo cresceva deforme, con una gobba davanti e una dietro, e soffriva di mal d’occhi, era contenta:se nella sua prima gioventù, egli rinunciava completamente alla vita, era contena…Nella madre, un mostruoso cristianesimo si alleava con una ragione ugualmente mostruosa”[2].
La morale è un principio di decadenza, un istinto distruttivo.
Il mio istinto che parla in favore della vita si mosse con questo mio libro contro la morale. La mia è una valutazione artistica, dunque anticristiana.. E’ la valutazione dionisiaca.
Allora non osai usare un linguaggio mio proprio e impiegai formule schopenhaueriane e kantiane per valutazioni che non c’entravano con quei filosofi.
Schopenhauer scrisse che lo spirito tragico deve condurre alla rassegnazione. Ma Dioniso a me parlava in modo diverso. Sicché ho sciupato le mie intuizioni dionisiache con quelle formule. Favoleggiai di spirito tedesco che invece di fatto abdicava alla volontà (goethiana?) di dominare l’Europa sotto il pomposo pretesto della fondazione di un impero.
La musica tedesca del resto è romantica, la meno greca possibile ed è corruttrice di nervi, pericolosa per un popolo che ama ilo bere e onora l’oscurità come virtù. Come dovrebbe essere fatta la musica dionisiaca?
Nietzsche immagina un’obiezione: non è necessaria all’uomo tragico la tragedia come arte della consolazione metafisica?
No, risponde Nietzsche : sono i romantici che finiscono metafisicamente consolati, ossia cristiananente consolati.
I giovani devono imparare a ridere come insegna Zarathustra, il lieve, il danzatore che pronto a spiccare il volo, intanto ammicca a tutti gli uccelli, beato nella sua levità. “Io ho santificato il riso; uomini superiori, imparate a ridere! (Così parlò Zarathustra parte IV, dell’uomo superiore)
Leggiamo quanto scrive Nietzsche in uno dei Frammenti Postumi :"Schopenhauer sbaglia quando fa di certe opere d'arte uno strumento del pessimismo. La tragedia non insegna la "rassegnazione". Il rappresentare le cose terribili e problematiche è esso stesso già un istinto di potenza e di magnificenza nell'artista: egli non le teme. Non c'è un'arte pessimistica. L'arte afferma"[3].
Bologna 6 luglio 2022 ore 16, 57
giovanni ghiselli
p. s
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[1] Zibaldone, p. 2381 ss.
[2] Pietro Citati, Leopardi, p. 16.
[3] Scelta di frammenti postumi, primavera 1888-14, p. 229.
L'artista tragico non è pessimista: egli dice precisamente sì anche a tutto quanto è problematico e orrido; egli è dionisiaco (Crepuscolo degli idoli.1888. 62).
Ogni morale sana è dominata dall'istinto della vita.
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