Il ventitré aprile il preside mi fece avere una nota minacciosa. Diceva che io non ero al ginnasio per insegnare cultura generale, ma italiano, latino, greco, storia e geografia. Gli risposi per iscritto che il mio metodo educativo fa vedere e capire che la nostra cultura è tenuta viva dalla corrente sanguigna1 della civiltà greco-latina, ed è proprio l'antitesi dell'insegnamento generico. Le mie lezioni, continuavo, sono fondate su un lungo studio di autori che poi vengono spiegati a scuola e inquadrati nella letteratura europea la quale, da Omero in avanti, ha un'esistenza simultanea: il poeta sovrano infatti è presente in Virgilio e questo in Dante, Euripide in Seneca il quale rivive in Shakespeare insieme con Plutarco, Petronio è presente in T.S. Eliot e così via, nell'ambito di una grande unità di intelletti2 che certamente sfugge a chi basa le sue lezioni sull'apprendimento mnemonico dei manuali, come i professori che piacevano a lui. In tale maniera replicai alla sua accusa, ispirata dalle dicerie dei colleghi, ed egli, come Cerbero tacque. Ma dal suo silenzio, e forse addirittura consenso, io non trassi conforto, poiché vedevo e prevedevo che la massa dei giovani si stava imbarbarendo, ossia non voleva acquisire le capacità più alte dell’intelletto umano.
Oramai i ragazzi erano in massima parte rimbecilliti e traviati dalla pubblicità di un sistema tanto ignorante quanto falso e spudorato. Caduto ogni ideale tranne quello del successo a qualsiasi prezzo, agli studenti non importava più un fico della cultura considerata ininfluente per la carriera, in una società dominata da affaristi che riservavano i posti migliori ai loro clienti. Tutto era lottizzato da boss circondati da schiere di cortigiane, adulatori e lenoni. Capacità, competenza, profondità di pensiero, precisione e finezza di eloquio, erano malfamati e derisi tanto dai nuovi padroni quanto dal volgo asservito. Con Aldo Moro si era quasi portato a compimento lo sterminio di una razza colta e antica. Mi sentivo stanco di studiare e insegnare in un ambiente dove la mia diversità dal conformista che collabora all’abruttimento, creava risentimento oramai non soltanto nel bestiame dei colleghi maligni, ma anche in diversi ragazzi che, pur senza avermi sentito parlare, prestavano orecchio a chi sparlava di me. I miei ginnasiali mi difendevano, ma si trovavano isolati o addirittura colpevolizzati da certi docenti, e anche loro erano esausti dopo diversi mesi di quella nostra lotta perdente già in partenza: era probabile il fatto che, passati ad altri insegnanti, i miei allievi sarebbero stati puniti per avermi ascoltato: io denunciavo la barbarie diffusa dall’ignoranza, combattevo in favore dell'educazione alla lettura degli ottimi autori pur sapendo che era rischioso andare controcorrente, nuotare contro le sudice onde della società e del tempo che si involgariva sempre di più. Provavo uno scoramento che si ripercuoteva nel rapporto con Ifigenia la quale non faceva niente per aiutarmi; anzi, questa mia stravaganza, passati i brevi momenti degli idilli campestri, le dava fastidio. Eppure era stata lei, due anni prima, a infondermi il santo coraggio di essere me stesso a qualsiasi costo, al di fuori dell'orda idolatra dei materialisti. Ma allora tale opposizione alla maggioranza non era del tutto uscita di moda. Gli anni Ottanta avevano portato i cattivi costumi del prevaricare appena possibile, della raccomandazione che scavalca la capacità, della falsità reputata bene se foriera di successo, del raggiro che paga, del corrompere ed essere corrotto diventato un modus vivendi, e una moda3. Ifigenia stava per cadere nel vortice di questo sistema iniquo e inefficiente che avrebbe trascinato alla rovina tanti giovani privi di ogni protezione. Vedevo molti adolescenti comportarsi quali scimmie della pubblicità, o dei genitori cui premeva soltanto il denaro. Erano pochi oramai quelli che aspiravano al Bene e al Bello. I più si aggiravano in mezzo alle tenebre nella prateria dell'errore dove si trovano odio, morbi raccapriccianti e putredine 4
Note 1Cfr. T. S. Eliot, Che cos'è un classico? trad. it. Bompiani, Milano, 1986 nel volume T. S. Eliot, Opere, p.975: "il latino e il greco costituiscono la corrente sanguigna della letteratura europea".
2 Cfr. E. R. Curtius, Letteratura europea e Medio evo latino, trad. it. La Nuova Italia, Firenze, 1992, p.22.
3"Corrumpere et corrumpi saeculum vocatur" [1] Tacito, Germania, 19. Corrompere ed essere corrotti è chiamata moda. .
4Cfr. Empedocle, Poema lustrale, 109.
Bologna 22 ottobre 2024 ore18, 02 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog
|
Nessun commento:
Posta un commento