Il 17 aprile 1981 partimmo per la Baviera, verso i castelli teatrali1di Ludwig secondo. Alle sette di sera arrivammo sullo Starnbergersee, il lago della morte del re. Mancava mezz'ora al tramonto. Il cielo era tutto sereno e pulito, l'aria freddissima. Prendemmo una stanza in un buon albergo, sulla costa orientale, distante pochi chilometri dalla croce metallica piantata accanto alla riva, tra le canne palustri, a segnare il punto dove il sovrano popolare e demente annegò in 70 centimetri d'acqua. Dopo avere portato i bagagli nella camera che aveva una grande finestra sul lago, uscimmo, e ci fermammo su un imbarcadero di legno a osservare l'arrossarsi dell'orizzonte. Non c'erano barche. Il sole era prossimo alle alture della riva ulteriore. Un venticello ghiaccio, di primavera abortita, increspava l'acqua e le penne di un cigno che rabbrividiva davanti alla sponda deserta. Ifigenia disse:"Quell'uccello è lo spirito del nostro amico affogato nella palude dell'odio. Vero gianni? Qui fa tanto freddo". Eravamo partiti da Bologna nella tarda mattinata con un caldo quasi estivo, credendo di trovare la buona stagione anche sullo Starnbergersee, e i Bavaresi in vacanza lacustre, in costume da bagno. Invece l'aria scorticava la faccia. Tuttavia volli aspettare il momento dell'annidarsi del dio per rivolgergli una muta preghiera: "Fai che questo nostro difficile amore possa durare ancora per tutto il tempo necessario, poi fammi scrivere qualche cosa di bello, di grande, di buono. Non lasciarmi morire aquarant'anni sdentato, ingrassato, sconciato come il monarcadesideroso e incapace di arte". Mi vennero in mente alcune frasi2 del lunatico re:"Il regalo più grande che un re possa fare al suo popolo è arricchirgli lo spirito ". "Anche io vorrei potenziare l'anima degli studenti e dei miei futuri lettori", pensai. "Un uomo non vuole essere ridotto al livello di un animale; non sarà mai appagato dal materialismo ". Non era matto Ludwig, era straniero rispetto al pensare comune, anche più di me. Guardavo la mia compagna di viaggio. Voleva fare l'attrice. Avrebbe condiviso las orte dell'istriona che aveva osato dire al suo sovrano:"Fare l'amore per noi attori è molto semplice: basta un gesto ?" Allora non potevo saperlo. Speravo di no. Andammo a cena. Mangiammo bene, e con gusto, siccome digiuni dalla mattina. Poi tornammo sulla riva del lago per vedere la croce del sire annegato il 13 giugno del 1886. Giorno e mese che ricorrono più volte in questa storia. Ci saremmo arrivati di nuovo nell’estate ormai prossima procedendo insieme per squallidi sentieri3. Intanto si procedeva per una via sghemba che costeggia la riva orientale. Avevamo stabilito di fare una camminata pia fino al luogo della morte per acqua del nostro "re pescatore"4 Percorremmo circa un chilometro di strada asfaltata, poi questa gira a sinistra salendo su un colle boscoso e allontanandosi dalla sponda che noi invece volevamo seguire, attirato dai Mani del povero sire. Il cammino della pietà 5 era al di là do una rete metallica alta e sottile, non facile a scavalcarsi. Procedevamo lungo l'ostacolo cercandovi un buco per passare di là. Finalmente lo trovammo. Come in Grecia, sull'autostrada, quattro mesi più tardi, quando la tragedia oramai si era conclusa nelle acque contaminate della babilonica spiaggia adriatica. Oltre la barriera forata c'è un bosco fitto, segnato6 soltanto da un esiguo sentiero. Gli alberi erano ancora privi di fronde: la luna, passando tra i rami contorti faceva cadere a terra una luce incerta che chiazzava di bianco le foglie cadute là sotto, morte e marcite perché dalla putrefazione risorgesse la vita. L'insieme era inquietante. Ifigenia aveva paura. Sentivo che le tremava la mano. Camminammo in silenzio per dieci minuti, mentre il sentiero non accennava a calare sul lago; anzi ci stava portando in direzione della Votivkapelle. "Cappella perigliosa"7 secondo la mia compagna. A un tratto disse:"Torniamo indietro: qui potrebbero ammazzarci". "Ma no-ribattei-, chi vuoi che ci faccia del male? Siamo giovani e in buona salute. Poi non c'è proprio nessuno, a parte Ludwig che contraccambia il nostro amore per lui e ci protegge. Dai, arriviamo alla croce della sua morte per sacqua! Oramai sarà vicinissima. Siamo venuti qui apposta!" "Ma possiamo tornarci domani mattina con il sole", piagnucolò l'impaurita ragazza. "No-risposi-, prima, mentre si faceva la comunione della cena, abbiamo deciso che bisognava venire a pregare qui di notte, per onorare Ludwig e e pentirci dei nostri peccati con un atto di dolore. Dobbiamo arrivare laggiù: se no è tradimento. Se tu hai cambiato idea, torna indietro da sola". Ifigenia riprese a seguirmi tacendo: muta metu. Dopo qualche minuto il sentiero cominciò a scendere; poi finalmente, dal bosco nebbioso di nera paura 8, sbucò sulla costa del grande catino ricolmo di acqua e di pena dove dilagava bianca la luce lunare. Tirammo un sospiro di sollievo. Giungemmo davanti alla croce, a pochi metri da lei. Brillava nel chiarore del cielo e del lago che lo rifletteva. L'apprensione si dissipò. "Affogare è una bella morte: non si resta sfigurati !" Pregammo lo spirito inquieto del caro sovrano, per l'amore e per l'arte. Anche lì c'era un cigno. La sua piccola testa, muovendosi verticalmente, adagio, sembrava annuire alle nostre richieste. Tornammo in albergo. Cominciava ad annuvolarsi. Facemmo l'amore malinconicamente. Prima di dormire, mi alzai per osservare l'aria buia e l'acqua nera, sempre più increspata dal vento. Il cigno dell'imbarcadero non c'era più. Probabilmente nell'oscurità della notte lacustre rimaneva quell'unico uccello Che avevamo visto pietosamente posato accanto alla croce per non lasciare solo il suore nel tetro mondo abbandonato dalla vergine luna e da tutte le stelle. Di notte sognai Ludwig che cantava: “Vissi d’arte, vissi d’amore Non feci mai male ad anima viva Perché perché Signore Me ne rimuneri così?”. Mi svegliai, ne piansi, poi mi riaddormentai.
Note 1 Cfr. Thomas Mann, Doctor Faustus, trad. it. Mondadori, Milano, 1980, p. 278. 2 Sono citate, a memoria, dal film di Visconti "Ludwig II".
3 Cfr. Odissea, XXIV, 10 dove Ermes conduce giù per squallidi sentieri(kat j eujrwventa kevleuqa) le ombre dei proci vinti da Ulisse. 4 Personaggio della leggenda del Graal. 5 Cfr. Euripide, Andromaca, vv. 1125-1128, dove Neottolemo viene lapidato dalla numerosissima folla delfica quando si reca al santuario per consultare l'oracolo. Domanda “Perché mi uccidete mentre procedo sul cammino della pietà?, per quale motivo muoio? Ma nessuno gli rispose e lo uccisero scagliandogli contro le pietre col le loro mani” 6 Cfr. Dante, Inferno, XIII, 3. 7 Luogo della leggenda del Graal. 8 Cfr. Virgilio, Georgiche, IV, 468:"et caligantem nigra formidine lucum". E' il bosco dove si addentra Orfeo, in cerca della sposa Euridice.
Bologna 21ottobre 2024 ore 18, 11 giovanni ghiselli
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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lunedì 21 ottobre 2024
Ifigenia CCXI Il pellegrinaggio in Baviera nella Pasqua del 1981.
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