sabato 12 ottobre 2024

Il film Iddu e le donne guerriere.


 

Ieri sera ho visto Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Un film  pretenzioso. Ho trovato interessanti solo le figure femminili quali donne guerriere più brave e significative dei maschi oltre che più attraenti. I registi hanno appiattito e reso insulso perfino Elio Germano che di solito è bravo. Daniela Marra-la poliziotta combattiva- è calabrese, Antonia Truppo-la sorella matriarca di Matteo Messina Denaro-napoletana: entrambe hanno qualche cosa di greco e di antico. Mi sono piaciute.

Lascio perdere il film che vale poco e faccio una piccola ricerca sulle donne guerriere che esercitano un certo fascino su di me, quanto quelle  miti che costituiscono l’altro lato. 

 

Tacito racconta che le donne dei Germani  grandi e robuste quanto i maschi rimisero in sesto schiere di guerrieri già vacillanti e sul punto di cedere, non solo con l'insistenza delle preghiere ma anche con l'opposizione dei petti , e con il mostrare la schiavitù vicina :"memoriae proditur quasdam acies inclinatas iam et labantes a feminis restitutas constantia precum et obiectu pectorum et monstrata comminus captivitate" (Germania, 8).

 

In  Plutarco le donne dei Germani compiono gesti estremi mentre assistono alla sconfitta dei loro uomini. Nella Vita di Mario l’autore racconta che nell’estate del 102 a. C. le donne dei Teutoni ad Aquae Sextiae (l’odierna Aix, a nord di Marsiglia) scesero in campo armate di spade e scuri e con grida terribili respinsero sia i loro uomini in fuga sia i Romani inseguitori. Mescolate ai combattenti strappavano le armi ai Romani, e, insensibili alle ferite, combattevano fino alla morte (19). 

 L’anno dopo (agosto 101 a. C.) le donne dei Cimbri sconfitti ai Campi Raudii (nel vercellese) ritte sopra i carri, vestite di nero, ammazzavano quelli che fuggivano, fossero essi i mariti, i fratelli o i padri. Strangolati con le loro mani i più teneri figlioletti, li gettavano sotto le ruote dei carri e gli zoccoli delle bestie, e infine si sgozzavano” (27).

 

Budicca era la regina degli Iceni, una popolazione della Britannia che, guidata da questa ribelle, nel 61 d. C. mise a sacco Londinium e Verulanium e uccise 80 mila persone tra Romani e alleati. Aveva un’intelligenza superiore a quella solita delle donne, racconta Cassio Dione: mei'zon h] kata; gunai'ka frovnhma e[cousa” (62, 2, 2).

Anche l’aspetto non era usuale: era to; sw'ma megivsth, (62, 2, 3) grandissima di corpo, di aspetto terribile, di sguardo penetrante, e di voce aspra, aveva una chioma biondissima e foltissima che le scendeva fino alle natiche (mevcri tw'n gloutw'n, 62, 2, 4) e al collo portava una grossa collana d’oro. Si pensi all’ultima Elisabetta I cinematografica.

Budicca brandiva una lancia (tovte de; kai; lovgchn labou'sa) con la quale incuteva soggezione a tutti. Esortò i suoi Britanni sminuendo i Romani come effemminati e comandati da femmine: Messalina e Agrippina che dà ordini a Nerone il quale o[noma me;n ajndro;~ e[cei, e[rgw/ de; gunhv ejsti: shmei'on de;, a[/dei kai; kiqarivzei kai; kallwpivzetai (62, 6, 3), ha nome da uomo, ma di fatto è una donna: i segni sono il fatto che canta e suona la cetra e si imbelletta.

Budicca invece regnava su uomini veri che non sanno coltivare la terra né produrre manufatti, ma conoscono l’arte della guerra e che considerano tutto bene comune, anche i bambini  le donne le quali proprio per questo hanno lo stesso valore dei maschi: “ th;n aujth;n toi'~ a[rresin ajrethvn[1].

Budicca conclude l’esortazione   con questo auspicio: “ che questa Domizia Nerona (Nerwni;~ hJ Domitiva, 62, 6, 5) non regni più su di me né su di voi, ma tiranneggi cantando i Romani, i quali infatti meritano di servire una tale donna” (kai; ga;r  a[xioi toiauvth/ gunaikiv douleuvein).

Budicca è una donna virile. Vediamo ora un gesto di estrema femminilità.

In Nicolao di Damasco[2], informa Mazzarino , è presente il gesto della sublata vestis. I suoi racconti dipendono da  Ctesia[3] "il quale compilò la sua opera di storia persiana dopo il 398/397, tornato da un lungo soggiorno alla corte persiana dove era stato medico particolarmente caro alla regina Parisatide".

Mentre Erodoto ha preferito la saga di carattere aristocratico facendo di Ciro il figlio di un nobile persiano, Cambise, sposato a Mandane, figlia del re dei Medi Astiage, Ctesia indulgeva a un gusto popolare che assimilava Ciro ai grandi uomini dagli umili natali. Ctesia ha servito presso Artaserse II ma si è opposto alla versione ufficiale della corte persiana secondo cui Ciro era figlio di Cambise.

Nella Storia di Ctesia "affioravano le matriarcali convinzioni, fossili di preistoria, per cui la vittoria in battaglia era ricondotta a esplosioni di femminilità che un moderno chiamerebbe "freudiane"…Il motivo della sublata vestis delle donne persiane, le quali così impediscono ai loro uomini la fuga, è di spiriti antico-matriarcali (Kornemann R. E. Supplb. VI 567): questi potevano sopravvivere solo in una saga popolare; e viceversa si adatterebbero assai meno ad un ambiente aristocratico "[4].

Nei Fasti[5] di Ovidio abbiamo una versione più patetica dei gesti delle donne vicine alla battaglia. Le antiche Sabine si interpongono tra i padri e i mariti romani, "inque sinu natos, pignora cara tenent " (III, 218) e tengono stretti al petto, cari pegni, i figlioli. Quindi vanno in mezzo al campo di battaglia passis…capillis (219), con le chiome sciolte, e si inginocchiano, mentre i bambini, quasi sentirent (v. 221), come se capissero, "tendebant ad avos brachia parva suos "(222), tendevano ai loro nonni sabini le piccole braccia.

 

Pesaro 12 ottobre 2024 ore 21 giovanni ghiselli

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[1] Nota l’ allitterazione e la paronomasia o adnominatio.

[2] Storico greco dell'età di Augusto. Secondo la sua versione Ciro era figlio di un masnadiero mardo e visse una fanciullezza da schiavo. Nato a Damasco nel 64 a. C. compose, tra l'altro, una Storia universale in 144 libri di cui restano solo due epitomi e pochi estratti. Rimane qualche frammento di una Vita di Augusto.

[3] Nato a Cnido verso la metà del V secolo, visse alla corte di Artaserse II  Mnèmone e scrisse Persikav, Vicende della Persia in 23 libri che partono dal re assiro Nino e arrivano al 398 a. C. Ne resta una sintesi conservata nella Biblioteca del patriarca bizantino Fozio (IX sec. d. C.).

[4] S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, 1, p. 170 e n. 161 di p. 580.

[5] Calendario in distici, di sei libri composti fra il 3 e l'8 d. C.

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