Omero e i sogni.
In “la Repubblica” del 30 agosto 2015 (pp. 52-53) leggo un’intervista fatta a Luigi Zoja da Antonio Gnoli. Lo studioso junghiano cita Omero “ che fu il più profondo degli psicologi. Dice che Zeus manda agli uomini sogni veri e sogni falsi”. Poi spiega: “Intendo dire che non si devono prendere alla lettera i sogni, gli archetipi, i miti. Dovremmo però essere coscienti della loro influenza su di noi. Prendere sul serio la loro potenza anche se sono irrazionali. Meglio, proprio perché sono irrazionali sfuggono al nostro controllo, sarebbe bene conoscerli”. Giusto: anche Pasolini ha scritto che le Erinni vanno conosciute e “bonificate”, ossia rese buone, come fa Atena nelle Eumenidi di Eschilo.
Alla fine dell’Orestea le Erinni diventano Eumenidi: “ Dopo l’intervento razionale di Atena, le Erinni-forze scatenate, arcaiche, istintive, della natura-sopravvivono: e sono dee, sono immortali. Non si possono eliminare, non si possono uccidere. Si devono trasformare, lasciando intatta la loro sostanziale irrazionalità: mutarle cioè da “Maledizioni” in “Benedizioni”. I marxisti italiani non si sono posti, ripeto, questo problema”[1].
Nel XIX canto dell’Odissea, Penelope dice al marito non ancora riconosciuto che i sogni sono incomprensibili e difficili da interpretare ( [oneroi ajmhvcanoi ajkritovmuqoi ) e non tutti si avverano. Ci sono due porte dei sogni : una è costruita con il corno, l’altra è fatta d’avorio: i sogni che escono dalla porta d’avorio sono ingannevoli, quelli che escono dal lucido corno sono veri (vv. 560-566).
Virgilio riprende questo motivo alla fine del VI canto dell’Eneide: Sunt geminae Somni portae; quarum altera fertur / cornea, qua veris facilis datur exitus umbris, / altera candenti perfecta nitens elephanto, / sed falsa ad caelum mittunt insomnia Manes » (893-897). Enea e la Sibilla escono dalla porta dei sogni vani. Probabilmente vuol dire che il lettore non deve credere a quello che ha letto sull’oltretomba
Metafore politiche.
In “la Repubblica” del 9 settembre 2015 trovo un articolo di Gianrico Carofiglio intitolato Quegli abusi di potere per amore di metafora.
Vediamo la presenza della comparazione, della metafora quale comparazione abbreviata e dell’allegoria nei Greci se non vogliamo restare nel generico. “Nella Repubblica Platone aveva paragonato l’assetto della città all’anima umana”.
Nello Stato c’è giustizia o ingiustizia come nell’anima umana ma quella della polis è scritta a lettere più grandi (cfr. Repubblica, 368 d). La città genuina ajlhqinh; povli~ funziona come uno sano (w[sper uJgihv~ ti", 372e)
Isocrate nell’Areopagitico, il principale scritto di politica interna, del 356, scrive che la Costituzione non è altro che l’anima dello Stato (e[sti ga;r yuch; povlewς oujde; e{tereon h} politeiva (14).
Quindi: “Nicolò Machiavelli aveva prescritto al principe di imparare a usare, a seconda dei casi, la forza del leone e l’intelligenza della volpe”
Un’immagine che risale a Plutarco: Lisandro, che concluse la guerra del Peloponneso sconfiggendo gli Ateniesi, se la rideva di quanti stimavano che i discendenti di Eracle dovessero sdegnare di vincere con il tradimento e raccomandava sempre:" o{pou ga;r hJ leonth' mh; ejfiknei'tai prosraptevon ejkei' th;n ajlwpekhvn" dove di fatto non giunge la pelle del leone, bisogna cucirle sopra quella della volpe" (Plutarco, Vita di Lisandro, 7, 6). L’autore ha dimenticato la metafora politica più diffusa, ossia la metafora nautica: la polis fluttua (Edipo re di Sofocle, povli" saleuvei (vv. 22-23), o, in allegoria, una nave in difficoltà tra i flutti significa la città o lo Stato o la nazione (Archiloco, Alceo, Orazio, Dante).
Machiavelli ha avuto dei maestri negli Elleni.
Nel XVIII capitolo di Il Principe, il segretario fiorentino ricorda "come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a Chirone centauro, che sotto la sua disciplina li costudissi". E ne deduce:"Il che non vuol dire altro, avere per precettore uno mezzo bestia et uno mezzo uomo, se non che bisogna a uno principe sapere usare l'una e l'altra natura; e l'una sanza l'altra non è durabile. Sendo dunque uno principe necessitato sapere usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe et il lione; perché il lione non si difende da' lacci, la golpe non si difende da' lupi. Bisogna adunque essere golpe a conoscere e' lacci, e lione a sbigottire e' lupi. Coloro che stanno semplicemente in sul lione, non se ne intendano. Non può, per tanto, uno signore prudente né debbe osservare la fede, quando tale osservanzia li torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere".
“Di Plutarco nel Medioevo si preferivano i Moralia e fu solo l’arrivo dei dotti greci in Italia, dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453, a rilanciare la lettura delle Vite parallele, che divennero da allora in poi il suo principale testo di riferimento. Si pensi soltanto a Machiavelli, che ne acquistò una copia in traduzione latina a Bologna nel 1502 e ne trasse ispirazione per la sua intera opera (per inciso le famosissime immagini della “golpe” e del “lione” derivano, particolare, dalla vita di Lisandro di Plutarco), oppure a Montagne e a Shakespeare, che se ne servono abbondantemente”[2].
Galimberti e il Politico di Platone.
Umberto Galimberti risponde sull’inserto del sabato di “la Repubblica” D. a una lettrice che chiede il suo parere sulla responsabilità degli uomini e la volontà di Dio. L’interpellato risponde utilizzando Platone: “Come ci racconta Platone nel Politico, un bel giorno, a seguito di un grande capovolgimento (meghiste metabolé) che ha invertito la direzione degli astri, Dio abbandonò il timone del mondo e gli uomini, lasciati soli, dovettero darsi delle regole di convivenza (la morale) garantite, insieme alle altre tecniche utili per sopravvivere, da quella tecnica regia (basiliké téchne) che tutte le coordina e che ha per nome “politica”, onde garantire il governo della comunità. Pur tra mille difficoltà l’Occidente ha gradatamente assimilato la lezione di Platone desacralizzando la morale e separandola dal volere di Dio” (p. 294)
E’ tutto molto semplificato e ridotto
Lo straniero racconta a Socrate il Giovane, uno studioso di matematica, membro dell’Accademia, che al tempo di Crono la divinità guidava gli uomini al pascolo presiedendo loro (qeo;" e[nemen aujtou;" ejpistatw'n , 271e) come fanno ora gli uomini con gli animali. Allora c’era una specie di età dell’oro, raccontata con molti aspetti esiodei. Gli uomini vivevano senza agricoltura, vesti, leggi
Lo straniero ricorre al mito come si fa con i bambini. Dice a Socrate il Giovane: non è molto tempo che sei fuori dall’età dei giochi (268e). Ricorda il mito di Zeus che mutò il corso del sole per testimoniare il suo favore ad Atreo. La contromarcia del sole segna il passaggio dall’età di Crono a quella di Zeus. Inizia con l’inversione catastrofica di tutti i movimenti, continua con il mondo lasciato a se stesso
Chi governa è il pastore del gregge umano. Un gregge di bestie singolarmente riottose. Il dio pensava a nutrire e a far riprodurre, mentre il compito dell’uomo politico è la cura (ejpimevleia, qerapeiva) del gregge umano. La cura può essere imposta o liberamente accettata. Il tiranno impone, il re è liberamente accettato. Il re è un libero curatore di bipedi liberi, e la politica è pastorizia volontaria di bipedi volontari (276e)
Criterio di misurazione è il giusto mezzo (mevtrion), il conveniente (prevpon), l’opportuno (kairov") il moralmente necessario (devon)
L’esercizio del potere è una scienza direttiva, una scienza che pochi conoscono. Il potere giusto è quello di un uomo che abbia conoscenza scientifica della cura dell’anima. Deve dare direttive generali che si adattino all’uomo medio. Se non c’è il reggitore ideale ci deve essere la sovranità di leggi buone. La sovranità della legge come succedaneo-surrogato- della teocrazia. La monarchia è la costituzione migliore se rispetta le buone leggi, la tirannide è la peggiore: il tiranno non rispetta le leggi. L’aristocrazia è il governo mediano. Il governo della moltitudine è il più debole per la divisione dei poteri. Dove però invece della legge impera il capriccio, la democrazia è il male minore, peggiore l’oligarchia, pessimo il dispotismo. Distinzione tra politikoiv, uomini politici e stasiastikoiv, politicanti, sediziosi, che illudono.
Bologna 30 ottobre 2024 ore 19, 07 giovanni ghiselli
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