Il 24 aprile, all'uscita da scuola, trovai Alfredo e Fausto, i due vecchi compagni di Debrecen. Era il tocco e andammo a desinare come si faceva dopo le lezioni, allegramente, nella mensa di Debrecen.. Li osservavo scherzare, li ascoltavo fare progetti sulla prossima vacanza ungherese, partecipavo con simpatia alle rievocazioni di episodi significativi delle tante ferie estive passate insieme. Sentivo anche un poco di nostalgia delle avventure erotiche, degli amori mensili con le Finlandesi, dell'Aranybika, dell'Egribikavér, il sangue di toro di Eger, del tram numero Uno, del grande bosco dalle querce profetiche, del laghetto con le ninfee, le rane canore, lontane o vicine, con il ponte di legno che risuonava al nostro lieto passaggio, dell'orto botanico dagli alberi strani, dello stadio dove tante volte avevo spremuto le forze, in allenamento e pure gareggiando e vincendo davanti agli occhi delle ragazze, per salire nella loro considerazione; rimpiangevo la csárda di Hortobágy dove i cembali e i violini degli zigani suonavano le danze ungheresi di Brahms mentre sul ponte a nove arcate scendeva la sera già densa di tristi presagi autunnali. Questa Ungheria di maniera, anche un poco falsa, che tuttavia a me piaceva1, destava risonanze dolci, echi pieni di affetti, rimembranze care e desideri antichi per lo più soddisfatti, eppure, a quel punto, la mia vita aveva preso una strada diversa dalla vecchia via non malagevole, anzi rosea, passata tante volte per Debrecen: oramai mi ero avviato sull'erto e arto cammino in salita dell'impegno serio nello studio volto a educare i giovani con una cultura assimilata alla sensibilità e all’esperienza. Non avevo più tempo da impiegare in scherzi, bevute, amori a perdere. Dovevo fare qualche cosa di grande, di egregio, di eccezionale, per scuotere gli adolescenti dall'indifferenza morale e dall'ignoranza nella quale li stava gettando il regime degli speculatori che pagavano dei mercenari rapaci, ignari di bellezza e cultura. Per fare questo dovevo amare una donna viva, presente, reale, non un'apparizione mensile un idolo mandatomi dalla Finlandia per poche settimane. Le donne reali erano tornate là. Forse, anzi, le avevo soltanto sognate. Ancora non disperavo che una figura non solo spettrale potesse essere Ifigenia stessa. Comunque gli amori feriali, le femmine umane apparse e sparite come meteore nel cielo sopra la grande foresta di Debrecen, le donne fantasma, materia di sogni e ricordi ormai remoti, o peggio, di rimpianti e rimorsi, vani pascoli che fanno camminare retrogradi gli spiriti disoccupati, non mi bastavano più. Magari con il tempo avrei infuso in quei fantasmi anima eterna2, ma tornare in luglio a Debrecen con quei due compagnoni in cerca di altre avventure mensili con donne a perdere sarebbe stata regressione e follia. Questo pensiero però lo tenni per me.
Note 1 Cfr. G. Gozzano, Paolo e Virginia, vv. 28-29. 2 Cfr. Foscolo, Le Grazie, Inno Primo, A Venere, 24
Bologna 23 ottobre 2024 ore 11, 48 giovanni ghiselli p. s Statistiche del blog Sempre1631523 Oggi66 Ieri221 Questo mese6751 Il mese scorso9470
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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mercoledì 23 ottobre 2024
Ifigenia CCXVI. La visita di due compagnoni e la rievocazione dell'Ungheria di maniera, "un poco falsa, come piace a me".
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