L'11 marzo, dopo la scuola, tutto il pomeriggio e la sera ripresi a rimuginare. Volevo capire meglio perché fosse finito l'amore per la creatura che con il profumo e la luce dei suoi venticinque anni mi aveva rivitalizzato, imbellito, bonificato dai piedi alla testa. Avevo assorbito la vitalità della sua gioventù, ma lei, come persona, non l'avevo amata: non mi ero preso abbastanza cura di Ifigenia in sé, dei suoi pensieri e sentimenti; e quando diede segni di declino vitale appoggiandosi pesantemente sulle mie spalle, quando perse le ali da giovane Nike 5 divenendo un pesante fardello, quando la fresca pasta di cui era fatta smise di lievitare 6 e perse fragranza, io smarrii gran parte dell'interesse, quasi tutto materiale che avevo provato per lei. Eppure non era soltanto materia quella ragazza. Anch'ella del resto aveva considerato più il mio presunto talento di educatore, o addirittura il mio momentaneo successo di professore al liceo, che la mia persona e la mia umanità. Nell'autunno del 1978, quando mi corse dietro, nei tetri corridoi della scuola era una supplente appena arrivata, bella quanto si vuole, ma insicura di tutto, e piuttosto emarginata da quell'ambiente borghese per il suo stato di proletaria, oltretutto immigrata da un paesello sperduto tra i monti marsici; io ero un insegnante considerato ottimo dagli studenti migliori; anzi, c'era una classe intera, una terza liceo, che lottava a spada tratta, con fragore, contro il preside Tanghero e i professori più retrivi perché voleva essere preparata da me, in vista dell'esame di maturità. Ebbene tale prestigio, qualunque esso fosse, affascinò Ifigenia: anche lei voleva mettersi in mostra, acquistare rinomanza e reputazione positiva, in un ambiente dove le ragazze belle non erano poche, gli insegnanti bravi pochissimi; divenire l'amante di un professore molto quotato tra gli studenti, le sembrò un ottimo mezzo per essere accolta bene dagli allievi suoi. Era fiera di farsi vedere con me, tutta contenta quando poteva ostentare la nostra relazione. Ma quando fui confinato al ginnasio, subii un calo abissale della mia quotazione nella scuola intera, e nello stesso tempo sentii scemare il mio entusiasmo di educatore; Ifigenia un poco alla volta cessò di ammirarmi, e non mi sostenne, anzi negli ultimi tempi mi aveva umiliato ulteriormente innamorandosi del maestro di danza. Questo non fu nobile da parte sua; comunque non mi assolveva dal crimine perpetrato da me quando, dopo avere tratto piacere dal corpo della splendidissima giovane, me ne ero saziato e avevo manifestato disinteresse per lei. Questo non era avvenuto tanto per malvagità, quanto per debolezza e stupidità:l a parte buona e presente, l'acropoli dell'anima mia, aveva ceduto all'assalto dei mostri antichi, ma sempre vivi e feroci dentro di me: il materialismo e il clericalismo pseudo cristiano, vizi pessimi, diversi e contrapposti in apparenza, di fatto simili, come il lusso e l'avarizia 7. Ero stato sconfitto nell'autunno del 1979, quando, tornato da Debrecen disgustato dalla sua promessa non mantenuta, mi trovai solo a combattere contro la forza retrograda e preponderante dei miei demoni cattivi usciti di nuovo dalla palude della mia infanzia. Con quella guerra avevo perduto la bella ragazza già smarrita durante l'estate. Invero Aveva fatto la sua partaccia anche lei non scrivendomi la lettera preannunciata con un telegramma. Aveva dato un orribile segno di inaffidabilità. Aveva riaperto delle brutte ferite. Era andata così. Doveva andare così. Probabilmente perché sentissi la necessità di recuperarla e renderla eterna come giovane donna luminosa e innamorata attraverso un romanzo che le innalzasse un monumento più duraturo del bronzo 8, un tempio pieno di luce con frontoni dove si leggessero mito e poesia, come in quelli del maestro di Olimpia, e invece di Apollo o di Zeus al centro ci fosse Ifigenia, al di sopra delle brame sudicie, fuori dal conteggiare meschino, al riparo dalle offese del tempo, al sicuro dal colpo finale che risparmia solo i creatori e le creature dell'arte.
Note 5 Vittoria. Avvertenza: non si legge Naike. Lo ganno gli ignoranti, gli stessi che dicono “l’erotica” di Beethoven come la tubercolosa scema e ridicola del romanzo La montagna incantata. 6 Cfr. M. Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, trad. it. Einaudi, Torino, 1978, p.510
7 Cfr. Sallustio, Bellum Catilinae :"Incitabant praeterea corrupti civitatis mores, quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque avaritia, vexabant ", 5, , lo (Catilina) aizzavano per giunta i costumi corrotti della città, tormentati da vizi pessimi e opposti tra loro: il lusso e l'avarizia. 8 Cfr. Orazio, Carmi, III, 30, 1:"Exegi momumentum aere perennius", ho costruito un momumento più duraturo del bronzo.
Pesaro 14 ottobre 2024 ore 9, 21 giovanni ghiselli
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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lunedì 14 ottobre 2024
Ifigenia CLXCII Terza e ultima parte del rimuginare implacabile.
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