lunedì 14 ottobre 2024

Ifigenia CLXCII Terza e ultima parte del rimuginare implacabile.


 

L'11 marzo, dopo la scuola, tutto il pomeriggio e la sera ripresi a rimuginare.

Volevo capire meglio perché fosse finito l'amore per la creatura

che con il profumo e la luce dei suoi venticinque anni mi aveva

rivitalizzato, imbellito, bonificato dai piedi alla testa. Avevo

assorbito la vitalità della sua gioventù, ma lei, come persona,

non l'avevo amata: non mi ero preso abbastanza cura di Ifigenia in sé, dei


suoi pensieri e sentimenti; e quando diede segni di declino vitale

appoggiandosi pesantemente sulle mie spalle, quando perse le ali

da giovane Nike 5 divenendo un pesante fardello, quando

la fresca pasta di cui era fatta smise di lievitare 6 e perse fragranza, io

smarrii gran parte dell'interesse, quasi tutto materiale che avevo

provato per lei. Eppure  non era soltanto materia quella ragazza.

Anch'ella del resto aveva considerato più il mio presunto talento di

educatore, o addirittura il mio momentaneo successo di professore

al liceo, che la mia persona e la mia umanità. Nell'autunno del

1978, quando mi corse dietro, nei tetri corridoi della scuola era

una supplente appena arrivata, bella quanto si vuole, ma insicura di tutto, e piuttosto emarginata da quell'ambiente borghese per il suo stato di

proletaria, oltretutto immigrata da un paesello sperduto tra i monti marsici; io ero un insegnante considerato  ottimo dagli studenti migliori; anzi, c'era una classe intera, una terza liceo, che lottava a spada tratta,  con fragore, contro il

preside Tanghero e i professori più retrivi perché voleva essere preparata da

me, in vista dell'esame di maturità.

Ebbene tale prestigio, qualunque esso fosse, affascinò Ifigenia: anche

lei voleva mettersi in mostra, acquistare rinomanza e reputazione positiva, in un ambiente dove le ragazze belle non erano poche, gli insegnanti

bravi pochissimi; divenire l'amante di un professore molto quotato tra gli studenti, le sembrò un ottimo mezzo per essere accolta bene dagli allievi suoi. Era fiera di farsi vedere con me, tutta contenta quando poteva ostentare la nostra relazione. Ma quando fui confinato al ginnasio, subii un

calo abissale della mia quotazione nella scuola intera, e nello stesso

tempo sentii scemare il mio entusiasmo di educatore; Ifigenia un poco alla volta cessò di ammirarmi, e non mi sostenne, anzi negli ultimi tempi mi

aveva umiliato ulteriormente innamorandosi del maestro di danza. Questo non fu nobile da parte sua; comunque non mi assolveva dal crimine

perpetrato da me quando, dopo avere tratto piacere dal corpo della

 splendidissima giovane, me ne ero saziato e avevo manifestato

disinteresse per lei. Questo non era avvenuto tanto per malvagità, quanto per debolezza e stupidità:l a parte buona e presente, l'acropoli dell'anima mia, aveva ceduto all'assalto dei mostri antichi, ma sempre vivi e feroci dentro di me: il materialismo e il clericalismo pseudo cristiano, vizi pessimi,

diversi e contrapposti in apparenza, di fatto simili, come il lusso e

l'avarizia 7.

 Ero stato sconfitto nell'autunno del 1979, quando, tornato da Debrecen disgustato dalla sua promessa non mantenuta, mi trovai solo a combattere contro la forza retrograda e preponderante dei miei demoni cattivi usciti di nuovo dalla palude della mia infanzia. Con quella guerra avevo perduto la bella ragazza già smarrita durante l'estate. Invero Aveva fatto la sua partaccia anche lei non scrivendomi la lettera preannunciata con un telegramma.

Aveva dato un orribile segno di inaffidabilità. Aveva riaperto delle brutte ferite. Era andata così. Doveva andare così.

Probabilmente perché sentissi la necessità di recuperarla e renderla eterna come giovane donna luminosa e innamorata attraverso un romanzo che le innalzasse un monumento più duraturo del bronzo 8, un tempio pieno di luce con frontoni dove si leggessero mito  e poesia, come in quelli del maestro di Olimpia,  e invece  di Apollo o di Zeus  al centro ci fosse Ifigenia, al di sopra delle brame sudicie, fuori dal conteggiare meschino, al riparo dalle offese del tempo, al sicuro dal colpo finale che risparmia solo i creatori e le creature dell'arte.

 

Note

5

Vittoria. Avvertenza: non si legge Naike. Lo ganno gli ignoranti, gli stessi che dicono “l’erotica” di Beethoven come la tubercolosa scema e ridicola del romanzo La montagna incantata.

6

Cfr. M. Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, trad. it. Einaudi, Torino, 1978,

p.510

 

7

Cfr. Sallustio, Bellum Catilinae :"Incitabant praeterea corrupti civitatis mores,

quos pessuma ac divorsa inter se mala, luxuria atque avaritia, vexabant ", 5, , lo

(Catilina) aizzavano per giunta i costumi corrotti della città, tormentati da vizi

pessimi e opposti tra loro: il lusso e l'avarizia.

8

Cfr. Orazio, Carmi, III, 30, 1:"Exegi momumentum aere perennius", ho

costruito un momumento più duraturo del bronzo.

 

Pesaro 14 ottobre 2024 ore 9, 21 giovanni ghiselli

 

p. s

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