Nel pomeriggio partimmo da Delfi scendendo a Itea, poi seguitammo ripercorrendo all’incontrario la via dell’andata. Ma il metodo era necessario cambiarlo siccome la direzione del vento non era mutata, quindi soffiava con forza contro la nostra fatica. Per pedalare contro i soffi furenti che spingono indietro non bastano gambe robuste e polmoni capaci: testa ci vuole, cuore e tenacia.
E’ come fare centro con donne che lì per lì non ti gradiscono. Devi convincerle a trovarti gradevole prima, poi bello, poi geniale e meraviglioso. Non è facile ma nemmeno impossibile. Con Kaisa funzionai bene assai presto, con Päivi subito, appena mi presentai; Elena invece, la migliore del mazzo, l’Augusta, quando la avvicinai la sera della conoscenza mi concesse solo un ballo degnandomi di pochi sguardi e non volle replicare neanche una volta il breve giro di pista. La salutai, temevo per sempre, dicendole “Addio, se tu ti contenti”.
Ma due giorni più tardi riuscìi a farmi ascoltare dicendo quanto sapevo che poteva piacere a una donna bella e fine e dopo un altro paio di uscite la giovane donna, la domina mia, disse che stava imparando ad amarmi. Ma questo l’ho già raccontato.
Pedalando contro vento dunque bisogna trovare la posizione raccolta da opporre alle folate incostanti, e il ritmo regolare, continuo da mantenere cambiando il rapporto con il variare dei soffi e delle pendenze stradali.
La bicicletta è una scuola di vita. Cercavo di chiarirlo a Ifigenia la quale però era refrattaria a imparare siccome obbediva a tutti gli impulsi fuorvianti: si lasciava deviare dalla linea diritta dietro di me che cercavo di tutelarla dal vento, e talora, se le spinte regressive aumentavano, le assecondava fermandosi. Poi riprendeva a pedalare scomposta dispendendo energie come Iò la ragazza di Eschilo, trasformata in mucca pazza e assillata da un tafàno assetato di sangue.
Ifigenia imprecava anche contro di me che l’avevo portata in tanta malora, quindi oscillava, sbandava, sbuffava. Oppure annunciava visione quasi fosse una santa in estasi: al termine ogni strada sterrata e scoscesa che portava sulla riva sassosa del mare, l’allucinata vedeva un inesistente traghetto diretto verso un villaggio dipinto dalla sua mente sull’altra costa del golfo. Voleva imboccare la ripida via che scendeva a precipizio sul mare per porre termine alla sua folle fatica. Dovevo contraddirla aspramente o dissuaderla con dolci parole sprecando fiato che mi serviva anche per darle qualche spinta in avanti quando la strada si impennava repente.
Pensavo:”pedala come affronta la vita. Con il vento a favore procede benino, abbastanza spedita; con il vento contrario perde forza e coraggio, si ferma o scivola indietro.
Adesso ha bisogno di buoni successi, altrimenti regredisce e si guasta del tutto”.
Provavo del risentimento per quella debolezza che non si lasciava aiutare.
Ma quando ottenne una sosta per un bagno che fece in mutande, e uscì dall’abbraccio marino con le forme perfette stillanti acqua salata, “Me beato”-gridai-per il regalo che mi hai fatto del tuo tempo migliore, un dono venuto da te creatura celeste, a rischiararmi la vita, un munus che presto diventerà il compito di illuminare la strada del bene a quanti potrò educare parlando e scrivendo Io sono contento!”.
Ti domando lettore: era matta lei sola?
Tutti e due cercavamo sempre occasioni per fare delle scene. Questa era la nostra intesa, la chiave che apriva le porte del sesso, talora perfino quelle dell’amore.
In questo eravamo geniali entrambi.
Bologna 31 ottobre 2024 ore 11 e 11 giovanni ghiselli
p. s
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