Al tramonto ci fermammo in un borgo del golfo di Crisa. Galaxidion si chiama. Prendemmo una camera con letto matrimoniale e cenammo. La giornata ventosa e tormentata era finita in una notte calma, dolce e serena di ultima estate. Dopo cena andammo a sederci sulla riva del mare. Si vedevano cadere le stelle. Ifigenia temeva che il firmamento ne restasse sguarnito. Invece era sempre più ricco di fuochi. “Vedi tesoro-dissi-donando si acquista”. Anche il golfo era pieno di luci. Sul mare si muovevano lenti i piccoli lumi delle barche uscite a pescare. Un gradino più sopra si vedevano le lampadine di Itea, più in alto quelle di Crisa, poi la luce santa di Delfi, la meta già raggiunta del nostro pellegrinaggio devoto. Due fari lontani, appena visibili, segnavano, forse, la duplice cima del sacro Parnaso; sopra c’era solo il cielo stellato. La via Lattea spiccava nel mezzo. Ifigenia ridendo disse che Galaxidion si chiama così per la Galassia che là si vede brillare come in nessun altro luogo. Bellina, bambina, rideva. Brillava, brillava anche lei. Mi fece pensare al nostro primo incontro quando la carne nitida e profumata le lievitava addosso come una pasta preziosa. Eravamo contenti. Finalmente potevamo permetterci di stare in pace, di essere quasi felici. Da un locale notturno venivano le note di un valzer di Strauss, Storie del bosco viennese; dalla campagna alle spalle il tremulo verso perpetuo dei grilli. Tutto questo non può essere soltanto caso e materia, dicemmo. Ci venne in mente la morte del lunatico re di Baviera amato da noi per la sua volontà di Bellezza e di Arte contro il mondo, sconciato, già allora, da industrie, commerci e cannoni. Ci sovvenne il nostro pellegrinaggio pasquale ai castelli teatrali del lunatico re scampato al fuoco di Sodoma ma non all’acqua del cupo lago increspato dove un cigno segnava di bianco il punto della morte per acqua che Ludwig aveva preferito alla prigionia. “In questi momenti di fuga, di memorie, di sogni, siamo due amanti felici-dissi-ma sulla vita oramai abbiamo opinioni diverse. E vogliamo vivere in modo diverso. Tu vuoi privilegiare l’istinto; io agli impulsi caotici preferisco anteporre un logos appassionato e commosso, ma anche ordinato e diretto a una meta precisa”. Ifigenia mi corresse: “Io privilegio l’intuizione geniale tesoro, non l’istinto bestiale. “Le intuizioni senza concetti sono cieche-pensai- e la bellezza senza intelligenza e volontà di bene può fare del male”. Eravamo contenti che la notte stellata dopo le fatiche diurni ci avesse resi più tolleranti, più umani. A un tratto Ifigenia volle andare a dormire: la lunga lotta col vento implacabile me l’aveva stremata. Bellina. L’accompagnai, ma davanti alla camera le chiesi il permesso di girare da solo nella notte odorosa. Volevo osservare ancora le luci che stavano sotto e sopra di me. Sentivo che brillavano anche dentro di me. Mi piaceva l’odore dell’aria profumata dai pini resinosi e resa salmastra dall’alitare del mare.
“ Sì-mi dicevo- c’è piacere, bellezza e giustizia nel cosmo. C’è un creatore. Il re popolare e demente nella fredda, piovosa Baviera, nella sua reclusione dal mondo reale, dentro quei castelli teatrali, circondato da servi avidi e perfidi , l’aveva perduto di vista. Non voglio forzare questa giovane donna a diventare diversa da quello che è, chiunque ella sia. Né posso impedirle di fare i suoi sbagli, se proprio ci tiene. Però mi piacerebbe vederla felice. Potrà esserlo soltanto diventando se stessa. Adesso lei, non protetta dal vecchio istrione ingrato, dovrà cercare da sola la strada che la conduca alla sua meta. Spero che riesca a percorrerla tutta, senza fermarsi né deviare, anche se dovesse incontrarvi un fiero vento contrario”. Tornai alla camera. Entrai senza fare rumore. Ma Ifigenia era sveglia: mi aspettava con il volto illuminato dagli occhi ridenti . Un’espressione che non le vedevo da tempo. Facemmo l’amore più volte, con piacere e con gioia. Parlammo ancora un poco : senza alcun astio. Eravamo entrambi contenti di questo accordo dopo mesi di rinfacciamenti reciproci. Eravamo liberi entrambi di fare l’amore tra noi o con chi volevamo, di farlo o di non farlo.
Quando Ifigenia prese sonno, tornai a guardare le stelle. “Sì - mi dicevo - c’è bellezza, ordine, giustizia nell’Universo. C’è un Creatore, un demiurgo artista di somma sapienza. Chiunque egli sia, ne sa più di me e io mi lascio guidare osservando le stelle rette da Lui
Correggo le circolazioni della mia testa uniformandole ai movimenti di questo cielo ordinato.
Il re popolare e pazzo nel suo eremitaggio dentro i castelli intorno allo Starbergersee dove morì affogato in cinquanta centimetri d’acqua, l’aveva perso di vista.
Bologna 31 settembre 2024 ore 16, 08 giovanni ghiselli
p. s.
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