Mercoledì ventisette maggio, pieno di doloroso amore, volevo capire il mio sentimento misto: non integralmente cattivo né tutto buono che Ifigenia mi infondeva nel petto da parecchi mesi oramai: io la amavo e la apprezzavo, ma la detestavo anche, e la consideravo pure spregevole. Sul monte delle formiche, tre giorni prima, era stata bravissima: aveva sì vacillato faticando a dismisura; anzi, quando mancava un chilometro solo, il più duro, era stata vicina a cedere stramazzando al suolo e singhiozzando come una grossa folaga colpita a morte da un cacciatore spietato e ghiotto della sua carne saporita; mentre Ifigenia incitata da me, aveva raccolto tutte le forze, aveva stretto i denti, conservato l'equilibrio, spinto i pedali con le belle gambe sode, tirato il manubrio con le forti braccia tornite, e ci era riuscita. L'avevo ammirata per la prova di forza e di volontà. Mi era sembrata una persona in gamba, cosciente di quanto voleva, e capace di conseguirlo, soprattutto se la incoraggiavo. Quel giorno ero arrivato a pensare che non fosse un obbrobrio amare una donna sifffatta1. Nei due giorni seguenti Ifigenia alternò un'allegria forzata e rumorosa con una muta e cupa stanchezza. In certi momenti mi si appoggiava addosso con tutto il peso del corpo statuario e della piccola testa; a volte appariva estranea, quasi ostile alla mia persona . Seguivo i suoi sbalzi mentali con pena, ma non disperavo di arrivare a capire le cause più vere di tanto squilibrio che mi contagiava. Comunque volevo comprendere per quale ragione non funzionasse più l'amore con quella ragazza che pure aspirava all'arte, e aborriva la vita ostile alle Muse della gente ordinaria. Questo almeno era quanto affermava lei stessa, con la sua bocca. Era bugiarda? Gli ultimi giorni di maggio ella temeva la prova che doveva affrontare ed era sempre più squilibrata. Io ne soffrivo senza potere aiutarla. Infatti, come ebbe avuto il commento scritto al dramma di Horvàth e lo ebbe approvato con ringraziamenti e salamelecchi cerimoniosi, per due dì e due notti non si fece vedere né sentire, onde impiegare tutto il tempo, le emozioni e le forze nella preparazione della prova d'esame, suppongo. Io rileggevo i miei maestri educatori e annotavo alcuni versi belli assai e confacenti al mio stato d'animo. Li trascrivo, sperando di indurti, lettore, a studiarne con amore i volumi .
Ottima è l'acqua2
E bruciarono nella solitudine 3 . Mi manca l'occhio dell'esercito 4
I fiumi della notte tenebrosa eruttano un'oscurità infinita 5
Nessuna delle fatiche mi si presenta nuova o inattesa: io ho presofferto tutto 6 .
Non sapere in anticipo, è assenza di pensiero7
Quel pomeriggio prevaleva Pindaro il poeta “ infiammato del più pazzo fuoco, l’uomo la cui anima è in totale disordine”8. Non oso scrivere “come la mia” però lo pensavo
Il pomeriggio di giovedì 28 maggio Desdemona mi telefonò e mi diede l'angoscia. Mi fece capire che con me si annoiava, mentre si sentiva viva e reale quando preparava l'esame di recitazione che pure la terrorizzava. Intanto si emozionava nel lavoro preparatorio che la teneva in contatto con il regista, con i compagni e con il testo; poi, sabato sera, si sarebbe eccitata nel rapporto con il pubblico cui oltretutto avrebbe fatto ammirare il proprio corpo inguainato in una calzamaglia molto aderente e diafana. Nel locale notturno, il Maxim, su un palcoscenico di cabaret, Marianne doveva apparire per diversi minuti vestita soltanto delle mutandine e di una guaina color carne, attillatissima e trasparente. Il regista, quello panciuto, forse per valorizzare o sfruttare la bellezza della ragazza, aveva enfatizzato e prolungato la scena, facendo mimare uno Zeppelin dai movimenti più o meno aerei delle membra di lei. Questo non mi faceva piacere, ma non era un elemento che scatenava ire o tristezze. La sera comunque ero depresso: la notte prima non avevo dormito per il tormento del raffreddore da fieno, e quel giorno avevo dubitato delle mie capacità di scrivere quel capolavoro che da diversi mesi oramai mi premeva molto più della pudicizia e dell'amore stesso della mia compagna sviata. Mi veniva in mente Catullo: un consolatore per gli amanti non contraccambiati e dolenti. Alcune sue parole, se ne sostituivo una soltanto, si confacevano bene alla mia pena amorosa: Non iam illud quaero, contra me ut diligat illa,/ aut( quod non potis est) esse pudica velit; ipse scribere opto et taetrum hunc deponere morbum./ O di, reddite mi hoc pro pietate mea "9. Il poeta della venusta Sirmio piaceva molto anche ai ragazzi: per il fatto che scriveva di amore e non voleva sapere se Cesare fosse bianco o nero 10. I giovani di fatto erano diventati apolitici. I telegiornali del regime parlarono a lungo dello scandalo della P2. Sperai che tale questione cruciale diventasse urgente per molte coscienze. Ero triste. Pertini invece scherzava con i giornalisti. L'arzillo vecchietto diceva:"Bisogna prendere le cose con animo lieto, altrimenti è finita". "Infatti da non pochi anni- pensai- affaristi, assassini e mafiosi si sganasciano dalle risate". All'una di notte telefonò un'altra volta Ifigenia. Disse solo:"Sono io. Vieni a prendermi davanti all'Antoniano". Stavo studiando per darle altri suggerimenti . Ci andai di corsa. Mi aspettava, sola, sulla soglia dell'edificio che contiene la scuola, una chiesa, un cinema, e chissà quali altri locali destinati a vari incontri. Era scura in volto, quasi adirata. La salutai, la feci entrare nell'automobile, le domandai come fossero andate le prove. "Male", rispose. "Questa sera al regista non sono piaciuta". "Come mai?", le chiesi, ostentando stupore. A lei infatti dicevo che la credevo brava, e forse ne ero convinto. "Non voglio parlarne; non questa sera. E' tardi. Portami a casa subito". Arrivata, mi salutò appena. La odiai. Pensavo:"Stai attento, bischero, perché quella ha preso tanto potere su te da usarti e trattarti come il suo autista. Ma non un servo amico di cui si fida; tu sei il lacché tenuto a distanza e spregiato, quello cui la padrona non si degna di rivolgere lo sguardo altero né la parola superba". Ebbi anche il sospetto che avesse fornicato : le altre volte che, dopo le prove, si era fatta accompagnare a casa, mi aveva chiamato intorno alle undici e mezzo: strano tale spostamento dell'orario, e ancora più strano il fatto che, avendo la compagnia terminato le prove all'una, lei si trovasse già tutta sola davanti al portone all'una e cinque minuti. Il malumore e il non guardarmi in faccia mentre le facevo un piacere, poteva essere segno di un incontro erotico, probabilmente malriuscito, con il regista o con un attore. Forse quello che faceva la parte di Alfred: Ifigenia doveva baciarlo, per esigenza di copione, nella scena sul bel Danubio, al suono del valzer "Voci di primavera ". "Il Danubio è morbido come un velluto". " Come un velluto ". Mi consolai con l’ironia ricordando: “anche tu giovanni non sei onesto come il tuo santo: hai fornicato più volte, seppure in altri paesi e con diverse ragazze”. Feci una pausa poi mi giustificai: “Oramai però sono già morte”, mentre il ganzo di quella è vivo e spesso anche presente. Note 1 Cfr. Iliade, III, vv. 156-157:" ouj nevmesi" Trw'a" kai; ejϋknhvmida" jAcaiou;" -toih'/d j ajmfi; gunaiki; polu;n crovnon a[lgea pavscousin", non è peccato che Troiani e Achei dai begli schinieri soffrano a lungo dolori per una donna siffatta. 2 Cfr. Pindaro, Olimpica I , v. 1. 3 Cfr. Pindaro, Nemea X , v. 72. 4 Cfr. Pindaro, Olimpica VI, v. 18.
5 dovrebbe essere Pindaro anche questo ma non so da quale ode provenga o se sia un frammento. 6 Cfr. Eneide, VI, vv. 103-105. 7 Cfr. Pindaro, Olimpica VIII , 60. 8 Leopardi, Zibaldone, 1856. 9 Cfr. Catullo, Carmi, 76, 23-27. Non chiedo più quello, che ella contraccambi il mio amore, o, (cosa che non può essere) che voglia essermi fedele; io desidero scrivere (ma nel testo catulliano c'è valēre, stare bene) e mettere via questo male oscuro. O dei, datemi questo in cambio della mia devozione. 10 Cfr. Catullo, Carmi, 93.
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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giovedì 24 ottobre 2024
Ifigenia CCXX. Se ho fornicato fu in altri paesi.
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