Alcibiade "svolge dinanzi all'assemblea popolare il disegno vertiginoso della conquista di tutta la Sicilia e del dominio su tutta la Grecia, dichiarando che lo sviluppo di una potenza come quella d'Atene non si può razionare: chi la detiene, non può conservarla che con l'estenderla sempre più, giacché la sosta significa pericolo di decadenza"[1].
Trascrivo alcune parole di Alcibiade :" kai; th;n povlin, eja;n me;n hJsucavzh/, trivyesqaiv te aujth;n w{sper kai; a[llo ti"(Tucidide, VI, 18, 6) e la città, se rimarrà tranquilla si logorerà da sola, come qualsiasi altra cosa.
Pericle, nell’ultimo discorso che Tucidide gli attribuisce, dice agli Ateniesi: “turannivda ga;r h[dh e[cete aujth;n, h}n labei'n me;n a[dikon dokei' ei\nai, ajfei'nai ejpikivndunon” (II, 63, 2) avete un potere che è oramai una tirannide che può sembrare ingiusto prendere ma pericoloso abbandonarla.
Tucidide quindi fa dire a Cleone succeduto a Pericle quale beniamino del popolo "turannivda e[cete th;n ajrchvn", (III 37, 2), avete un impero che è una tirannide la quale per reggersi deve usare la forza e bandire la compassione
Pesaro 16 ottobre 2024 ore 11, 5010, 30 giovanni ghiselli
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