NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 17 ottobre 2024

Ifigenia CCIV. Diverse ore piene di ammaccature.


 

Tornammo alla Campagnola e salimmo in camera sua. Si stese sul

letto. Volle che le tenessi una mano e leggessi i miei appunti del

mese di Marzo. Lessi le annotazioni copiose dalle quali avrei tratto

i due capitoli precedenti. Ifigenia ascoltava con attenzione.

Quando ebbi finito, disse:"bravo, continua così: ci sai fare."

Poi chiese il quaderno per scriverci sopra. Glielo diedi e volsi

lo sguardo fuori dalla finestra, ai monti cominciavano a coprirsi di rosa. "Presagio d'estate felice", pensai, come mi ero già detto  a Moena la primaverache precedette l'incontro con la ragazza bella bruna e vivace.

Allora si era avverato.

Rivolsi una preghiera al sole che rosseggiava tra le pietre dei

:"Falla diventare un'attrice famosa, e fammi scrivere un

capolavoro capace di educare un popolo intero". Il dio non diede

alcun segno. Invece mi chiamò Ifigenia per restituirmi

l'agenda con queste parole:"Caro gianni, sto male da morire. Ho il

fegato in cattivo stato: "visceri guasti dai ripugnanti sospiri” 9

  e mi sento quella persona infelice, malata che sono diventata. Ma io

non sono così di natura. Una delle mie caratteristiche è essere

sana oltre che allegra, vitale, ecc. Tu dici che vuoi il mio Bene e

secondo te il mio Bene è che tu continui a scrivere, a essere forte.

Dici che sono infelice e non ti chi… ". Qui si interrompe. In fondo

alla pagina sono disegnati due volti piccoli, con occhi grandi ma

poco espressivi, con capelli folti, nasi leggermente carnosi e

pronunciati, denti appena un poco fuori dalle labbra sensuali. Schizzi di ritratti.

A cena Ifigenia continuò a fare la grande malata: mangiò solo

del riso scondito, e subito dopo, tra lamenti e sospiri, volle tornare

in camera. L'accompagnai. Mi pregò di rimanere a dormire con lei.

 

La mattina seguente si svegliò guarita e contenta. Allora le proposi

di sciare con me, sulle piste del Lusia: il gruppo di mia sorella era

andato su quelle del San Pellegrino, perciò non avremmo

incontrato nessuno che, conoscendola, potesse vederla cadere,

posto che fosse caduta. Così la convinsi: infatti temeva il ridicolo.

Mi seguì in direzione della discesa Le Cune-Valbona che per un

principiante, a onore del vero, è alquanto difficile. Voglio dire che

 non fui un bravo maestro, né un amico, portandola da quella parte.

Comunque la precedevo, mi giravo e la incoraggiavo a tentare i

brevi tratti che ci separavano. Le davo pure suggerimenti vari sulla

tecnica sciistica dove del resto io stesso ho più da imparare che da

insegnare. Non potei evitarle di cadere innumerevoli volte, anche

pesantemente. Nei casi peggiori mi piombava addosso, e,

precipitando, mi trascinava con sé. Allora dovevo rimettere in

piedi tutti e due, con fatica ogni volta maggiore. Dopo pochi metri

di scivolata, ricadeva, più o meno male, ma sempre cadeva.

A metà discesa si tolse gli sci, esasperata e, credo, ammaccata; mi

accusò persino di avere voluto ammazzarla spingendola giù per quel

burrone scosceso.

Risposi che la pista non era nera, e che cercavo di insegnarle con il

metodo attraverso il quale avevo imparato io: anche a nuotare

avevo cominciato buttandomi dal moscone dove non toccavo,

quando non ero sicuro di galleggiare. Avevo sì e no cinque anni.

Replicò sdegnata che lei era diversa da me, e non voleva rischiare

la vita; quindi mi consegnò i suoi sci e cominciò a scendere

camminando. Ogni due passi imprecava. Mentre facevo la discesa

da solo, con i suoi attrezzi tra le braccia, pensavo:"Ma guarda se

quella, da quando frequenta una scuola di recitazione, deve avere

l'ardire di credersi una gran donna, superiore a te. Hai visto come

era goffa ? Hai contato quante volte è caduta? Se non ti

ama più siccome pensa di trovare un principe azzurro

nell'ambiente dello spettacolo, vada pure a cercarlo nel teatro l’eroe della sua pupazzata. Sarà lo strappo nel cielo di carta 10 della sua baracca dei burattini avanspetttacolo a darle coscienza dell'errore che ha fatto cambiando te

con una marionetta gesticolante. In fondo colei è stata pure una palla di piombo attaccata con una catena ai tuoi piedi leggeri  per invalidarne la

corsa. Oggi per esempio, sai quanto avresti sciato più volentieri

con tua sorella, o anche da solo, piuttosto che con quella noiosa

balorda! Per quanto riguarda la tua opera d'arte poi, non credere

che tale incapace sia necessaria; anzi, comincerai a scrivere con

impegno totale quando questa sciagurata Desdemona sarà andata via. E intanto, finché rimane, disturba. Antiquus amor cancer est: sparita lei, tu sarai libero da tanto tumore; passata la sofferenza della necessaria resecazione, ti sentirai veloce,  potente e potrai lanciarti spedito verso la meta dell'arte".

La aspettavo a Valbona. La vidi arrivare dopo una mezz'ora.

Avanzava  zoppicando eappoggiandosi sulle racchette.

"Vecchia e brutta", pensai.

Tornammo in albergo. L'accompagnai in camera sua. Guardai

l'orologio. "Sono le cinque-dissi-, adesso ci laviamo, ci riposiamo

un poco, e ci vediamo tra un'ora".

"Va bene-rispose-, a cena". Ma questa era alle otto: non voleva fare l'amore. Una volta non perdevamo nemmeno un’occasione  di pochi minuti, anche se non avevamo una stanza per la nostra libidine. Mi allontanai facendo questa constatazione triste. Scesi in camera mia, mi lavai e asciugai in fretta, poi uscii per parlare con i monti amici e con il santo volto di luce che tramontava. Erano quasi le sei. A quell'ora, nelle sere non annuvolate di primavera, le rocce antropomorfe prendono un colore  che suscita buoni presagi, evoca ricordi di maggi odorosi, di calde, aulenti sere piene

di voli. I  monti rosati dall'ultimo sole mi parlarono anche.

Dissero: "Non preoccuparti, gianni, non te la prendere. Non sei più

il bambino umiliato e maltrattato che dovevamo consolare

trent'anni fa, quando oltre noi non avevi nessun conforto per il

padre vacante, nessuna difesa dalle zie imperiose, dalla madre furente o silente e spensierata. Né avevi ricordi buoni. Ora sei un uomo di trentasei

anni e non sei male: hai avuto il beneficio dell'amore di donne

anche belle e fini ben più di questa, hai conosciuto il pensiero di persone intelligenti e geniali, hai costruito dentro di te una forza che nessuno potrà

sottrarti, che anzi si accresce di giorno in giorno mentre la

propaghi insegnando. Ifigenia è una ragazza bella assai, non è

proprio scema, non è ignorante del tutto, ma tu puoi trovare di

meglio.

Pensa a quanta strada in salita hai fatto da quando venivi qua

bambino angariato a domandarci:"Ditemi monti dal volto

umano, tu amico Piz Meda, tu caro Sas da Ciamp, tu fraterno

Mesdì, che cosa ho fatto di male per soffrire in questa maniera?

Fatemi capire in che cosa sbaglio, piccolo come sono, e smetterò.

Quali peccati ho commesso perché una zia possa denigrarmi


dicendo che sono un bambino scalmanato, perché la mamma

dai capelli neri e lucenti come le piume dei grandi uccelli che

planano adagio sopra le vostre foreste scure, dagli occhi grigio

verdi e inafferrabili come le trote dei vostri torrenti, in due

settimane che sono qui a patire aspettando, non mi ha mandato

nemmeno una cartolina con baci e saluti?"

Ricordi quanto  male ti andava? Camminavi solo su queste strade,

ed eri malvestito, e pativi, e non lo facevi per posa come oggi, soffrivi davvero per tante carenze soprattutto affettive,  eppure pensavi che ti saresti rifatto: un giorno, magari lontano, però sicuro, non saresti

più stato un mendicante di carezze in balìa di gente disordinata. Ebbene, da

allora diverse creature ti hanno amato; alcun persone ti hanno

ammirato; altre hanno dovuto temerti; i colleghi invidiosi ti hanno

fatto una guerra iniqua che giustamente hanno perduto, poiché gli

allievi hanno preso non loro, ma te quale modello di cultura e di

vita. Pensa alle donne che ti hanno donato l'amore nella gioia, o

l'amicizia nella contentezza, l'affetto e la solidarietà nei momenti

difficili. Ti è andata bene, gianni, molto bene ti è andata. E non è

finita qui. Dai retta a noi che siamo più antiche dei tuoi poeti, più

di Sofocle che prediligi, anche del poeta sovrano, l’antichissimo Omero siamo più antiche noi, e abbiamo visto tanta gente soffrire. Ma tu sai farlo con

dignità, con nobiltà, come i tuoi eroi della tragedia: tu dal dolore

sai trarre comprensione11 e accrescimento . Con la volontà buona e

l'intelligenza hai conquistato quanto nemmeno osavi sperare:

Elena, anzi due Elene, di cui una augusta, poi Kaisa poi Päivi, per esempio; poi altre, compresa Ifigenia. Cos'altro vuoi?

Dillo a te stesso, dillo a noi, e lo otterrai. Quella ragazza non l’hai mai voluta per sempre. Hai pensato che con la sua bellezza esterna volesse sottomettere la tua interiore, meno apparente ma più produttiva e reale, e non hai voluto scambiareoro con rame, come fece con Diomede  Glauco12 cui Zeus tolse il senno . Non è così?"

Ammisi tutto e ne fui confortato. Capii che avevo motivi razionali e

reali per essere ottimista. Ringraziai i monti amici, le convalli

rifugi di fiere montane, i dossi sporgenti, le rupi scoscese a me

familiari , e tornai alla Campagnola.

Note

9

E' un verso del terzo coro del dramma che avevo scritto in Dicembre: La scuola

corrotta.

 

10

Cfr. Pirandello, Il fu Mattia Pascal, cap. XII.

 

11

Cfr. Eschilo, Agamennone, vv. 177:" tw` pavqei mavqo~”,

attraverso il dolore la comprensione.

 

12

Cfr. Iliade, VI, vv. 234-236.


 

 

Pesaro 17 ottobre 2024 ore 12, 02 giovanni ghiselli

p. s

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