Quella sera, solo davanti al televisore nella cucina sconvolta, vidi la Loren giovane e mi sembrò simile a Ifigenia. Per tutto il tempo del film sentii la dolorosa mancanza della compagna precaria; quando fu finito, pregavo che mi telefonasse, come faceva solitamente dopo uno spettacolo visto da entrambi in luoghi diversi; infatti non mancò di chiamarmi, e mi rese felice. Le dissi che se mi avesse dato una mano sarei divenuto il più grande scrittore, non di tutti i tempi, poiché superare Omero, i tragici greci, i drammaturghi latino, Lucano, Petronio Dante, Machiavelli, Foscolo, Leopardi, probabilmente non era alla portata mia, e forse nemmeno il massimo autore del Novecento, siccome anche Joyce, Proust, Kafka, Thomas Mann sono dei giganti; ma il migliore vivente sì per dio, mi era possibile, e lei di conseguenza poteva diventare la prima attrice del mondo. Ci ridemmo sopra, poi ci salutammo. Io credevo a quanto le avevo detto sia pure con tono scherzoso, poiché fa parte della mia autoeducazione prefissarmi mete alte, difficili, quasi inarrivabili, e cercare di raggiungerle mettendoci tutte le forze e moltiplicandole durante l’impresa; così andai a letto con le lacrime agli occhi pensando che leiaveva le qualità essenziali per farmi da Musa, Calliope o Melpomene 4 ispiratrice di un capolavoro che avrebbe fatto epoca e rieducato il meglio dell'umanità. Non sapevo che il 15 di quello stesso mese di marzo mi avrebbe lasciato una prima volta, e il 13 giugno una seconda, in modo irreparabile, tanto da indurmi a considerarla perduta piuttosto che solo smarrita come due mesi prima, a chiudermi in casa e a sposare me stesso per dare alla luce questo romanzo nella solitudine immensa e spaventosa di un anno pur confortato dalle rare, preziosissime visite sue, e di un paio di altre giovani donne grazie al cielo benigno che mi voleva presente, vivo, e tenuto in forze dalla coscienza di mettere al mondo qualche cosa di bello, di utile per quanti mi avrebbero letto in futuro. Allora non potevo contare il tempo che ci sarebbe voluto per scriverlo tutto intero, poi correggerlo, limarlo ad unguem , dargli la mano estrema. Contavo di non scoraggiarmi e di non morire nel darlo alla luce, quando forse avrei avuto quaranta o più anni, primiparo annoso. Oggi invero mi avvicino al compimento dell’ottantesimo anno e ancora non ho terminato il mio compito.
Nota 4 La prima è la Musa della poesia epica, quindi anche del romanzo che Hegel nell'Estetica definisce "la moderna epopea borghese"(trad. it. Feltrinelli, Milano, 1978, p.1447); la seconda è l'ispiratrice dei tragediografi.
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Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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domenica 13 ottobre 2024
Ifigenia CLXCI Il rimuginare. Seconda parte: il progetto di un capolavoro.
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