Torno a porre domande
Gianni:“Ti devo presentare una domanda però, caro Sofocle prima di buttarmi a capofitto nello studio dell’Edipo re e delle altre tue tragedie.
Gli allievi mi hanno detto che sei un reazionario: rifiuti le leggi scritte e dai maggiore importanza ai legami di sangue che ai rapporti sociali, politici e pure affettivi. Inoltre ho letto nella Storia sociale dell'arte di Hauser queste parole che sembrano confermare tale critica al tuo parteggiare politico, “politicamente scorretto” dicono alcuni: “"fin da principio Sofocle sacrifica l'idea dello Stato popolare democratico agli ideali dell'etica nobiliare; e, nella lotta fra il diritto familiare privato e il potere assoluto ed egualitario dello Stato, parteggia risolutamente per l'idea tribale"[1].
Sofocle: “ingenuo ragazzo, leggi i miei testi prima dei luoghi comuni di certa critica. Ti ricordo alcuni eventi e scelte della mia vita. Nel 442 sono stato ellenotamio, uno degli amministratori della confederazione delio-attica; nel 441, in seguito al successo dell'Antigone , fui eletto fra i dieci strateghi con Pericle, e fui stratego una seconda volta, nel 427, con Nicia.
Euripide: è vero, tuttavia risulta pure[2] che nel 413, dopo la catastrofe della spedizione in Sicilia, tu hai fatto parte del collegio dei dieci probuli i quali prepararono il governo oligarchico dei Quattrocento.
Sofocle:” dopo la morte di Pericle la democrazia era degenerata via via in demagogia con i caporioni del popolo fautori della guerra a oltranza: Cleone, poi Iperbolo, poi Cleofonte.
Non è democrazia quella in cui la massa possa fare tutto ciò che vuole ed elegge quelli che la adulano. Lo scriveranno tanto Senofonte[3] quanto Polibio[4]. Lo suggerisce Aristofane in diverse commedie.
Tu, professorino, dovrai leggere molti testi e impararli se vuoi passare da questo apprendistato meno che dilettantistico a una professionalità seria che ti procuri il rispetto e l’amore dei tuoi studenti.
Gianni: “Ci tengo molto infatti e studierò con tutte le mie forze. Intanto dimmi qualche cosa sul tuo rifiuto delle leggi scritte”.
Sofocle
Ho rifiutato quelle disumane come il decreto di Creonte che impedisce di seppellire i morti e ho anteposto a tali imposizioni tiranniche le leggi vere: quelle fondate sul volere divino e sulla coscienza umana.
Senti queste parole cantate dal Coro nel secondo Stasimo della mia Antigone:"Oh, mi accompagni sempre la sorte di portare/ la sacra purezza delle parole/e delle opere tutte, davanti alle quali sono stabilite leggi/sublimi, procreate/attraverso l'etere celeste di cui Olimpo è padre da solo né le /generava natura mortale di uomini/né mai dimenticanza/potrà addormentarle:/grande c'è un dio in loro e non invecchia"[5]. Sono versi cruciali.
La figlia di Edipo si rifiuta di obbedire alle leggi antiumane e contrarie al volere divino.
Quando suo zio, il tiranno di Tebe le domanda:"E allora tu hai osato trasgredire queste leggi?”, (v. 449),
Antigone risponde:“Sì, infatti secondo me non è stato per niente Zeus il banditore di questo editto/né Giustizia che convive con gli dei di sotterra/determinò tali leggi tra gli uomini,/né pensavo che i tuoi bandi avessero tanta/forza che tu, essendo mortale, potessi oltrepassare/i diritti degli dei, non scritti e non vacillanti (vv. 450-455).
Una ribellione che questa ragazza pagherà con la via.
Euripide chiede la parola a Sofocle, quindi obietta: “Io credo che le leggi scritte siano una diga, uno sbarramento contro gli arbìtri del potere. L’ho scritto nelle mie Supplici dove Teseo, il paradigma mitico di Pericle, propugna la democrazia e all’araldo tebano, mandato da Creonte per impedire, al suo solito, la sepoltura dei morti, dice che quando c’è un tiranno non esistono più leggi comuni (novmoi/koinoiv, vv. 430-431).
Quindi il re democratico di Atene aggiunge e chiarisce: “gegrammevnwn de; tw'n novmwn o{ t’ ajsqenh;~-oJ plouvsiov~ te th;n divkhn i[shn ecei ” (vv. 433-434), quando ci sono le leggi scritte il debole e il ricco hanno gli stessi diritti.
Sofocle: caro Euripide, diciamola tutta. Ricordi le parole dello scita Anacarsi a Solone chiamato diallakthv" kai; nomoqevth", pacificatore e legislatore. E tu che fai il tirocinio con noi ne sai qualcosa??
“No, nessuno mi ha mai nominato Anacarsi”.
Euripide: “ ricordaglielo tu Sofocle che sei tanto bravo e vinci tutti i premi gradito come sei tanto ai giudici quanto al pubblico”.
Sofocle: Anacarsi derideva l’opera di Solone che pensava di frenare l’iniquità dei cittadini con parole scritte, le quali, diceva, non differiscono affatto dalle ragnatele (mhde;n tw`n ajracnivwn diafevrein), ma, come quelle, trattengono le prede deboli e piccole, mentre saranno spezzate dai potenti e dai ricchi (uJpo; de; dunatw`n kai; plousivwn diarraghvsesqai)[6]. Lo ha scritto Plutarco, sacerdote delfico.
Del resto Antifone sofista già nel nostro secolo ha aggiunto queste parole " e[sti de; pavntw" tw'nde e{neka touvtwn hJ skevyi", o{ti ta; polla; tw'n kata; novmon dikaivwn polemivw" th'/ fuvsei kei'tai" per queste ragioni soprattutto si svolge la nostra indagine: che la maggior parte di quanto è giusto secondo la legge si trova in contrasto con la natura[7].
Euripide: “ora carissimo Sofocle, ti appoggi alla testimonianza di un sofista? Non hai scritto tante tragedie di successo per confutare il relativismo sofistico di tipo protagoreo con l’uomo che sarebbe misura di tutte le cose?”
Sofocle: “ Per me con la misura del bene e del male datami dagli dei olimpici[8], non esiste nulla di incommensurabile. Ti faccio un altro esempio tratto da un’altra mia tragedia, così offro un altro spunto al nostro apprendista che vuole imparare come si fa a educare i ragazzi. Vorrei che li aiutasse crescere come persone umane.
Un insegnamento positivo contro le abominevoli ingiurie inflitte ai cadaveri viene da Odisseo il quale nella mia tragedia Aiace avverte Agamennone che non è nobile disonorare i morti pur se da vivi erano nostri nemici:"w{st j oujk ejndivkw" g j ajtimavzoitov soi: - ouj gavr ti tou'ton, ajlla; tou;" qew'n novmou" - fqeivroi" a[n. [Andra d j ouj divkaion eij qavnoi,- blavptein to;n ejsqlovn, oujd jeja;n misw'n kurh'/"" (vv. 1342-1345), sicché non giustamente verrebbe disonorato da te: infatti non distruggeresti in alcun modo costui ma le leggi degli dèi.
Un uomo valoroso non è giusto colpirlo da morto , neppure se ti trovi a odiarlo.
Gianni: “Parole sante. Grazie caro Sofocle: sulle tue tragedie sto imparando più da te in questi minuti che nei nove anni di studio della letteratura greca passati a scuola. Educherò i ragazzi con questo tuo aiuto. E anche con il tuo, Euripide caro: tu con le Troiane sei stato il mio primo amore. E’ soprattutto grazie a te che dopo la maturità, nell’ottobre del 1963 mi sono iscritto a Lettere antiche. E lo rifarei mille volte.
Bologna 18 ottobre 2024 ore 20, 31 giovanni ghiselli
p. s..
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[1] A. Hauser, Storia sociale dell'arte, vol. I, p. 122.
[2] Aristotele nella Retorica (1419a) ci informa che Sofocle, interrogato da Pisandro se istituire i Quattrocento non gli sembrasse una cosa cattiva, rispose:"Sì, ma non vi era altro di meglio" (1419a). Comunque in seguito il poeta prese le distanze dall'operato del regime oligarchico
[3] Cfr. Elleniche , I, 7, 12
[4] Cfr. Storie, VI 4 , 4
[5] Antigone, vv. 863-872.
[6] Cfr. Plutarco,Vvita di Solone, 5, 4.
[7] Della verità , fr. B 44 Diels- Kranz
[8] In una visione religiosa che si contrappone al sofistico e protagoreo"pavntwn crhmavtwn mevtron ejsti;n a[nqrwpo", tw'n me;n o[ntwn wJ" e[stin, tw'n de; oujk o[ntwn wJ" oujk e[stin", l'uomo è misura di tutte le cose: di quelle che sono siccome sono, di quelle che non sono siccome non sono(fr. 1 D.-K.).
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