NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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sabato 19 ottobre 2024

Quarta parte. Sofocle, Euripide: rapporti parentali, amore, amicizia come problemi. Edipo re, Antigone, Alcesti.


 

Gianni: “Cari poeti, vi chiedo aiuto: gli studenti mi hanno chiesto di chiarire come si presenta  nei vostri drammi la differenza tra i rapporti affettivi e i legami di sangue.  Chi vuole illuminarmi per primo?

 

Sofocle: comincia tu Euripide con la tua Alcesti.

 

Euripide, No, no, inizia tu che sei nato prima e hai vinto più premi di me. “Io so i dover miei,  non fo inciviltà”.

 

Gianni: “Vedo che segui il melodramma moderno”

 

Euripide: “certo, quelli ottimi  rinnovano l’opera d’arte totale del dramma antico con la compresenza di parole, musica e scenografia. Ma ora lascio la parola al mio venerabile collega”.

 

Sofocle: “Grazie Euripide. Potrei chiamarti Euujrivpidion, Euripidiccio come fa   Diceopoli negli Acarnesi di Aristofane che motteggia sempre e canzona tutti, e se lo facessi sarebbe per affetto, e perché sei più giovane di me, ma non lo faccio siccome sei un grande poeta.   

Dunque: nell’Edipo re ho drammatizzato un guazzabuglio completo  tra i legami di sangue e i rapporti affettivi. Tale è l’incesto che confonde le generazioni: Edipo è figlio e marito di sua madre, padre e fratello dei suoi figli, nipote e cognato di Creonte.

 Anche la Sfinge è nata da un incesto: è un mostro ibrido prodotto dall’unione tra la vipera Echidna e suo figlio, il cane Orto    

Questa mia tragedia smonta l’intelligenza che il figlio di Laio e Giocasta si attribuisce  quando si vanta di avere risolto con la sua gnwvmh l’enigma della cantatrice dura che già nella sua nascita presenta un nesso  con il mito di Edipo.

 Tu professore in  via di formazione, cita ai tuoi studenti i versi chiave 396-398 che ho citato poco fa.

Ho voluto dire che la ragione umana è limitata e non arriva dappertutto.

Edipo indaga freneticamente per scoprire chi ha ammazzato Laio, cerca indizi, vuole misurarli e commisurarli finché viene a sapere dal servo di Laio e dal pastore di Corinto che l’hanno salvato da infante di essere lui l’assassino parricida e incestuoso.  

Nella parodo della tragedia il coro di 15 vecchi tebani dà voce a quello che penso: “ Ahimé, innumerevoli infatti sopporto/le pene e mi sta male tutto/lo stuolo, e non c'è arma della mente/ con cui uno si difenderà; infatti non crescono i frutti/ della terra famosa, né con i figli/si alzano le donne/dai travagli che fanno gridare” (vv. 168-174).  L’arma della mente frontivdo" e[gco" è spuntata  quando indica la cultura razionalistica e sofistica che, mentre proclama l'uomo misura di tutte le cose, e sommo bene l'utile personale, non potrà mai rendere giuste l'ingiustizia e la violenza, non agli occhi dell'uomo religioso.

E’ il sapere senza sapienza di cui ci dirà più avanti il collega e amico Euripide

Peste e sterilità hanno colpito  la terra avvelenata dal mivasma costituito da Edipo stesso succeduto a Laio dopo averlo ammazzato senza sapere che era suo padre e re di Tebe.

Quindi ha sposato la propria madre senza avere coscienza nemmeno di questo. Ecco quanto è illusoria la fiducia che l’arma della mente arrivi a vincere ogni battaglia. 

L’inquinamento è morale, è sempre prima di tutto morale”.

 

Gianni: “ dimmi, per favore, qual è il significato fondamentale dell’Antigone

 

Sofocle: “Certo, in questa tragedia scritta diversi anni prima dell’Edipo re drammatizzo il contrasto tra Creonte e la ragazza Antigone. Il nuovo re ha cacciato Edipo da Tebe ed è un fanatico della disciplina, la peiqarciva, quindi  un nemico giurato dell’anarchia che potrebbe dilagare se la nipote rimanesse impunita dopo avere trasgredito l’ordine di non dare sepoltura al proprio fratello  Polinice che ha preso le armi contro la sua stessa città.

Ti ricordo le parole di Creonte:

“Non c'è male più grande dell'anarchia./Essa manda in rovina le città, questa ribalta/le famiglie, questa nella battaglia spezza/  le schiere dell'esercito in fuga; invece le molte vite/di quelli che vincono, le salva la disciplina" (v. 672-675).

Visto che insegnerai anche latino, ti ricordo questa identificazione della disciplina con la panacea salvifica si trova pure in Tito Livio il quale la  attribuisce, in ambito militare appunto, a Tito Manlio Torquato. Questo console durante la guerra contro i Latini (340-338 a. C.) condannò a morte il figlio che aveva osato combattere contro il suo ordine, di capo e di padre.

 Le parole dell’accusa sono queste:"tu, T. Manli, neque imperium consulare neque maiestatem patriam veritus, adversus edictum nostrum extra ordinem in hostem pugnasti, et, quantum in te fuit, disciplinam militarem, qua stetit ad hanc diem Romana res  solvisti " (VIII, 7) tu, Tito Manlio, senza riguardo per il comando dei consoli e per l'autorità paterna, hai combattuto il nemico contro le nostre disposizioni, fuori dallo schieramento, e, per quanto è dipeso da te, hai dissolto la disciplina militare, sulla quale sino ad ora si è fondata la potenza romana.  Ti suggerisco di insegnare la letteratura con metodo comparativo.

 

Ma torniamo al mio dramma.Antigone, la sorella di Eteocle che ha difeso Tebe, e pure di Polinice che l’ha attaccata con l’esercito argivo, sente amore per entrambi i fratelli, e si oppone al decreto disumano di Creonte, il fratello di sua madre.

Antigone è una vergine vestale della sorellanza.

Nei primi versi chiede aiuto alla sorella Ismene invocandola con queste parole. “O capo davvero fraterno di Ismene, sangue mio" (v- 1). Ismene però non ha il coraggio di Antigone e non se la sente di sfidare il potere suscitando lo sdegno dell’audace, irriducibile sorella.

Quando Creonte le domanda: “E tu non ti vergogni se la pensi in maniera diversa da questi?"

Antigone gli risponde:"No perché non è per niente vergognoso onorare quelli nati dalle stesse viscere" (vv- 510-511)

 

Gianni:  “Mi piace molto il fatto che tu presenti la carne viva dei tuoi drammi citando i versi e documentando ogni tua nota esplicativa con le parole del testo. Mi suggerisci un metodo. Sono testi molto belli oltretutto.

I rapporti di sangue dunque sono fortemente sentiti dai tuoi personaggi e sono complicati: variamente amati, sofferti, odiati .

Non dai niente per scontato: tutto è problematico e lo spettatore deve pensare.

 

Quindi mi rivolgo a Euripde perché mi aiuti a ripassare i suoi drammi.

Mi sento uno scolaretto di fronte a questi due autori, accrescitori sublimi: “Ricordami, ti prego, come hai trattato questo tema del rapporto spesso problematico  tra le relazioni amorose e quelle parentali. Aiutami a ripassare l’ Al cesti che tradussi anni fa per il secondo esame di greco e ho in gran parte dimenticato”.

 

Euripide:  “ Alcesti è l’ottima moglie , "gunhv t j ajrivsth tw'n ujf j hJlivw/ makrw'/" (v. 151), di gran lunga la più nobile tra le donne che vivono sotto il sole, e dà la propria giovane vita per salvare quella di suo marito Admeto cui Apollo aveva consentito di farsi sostituire da un’altra persona quale preda di Qavnato~.

Al cesti dunque è migliore delle mogli, tuttavia il Coro di vecchi di Fere non arriva a consigliare le nozze: “:"ou[pote fhvsw gavmon eujfravnein-plevon hj; lupei'n, toi'" te pavroiqen-tevkmairovmeno" kai; tavsde tuvca"-leuvsswn basilevw", oJvsti" ajrivsth"-ajplakw;n ajlovcou th'sd&, ajbivwton-to;n e[peita crovnon bioteuvsei" ( vv. 238-242) non dirò mai che le nozze portino più gioia che dolore, argomentandolo dai fatti passati e vedendo questa sorte del re, il quale, persa l'ottima sposa, vivrà in futura una vita non vita. 

 Antifonte sofista afferma che Il matrimonio è un gande cimento, una gara dura per gli esseri umani:"mevga" ga;r ajgw;n gavmo" ajnqrwvpwn"[1].

Admeto prima di chiedere il sacrificio della vita alla sposa lo fa con i genitori che si rifiutano di sostituirlo nella morte. Il figlio allora li aggredisce e li insulta e la stessa Alcesti li biasima rivendicando a se stessa tutto il merito e la gloria del bel gesto.

Dice che il padre e la madre ("oJ fuvsa" chJ tekou'sa",v. 290) chi ha generato e quella che ha partorito, hanno perso l'occasione di salvare nobilmente il figlio e morire con gloria ("kalw'" de; sw'sai pai'da keujklew'" qanei'n", v. 292).

In questa donna dunque c’è amore per lo sposo e un altro  amore, forse ancora più forte, per la gloria.

Lo metterà in evidenza    Diotima di Mantinea una donna sapiente nelle cose d'amore e in molte altre, che dà chiarimenti a  Socrate nel Simposio di Platone

Come vedi anche i miei testi presentano diversi aspetti della vita umana in maniera problematica.

Il rapporto umano meno insicuro è quello tra gli amici: esemplare è l’amicizia tra Oreste e Pilade: nell’Ifigenia in Tauride ciascuno dei due offre la propria vita per salvare l’altro.

Alla fine si salveranno entrambi aiutati dalla dea Atena ex machina, mentre Alcesti verrà sottratta a Qavnato~ privata della sua preda dalla possa di Eracle, ospitato da Admeto.

 

Gianni: “Fammi imparare ancora, per favore, maestro:  “puoi citare alcuni tuoi versi sull’amicizia? E’ un valore forte anche per me: un rapporto umano che spesso funziona meglio e più a lungo dell’amore”.

 

Euripide. “Sì. come no? Volentieri. L’amicizia è tenuta in maggior conto della parentela dal figlio di Agamennone che nella tragedia Oreste[2] dice, riferendosi a Pilade:"acquistate amici, non solo parenti:/poiché chiunque collimi nel carattere, pur essendo un estraneo,/è un cara persona preferibile ad aversi di mille consanguinei (murivwn kreivsswn oJmaivmwn ajndri; kekth`sqai fivlo~)"(vv. 804-806)

 

Bologna 19 ottobre 2024 ore 17, 21 giovanni ghiselli

p. s.

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[1]Intorno alla Concordia  fr. 49 Untersteiner.

[2] Del 408 a. C.

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