NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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domenica 20 ottobre 2024

Sesta parte L’agone letterario continua tra Euripide e Sofocle rimasti soli.


 

 

I due tragediografi  mi cacciano: vogliono restare soli

 

Sofocle: “credo che tu professore apprendista abbia imparato abbastanza sul mio Edipo re che dovrai commentare ai ragazzi; adesso lasciaci soli: voglio parlare a quattrocchi con Euripide”.

 

Euripide: “sì, giovane tirocinante, vogliamo parlare tra noi. Ti faremo avere la registrazione del nostro colloquio dopo averla controllata. Ma ora, mentre parliamo delle nostre virtù e dei nostri vizi, letterari beninteso, non vogliamo essere interrotti da te: sei curioso come il  Lucio di Apuleio, vuoi sapere tutto e ci interrompi troppe volte”

Mi svegliai impermalito. Quei due in ogni caso sono stati di parola e trascrivo quanto dissero quella notte parlando tra loro mentre io, sceso in cucina mi preparavo una camomilla. Più avanti mi fecero arrivare la registrazione di alcune parti della loro conversazione

 Credo che abbiano operato dei tagli per evitare delle lungaggini.

 

Sofocle: “ Euripide, tu sei bravo, non posso negarlo, e quando morirai, se mi precederai  almeno nell’ultimo agone, farò recitare il coro e gli attori dei miei drammi  vestiti a lutto”.   

 

Euripide: “ no, no, non faccio inciviltà e non mi permetterò mai di passarti avanti: sei troppo più bravo di me”

 

Sofocle: “Sei molto bravo anche tu. Allora fammi sapere per quale ragione secondo te le tue tragedie non piacciono quanto le mie.  Il pubblico e i giudici hanno preferito me quasi sempre.

 

Euripide: “In parte perché vado contro il gusto corrente con le mie innovazioni, le disquisizioni, le ragioni e le controragioni dei miei personaggi. Poi c’è stata la critica malevola di quel buffone di Aristofane. Già negli Acarnesi  presenta il mio studio come un laboratorio di straccioni e pezzenti. Nelle Termoforiazuse il personaggio chiamato con il mio nome  sarebbe un antifemminista malevolo al punto che le donne durante la loro festa vorrebbero ammazzarlo; nelle Rane quel commediografo bugiardo ha scritto addirittura che due regine delle mie tragedie sarebbero delle sgualdrine: povrnai. Quel maldicente professionista del resto ha contribuito a provocare la condanna a morte di Socrate con le sue calunnie.

Nell’Ottocento la critica ingiuriosa di Aristofane nei miei confronti è stata rilanciata da Nietzsche.

Meno male che  Goethe  alcuni mesi prima della morte ha scritto nel suo diario :"Non finisco di meravigliarmi come l'elite  dei filologi non comprenda i suoi meriti e secondo la bella usanza tradizionale lo subordini ai suoi predecessori seguendo l'esempio di quel pagliaccio di Aristofane. Ma c'è forse una nazione che abbia avuto dopo di lui un drammaturgo che sia appena degno di porgergli le pantofole?"[1].

 

Sofocle: “non puoi negare di avere degradato diversi eroi togliendo all’ammirazione e all’imitazione del pubblico dei modelli di umanità esemplare. Hai riempito la scena di uomini deboli e farabutti, di donne piagnucolose, dissolute, assassine”.

 

Euripide: “ se è per questo, tu hai messo in scena un re e una regina che hanno cercato di ammazzare il loro figlio neonato il quale è sopravvissuto soltanto per sposare sua madre  e ammazzare suo padre, poi  hai fatto parlare un despota che impedisce di seppellire i morti, un grande guerriero che si suicida dopo essere stato truffato da un impostore, e anche un eroe che viene fatto morire  dalla moglie nel tentativo di recuperarne l’amore. I delinquenti e i mentecatti non mancano nemmeno nei tuoi drammi.

Non solo la mia mente che rende malati gli eroi e dissolute, o pazze e criminali le donne.

 

Sofocle: “Sì è vero,  anche nelle mie tragedie agiscono  personaggi negativi. Questi però non  trionfano. Capiscono e si redimono come Edipo a Colono oppure vanno in rovina come Creonte . Tu rappresenti Medea che dopo avere ammazzato i propri figli canta vittoria e gioisce. E nell’Ifigenia in Aulide attribuisci a Clitennestra delle ragioni plausibili per minacciare il marito che poi ucciderà.

Per giunta i tuoi drammi  grondano di lacrime ambigue: possono significare tanto il dolore quanto la gioia. Nelle tue tragedie le lacrime non solo di donne, ma anche di uomini, sono a buon mercato come le bugie.

Ti ricordo  questi versi: dell'Elettra, dove la protagonista umiliata,  vestita da serva e con il capo raso, si tiene viva con il pianto "avanti, ridesta il medesimo lamento/solleva il piacere dalle molte lacrime "  ( 125-126).

Nell'Elena,  Menelao, naufrago in Egitto, afferma: "le lacrime sono la mia gioia: hanno più /grazia che dolore"(654-655).

Tu insegni la debolezza agli spettatori: Nietzsche ti accusa giustamente  di avere portato sulla scena lo spettatore cioè l’uomo della vita quotidiana; la tragedia che prima mostrava solo i tratti grandi dell’uomo, con te  ha messo in mostra anche gli aspetti malriusciti della natura umana. Hai degradato gli eroi di Omero, i tipici greci dell’arte antica  trasfigurandoli nel greculo che poi diventerà nella commedia latina lo schiavo bonario e scaltro.

 

Euripide: “tu hai drammatizzato l’ostinazione eroica dell’uomo che pur di non cedere annichilisce se stesso, l’intera sua stirpe e addirittura la propria città. Hai dato un pessimo esempio ai politici ateniesi che hanno mandato in rovina Atene con la sciagurata spedizione in Sicilia”.

 

Sofocle: “io sono stato uno dei dieci probuli che in seguito a quel disastro hanno cercato di contrastare la piaga della demagogia”.

 

Euripide: “io prima di te ho denunciato l’opera deleteria dei demagoghi che assecondano gli umori sfacciati della feccia purché li  porti al potere

Nell parodo della mia Ecuba  il coro delle prigioniere troiane presenta Odisseo come   "lo scaltro / furfante dal dolce eloquio, adulatore del popolo"(vv.131-132).  Costui convince l'esercito a mettere a morte la principessa troiana Polissena, una figura nobile. In questa tragedia Odisseao è un freddo politico che schiaccia una vita innocente.

Nel primo episodio la vecchia regina abbattuta, la madre dolente di Polissena, scaglia un’invettiva  contro la genìa dannata dei demagoghi:"razza di ingrati è la vostra, di  quanti cercate il favore popolare: non voglio che vi facciate conoscere da me: non vi curate di danneggiare gli amici, pur di dire qualche cosa per piacere alla folla. Ma quale trovata pensano di avere fatto con il votare la morte di questa ragazza? Forse il dovere li spinse a immolare un essere umano presso una tomba, dove sarebbe più giusto ammazzare un bue?(vv. 254-261).

Questo Odisseo è il padre di tutta la razza dannata dei demagoghi  deleteria da sempre e ancora oggi. Io l’ho stigmatizzata senza fare sconti

 

 

Bologna  20 ottobre agosto 2024 ore 10, 21giovanni ghiselli

p. s.

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[1] B. Snell, La cultura greca e le origini del pensiero europeo,  p. 189.

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