NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

sabato 19 ottobre 2024

Topoi greci antichi nel linguaggio di politici e giornalisti italiani di oggi


 

Sommario con gli argomenti del percorso.

 

Il linguaggio politico. Erodoto e il dibattito costituzionale (III, 80 ss). Monarchia, Oligarchia, Isonomia. Il fatto di “non rendere conto” caratterizza il monarca persiano e il tiranno greco.

 

 

Il biasimo della tirannide assai diffuso nella storiografia, nella letteratura e nella filosofia antica (Alceo, Erodoto, Eschilo, Sofocle, Euripide, Platone, Cicerone Tacito). Il tiranno è prepotente, criminale, incestuoso e pure zoppo (Edipo, Periandro, Riccardo III di Shakespeare). Il tiranno è alcolizzato, erotomane, depresso (Platone, Repubblica).

La tirannide è figlia dell’ u{bri" ( u{bri~ futeuvei tuvrannon Edipo re , v. 873), la prepotenza genera il tiranno. Il tiranno è circondato dalla paura (Sofocle, Seneca, Tacito).

 

Riferito ai giorni nostri: se tale è il tiranno, per eliminarlo sbarazzarsene “val bene” compiere stragi e massacri infliggendoli anche al suo popolo. Vedi la “liberazione” dell’Iraq e della Libia con la cosiddetta esportazione della democrazia.

 

 

Varoufakis e la tirannide dell’Unione europea (“la Repubblica”).

 

 

Critiche alla democrazia, assimilabili a quanto di male si dice ora sul “populismo”. Aristofane, Senofonte, Platone, Il “Vecchio oligarca” Aristotele, Polibio, Cicerone. Il termine dhmokrativa non significa per tutti libertà né uguaglianza di fronte alla legge.

 

 

Curzio Maltese (“la Repubblica”)  deplora la demolizione della classe media. Elogi della classe media: Euripide (Supplici, Oreste), Platone, Leggi.

 

L’ijsonomiva di Erodoto, in Euripide ( le Fenicie del 411) diventa la legge cosmica dell’ ijsovth" , l’uguaglianza che rifiuta l’eccesso. I “moderati” di oggi accusano gli avversari di “estremismo”

 

 

La necessità della memoria storica ( i Tedeschi non vogliono ricordare il passato, Matteo Nucci, “la Repubblica”). Il referendum dei Greci. Cicerone (Orator). Pavese. Leopardi.

 

Enrico Deaglio: importanza dello studio del greco che è in fortissimo declino ("la Repubblica"). L'umanesimo come amore dell'umanità. Non sarebbe male se i politici sapessero citare i classici.  Citazioni sofoclèe. Tsipras, Andreotti e Adele Faccio in altri tempi.

 

Scritte in greco moderno nelle manifestazioni del luglio 2015 nella piazza Sintagma di Atene. Una sola: Oi trapeze" sta ceiria tou laouv, le banche nelle mani del popolo.

 

Un articolo di Massimo Cacciari (“la Repubblica”). Le diversità di Germani, Greci e Latini.  

La Germania di Tacito. Hölderlin ( Il romanzo epistolare Iperione e l’inno Germania). Conclusione di Cacciari:  manca un’auctoritas che guidi l’Europa. Purtroppo. Conclusione dell’Iperione: i Tedeschi sono vuoti e disarmonici come i cocci di un vaso gettato. 

 

 

La Mastrocola (Bellezza della distanza, "Il sole 24 ore") utilizza non bene Lucrezio e la Poetica di Aristotele. Superficialità e grossolanità nel tradurre ("catarsi è purgazione" una traduzione dettata dall'ajpeirokaliva). Forse c'entra Nietzsche (La nascita della tragedia). L'articolo è comunque troppo semplicistico 

 

Il pensiero unico dei Tedeschi (Garton Ash, “la Repubblica”) e, viceversa,  la logica aperta al contrasto dei Greci (Eschilo le Coefore, v. 461, Erodoto e il relativismo culturale, i dissoi; lovgoi, le Antilogie di Protagora).

 

Umberto Galimberti e l’integrazione (“la Repubblica”)  . Questa non deve chiedere allo straniero di sopprimere   differenze e  identità.

 

La dittatura della brevità e la perdita dell’attenzione (Bruno Giussani, “la Repubblica”).

Un excursus su “il tempo”: Anassimandro, Pindaro, Sofocle, Seneca, Ammiano Marcellino, Agostino, Shakespeare, Thomas Kyd, Machiavelli, H. Hesse, Pasolini. 

 

 

I rossi di pelo (Giuliano Aluffi, “la Repubblica”). Aristofane utilizzato non bene. Rubicundi e rubicundae: Plauto, Catullo, Ovidio.

 

La politeiva di Pericle e la nostra costituzione.

Tucidide: uguaglianza (to; i[son) per tutti (cfr. art. 3 della nostra costituzione) rimozione degli ostacoli al pieno sviluppo della personalità (cfr.art. 3 commaB). La libertà (ejleuqevrwςpoliteuvomen, liberamente viviamo da cittadini, II, 37, 2) e la libertà di parola (cfr. art. 21)

 Euripide e la parresia (Ione, Fenicie)

Pericle : non pratichiamo la xenhlasiva la cacciata dello straniero

L’accoglienza dei rifugiati politici (cfr. art. 10).

Il mito di Atene: Sofocle, Euripide, Isocrate, Arriano .

Leggi scritte e non scritte (Sofocle, Euripide, Plutarco)

 

L’Agorá e la politica (Glenn Most, “Il sole 24 ore). La necessità del metevcein (partecipare). L’impolitico. Omero, Tucidide, Aristotele, Plutarco.

 

 

La commedia nuova. Chi è umano per Menandro. Disumano non è tanto l’impolitico quanto l’asociale (cfr. Cnemone, il Dyskolos.

 

La solitudine  scelta (Seneca, Nietzsche, il Tonio Kröger di T. Mann) o coatta (il Filottete di Sofocle).

 

Non-ostanti i limiti della democrazia ateniese, siamo tutti Ateniesi (ancora Glenn Most in “la Repubblica”).

 

Catullo e la passione amorosa contrapposta  ai compiti del civis. Il lavqe biwvsaς. Un articolo pubblicitario (di Armando Massarenti (“Il sole 24 ore”)

La pubblicità

Orbene, anche la scrittura pubblicitaria è stata inventata di Greci (Aconzio e Cidippe, Callimaco e Ovidio).

 

La pubblicità smontata. Il Pericle di Tucidide, Epicuro, Don Milani.  

 

L’imparzialità vera o presunta dei giornalisti (Monica Maggioni, “la Repubblica”). L’imparzialità proclamata ma non sempre praticata dagli storiografi (cfr Tucidide con Cleone, Tacito con Tiberio, Domiziano etc). Come si deve scrivere la storia di Luciano. Un pregiudizio antipopolare limita l’obiettività degli storiografi classici.

 

 

Ancora Glenn Most sul dramma antico (“Il sole 24 ore”). Le lezioni della tragedia greca continuano a essere attuali. 

 

L’eufemismo (Federico Rampini, “la Repubblica”).

 

 Scalfari (“la Repubblica”) e la nostalgia. Un uso improprio dell’Odissea.

 

 

Orbilio, il maestro plagosus e la presunta “repulsione dei giovani verso i testi antichi” (Alessandro Banda, “Il sole 24 ore”). Propaganda contro la scuola e contro la cultura.

 

Presunte analogie tra Enea e il partigiano Johnny di Fenoglio (Massimo Novelli “la Repubblica”).

 

Omero e i sogni (Antonio Gnoli, "la Repubblica").

 

Metafore politiche (Gianrico Carofiglio “la Repubblica”). La Repubblica di Platone con il paragone (non la metafora) tra la polis e l’anima umana, e Il principe di Machiavelli con la parabola della volpe e il leone che risale a Plutarco (Vita di Lisandro)

 

Galimberti   ("la Repubblica") e il Politico di Platone. Politica e pastorizia.

 

Papa Francesco e il suo discorso a L’Avana. Gesù si trova nella povertà e nella misericordia. Platone, Omero e Sofocle.

 

Galimberti, Platone e l’ elogio della follia (“la Repubblica”). Il Fedro platonico.

 

Un errore per lo meno di punteggiatura (Martino Menghi “Il sole 24 ore”). Platone sull’anima umana. Repubblica e Fedro.

 

L’omosessualità. E’ una perversione oppure va associato a Eros Uranio? Platone, Simposio (Galimberti, “la Repubblica”)

 

Conclusione: lo studio del greco e del latino. Tocqueville, Gramsci (Luciano Canfora, “Corriere della sera”, Ivano Dionigi (“la Repubblica”).

 

Aggiunta del giorno prima

Socrate sempre fuori luogo  Gianluca Briguglia recensisce Indagine su Socrate di Maria Michela Sassi in  “Il sole 24 ore” del 6 dicembre 2015

 

 

 

 

 

 

Anche il più incolto dei politici e il più rozzo dei giornalisti deve ricorrere, magari senza saperlo, all’uso di topoi, loci, argumenta della classicità greca e latina, poiché il debito culturale e linguistico che abbiamo con gli autori  greci, spesso mediati da quelli latini, è immenso, difficilmente misurabile neppure dagli specialisti di antichistica.

 

Il linguaggio politico. Erodoto e il dibattito costituzionale

 

Intanto è inevitabile da parte di tutti l’uso di parole di stampo greco comuni a ogni lingua di Europa e frequentissime, come democrazia, oligarchia, monarchia, tre distinti regime delineati in modo già chiaro nel dibattito costituzionale delle Storie di Erodoto.

Lo storiografo di Alicarnasso scrive che vennero pronunciati alcuni discorsi incredibili per alcuni Greci: lovgoi a[pistoi me;n ejnivoisi   JEllhvnwn (III, 80, 1).

 

Tali lovgoi a[pistoi vennero pronunciati, nel 522 a. C. da Otane, Megabizo e Dario, tre nobili persiani che potevano succedere a Cambise.

“In un passo delle sue Storie, Erodoto sostiene molto chiaramente che prima di Clistene la democrazia politica era stata “inventata” in Persia da uno dei dignitari persiani implicati nella congiura che aveva abbattuto l’usurpatore, il falso Smerdis. Erodoto si lamenta del fatto che i Greci, durante le sue letture pubbliche, non avevano accettato questa informazione molto netta e dettagliata (III, 80). Un grande storico della Grecia e della Persia, David Asheri, ha scritto bene in proposito che in questo passo Erodoto ha di mira, in maniera velata, il pregiudizio tipicamente ateniese (più in generale greco) che la democrazia sarebbe un’ “invenzione” greca[1][2]. 

Più avanti (VI, 43) Erodoto scrive che ci sono dei Greci i quali non credono che Otane abbia consigliato il regime democratico per i Persiani. Ebbene costoro saranno sorpresi nel sentire che Mardonio quando, nel 492, giunse nella Ionia, ne depose i tiranni e istituì nelle città governi democratici.

 

 

Otane propugnò un cambiamento di regime dicendo che non è cosa piacevole né buona (ou[te ga;r hJdu; ou[te ajgaqovn, 80, 2) che uno di loro  diventasse re dopo che la magofoniva aveva soppresso il falso Smerdi e altri magi.

Il vero Smerdi, figlio di Ciro il fondatore dell’impero, lo aveva ucciso Pressaspe per ordine di un altro figlio di Ciro, il suo successore  Cambise  il quale aveva fatto un sogno ingannevole. Smerdi dunque era stato ammazzato da  Pressaspe che poi si era ucciso. Cambise era morto dopo essersi ferito, involontariamente, da solo.

-Avete visto l’ybris di Cambise- continuò Otane- poi quella del Mago.

Al monarca è lecito (e[xesti) fare quello che vuole senza renderne conto (ajneuquvnw/ poievein ta; bouvletai).

 

Questa affermazione rientra nel biasimo della tirannide assai diffuso nella letteratura antica (Erodoto, Eschilo, Sofocle, Euripide, Platone, Tacito)

Il monarca persiano visto da Otane  dunque non è diverso dal tiranno delle tragedie.

 

Nei Persiani di Eschilo, Serse, figlio e successore di Dario, morto nel 485,  conduce uomini privi di libertà e non deve rendere conto dei propri atti, nemmeno degli insuccessi.

Il grande re  pur se sconfitto, non è tenuto a rendere conto alla città " oujc uJpeuvquno" povlei" (v. 213),  come  lo è uno stratego eletto dal popolo.

Il fatto di “non rendere conto” dunque caratterizza il monarca persiano e il tiranno greco.

Eschilo contrappone al potere assoluto il sistema democratico di Atene  quando la regina madre Atossa domanda ai vecchi dignitari chi sia il pastore e il padrone dell'esercito greco.

Allora il corifeo risponde:"ou[tino" dou'loi kevklhntai fwto;" oujd j uJphvkooi"  (v. 242), di nessun uomo sono chiamati servi né sudditi.

 

 Il tiranno è anche incestuoso e zoppo

Diogene Laerzio I, 7) riferisce da Aristippo (Della lussuria degli antichi in realtà di ignoto autore del III a. C.) che Periandro si unì con la madre Crateia innamorata di lui.

Periandro ha in comune con Edipo anche la zoppia genetica (cfr. Labda nonna di Periandro  e Labdaco, nonno di Edipo)

 

La zoppia del tiranno

La tirannide, sovranità claudicante, non può procedere a lungo nel suo successo. L'oracolo, che aveva dato via libera a Cipselo per aprirgli la porta del potere, aveva fissato, fin dall'inizio, il termine al di là del quale la discendenza di Labda, non diversamente da quella di Laio, non avrebbe avuto il diritto di perpetuarsi. "Cipselo, figlio di Eezione, re dell'illustre Corinto" aveva proclamato il dio; ma per aggiungere subito:"lui e i suoi figli, ma non più i figli dei suoi figli"[3]. Alla terza generazione, l'effetto della "pietra rotolante" uscita dal ventre di Labda non si fa più sentire [4]. Per la stirpe dei claudicanti, istallati sul trono di Corinto, è venuto il momento in cui il destino vacilla, precipita, sprofonda nella sventura e nella morte"[5].

A proposito della zoppìa del tiranno, Periandro dunque era figlio di Cipselo, nato da una Bacchiade zoppa (cwlhv, V, 92 b), Labda, che nessun membro di questa oligarchia dominante Corinto voleva sposare. La sposò invece uno di origine Lapita, Eezione il quale, siccome non nascevano figli, andò a interrogare l'oracolo di Delfi. La Pizia rispose che Labda era già incinta e avrebbe partorito un masso rotondo[6] che si sarebbe abbattuto sui governanti punendo Corinto.

Umberto Curi ricorda che “Labdaco è nome che deriva direttamente dalla lettera dell’alfabeto greco labda (l), usata abitualmente in età arcaica, per l’asimmetria fra le due “gambe” del segno grafico , come simbolo dello zoppo, come zoppo sarà Edipo, nipote di Labda-co (Endiadi, Figure della duplicità, p. 25 n. 13)

Zoppicante è anche the bloody king  (IV, 3), il re sanguinario di Shakespeare, Riccardo III   il quale si presenta dicendo di essere:"so lamely and unfashionable/That dogs bark at me, as I halt by them "(I, 1), così claudicante e goffo che i cani mi latrano contro quando gli passo.

 

 

 

Varoufakis e la tirannide dell’Unione europea.

 

In “la Repubblica” del 19 settembre 2015 c’è un articolo di Christian Salmon  tradotto da Fabio Galimberti, intitolato “La primavera di Atene ha messo a nudo la tirannia dell’Unione” (p. 21). Ebbene l’ex ministro greco Varoufakis indica la quintessenza della tirannide nel non rendere conto, non essere uJpeuvquno", sottoposta a un rendiconto

“La Primavera di Atene ha dimostrato, anche agli europei che non erano d’accordo con il nostro governo, che tutte le decisioni importanti vengono prese da organismi che non rendono conto a nessuno, privi di trasparenza, dittatoriali, che non rispettano nessun principio di legalità, che agiscono nell’ombra, che nutrono solo disprezzo verso la democrazia. E allora i tempi sono maturi per portare il trittico della rivoluzione francese, libertà, uguaglianza-fratellamza, a livello europeo, e aggiungere a esso tolleranza-trasparenza-diversità”. Si pensi alla tolleranza di Erodoto.

 

 

Essere cittadino, polivthς,  anche con un ruolo direttivo, significa  rendere conto alla povliς.

 

 

Al monarca, continua Otane, viene l’u{briς dai beni presenti, mentre l’invidia gli è connaturata dall’origine in quell’uomo: fqovnoς de; ajrch`qen  ejmfuvetai ajnqrwvpw/.

E’ sua ogni malvagità (Erodoto, e[cei pa`san kakovthta, III, 80, 4)  che   compie  per arroganza e invidia.

Più avanti Erodoto racconta la storia di Trasibulo di Mileto, Periandro di Corinto e Policrate di Samo. Periandro, dopo la lezione di Trasibulo che gli aveva insegnato con un gesto simbolico a tagliare le teste eccellenti, manifestò ai cittadini ogni malvagità : “pa`san kakovthta ejxevfane ejς tou;ς polivtaς (V; 92, h)

 

Eppure il tiranno non dovrebbe essere invidioso poiché ha tutti i beni.

Invece, e torniamo al discorso di Otane, invidia i cittadini migliori, si compiace dei peggiori (caivrei de; toi`si kakivstoisi tw`n astw`n) ed è ottimo ad accogliere le calunnie ( diabola;ς de; a[ristoς ejndevkesqai,  Erodoto, III, 80, 4).

Bologna 19  ottobre 2024 ore 16, 18 giovanni ghiselli

p. s.

Statistiche del blog

Sempre1630659

Oggi83

Ieri210

Questo mese5887

Il mese scorso9470

Questa è la parte iniziale di un percorso che presenterò il 29 novembre  all’Hotel Alexander di Pesaro.

Lunedì 21 ottobre invece sarò nella biblioteca Ginzburg con Alessandro Magno

Questo è il link per la partecipazione  online:  meet.google.com/yjx-kkbe-qdb

 

 

 

 

 

 

 



[1] Erodoto, Le Storie, libro III, La Persia, Fondazione Valla, Milano, 1990, p. 297.

[2] L. Canfora, La democrazia. Storia di un’ideologia, p. 17.

[3]Erodoto, V, 92, e 8-9.

[4]Erodoto, V, 92, e 2. Così le streghe del Macbeth  promettono il regno al signore di Glamis, ma la successione ai figli di Banquo (I, 3).

[5]Vernant e Vidal-Naquet, Mito e tragedia due , pp. 39,  48 e 49.

[6] Erodoto, V, 92 b 2

Nessun commento:

Posta un commento