NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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mercoledì 23 ottobre 2024

Alessandro Magno, Annibale l’Italiano e Scipione l’ Africano.


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Alessandro Magno e la sua automitopoiesi

 

Vivere una vita mitica può diventare un’esperienza tragica, come seppe Alessandro Magno. Con tutta la forza della sua passione, pose davanti agli occhi della sua mente alcune figure divine ed eroiche: Dioniso, Eracle, Achille, Ciro di Persia; e cercò di risuscitarle e incarnarle nella sua esistenza. Forse nessun altro uomo giunse a comprendere in sé tante persone diverse. Siccome non era uno, ma tanti, aderiva ad ogni situazione nel modo più duttile e sinuoso. Alternava il furore e la prudenza, la velocità e la lentezza, la sfrenatezza e la moderazione, la crudeltà e la pietà, l’arroganza e la dolcezza, lo slancio verso l’infinito e l’attenzione alle minime sfumature. La sua vita divenne una vasta distesa senza tempo, dove ogni tempo si raccoglieva. Ma presto egli comprese come sia terribile per un uomo avere tante anime. In ogni momento doveva far coesistere in sé i gesti di Achille e di Ciro, di Dioniso e di Eracle, che talvolta combattevano tra loro. Quando questa moltitudine di immagini e di tempi si accalcava con più violenza nella sua mente, forse Alessandro si domandò: “Chi sono io?...Vivo qui, a Persepoli, a Babilonia, in India, o tra gli dèi, i mostri, le cose ripetute, consacrate, finite?” Travolto da queste sensazioni, che né il vino né il sonno né il delitto riuscivano a vincere, Alessandro temette di perdersi nella più angosciosa delle vertigini”[1].

 

Annibale

“la Repubblica”, 25 agosto, 2007, p. 37 Sulla tomba del generale. Paolo Rumiz

“Anibal mezar, Anibal mezar…oltre la periferia orientale di Gebze, una collina coronata di cipressi, con gran vista sul Mar di Marmara…Scendiamo tra i pini, la costa asiatica del Mar di Marmara è tutta ai nostri piedi…Non è una tomba, è solo un monumento, ma è tutto quello che rimane di lui. Sei stradine concentriche portano a una roccia con incisa la sua faccia sul lato del tramonto. Intorno, una corona di cipressi. All’inizio di ogni sentiero, una lapide in una lingua diversa. Ecco alcune righe del testo Annibale

246 A. C.-183 A. C. Questo monumento è stato costruito come espressione di apprezzamento per il grande generale nel centesimo anniversario della nascita di Ataturk. Annibale sconfisse i Romani dopo aver ricevuto come rinforzi degli elefanti a Barletta. Quando seppe che Prusa re di Bitinia stava per consegnarlo al nemico, si suicidò a Libyssa (Gebze) nel 183 a. C. Questo monumento è stato costruito nel 1934 su ordine di Ataturk…Penso che in Annibale c’era qualcosa di laico che piaceva al padre della patria turca. Annibale non si prostrava davanti a nessun dio, credeva solo nella memoria delle cose fatte…sono gonfio di ammirazione. Hai vissuto in piedi, Hannibal, fino all’ultimo dei tuoi giorni. Hai preferito morire alla grande piuttosto che svanire nel nulla”.

 

G. Brizzi (a cura di) Bevendo egli stesso il veleno, muore Annibale in Bitinia, presso un luogo chiamato a nome Libyssa, avendo pensato di morire nella libica terra natale. Era stato infatti redatto per lui un responso: “ Una zolla libyssa coprirà il capo di Annibale”. Settimio Severo (193-211 d. C.), l’imperatore ei Romani, essendo di stirpe libica, ricoprì poi con una tomba di candido marmo quest’uomo, il condottiero Annibale” Tzetzes da “Chilchiadi” (bizantino XII sec.).

 

“la Repubblica” 26 agosto Dell’elmo di Scipio di Paolo Rumiz, p. 29.

Fine di Scipione. Le radici dell’Occidente,

E Scipione? …il paese che “dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa” sa poco o niente di come si chiude la storia del vincitore di Zama. Non sa che fece una fine ingloriosa, nell’Ager Campanus, condannato dal parlamento dei senatori per aver coperto le malversazioni di un parente. Una morte triste, lontano da Roma ingrata, nella proprietà di famiglia a Literno, tra Napoli e il Volturno…Giochi del destino. Il vincitore della guerra muore nello stesso anno di Annibale, pare dopo avere appreso la fine del grande avversario. Per 35 anni egli è stato la sua unica ossessione, e ora  senza di lui, è possibile che si sia sentito solo all’improvviso. E’ vero: Annibale gli ha rubato tutto, il padre lo zio in battaglia, la gioventù e la bellezza. Ma è stato anche il suo modello. Gli ha insegnato le regole d’ingaggio nella battaglia campale, la micidiale manovra avvolgente, l’uso della cavalleria, l’abilità diplomatica nel rubare alleati al nemico, la passione per la cultura ellenica e tanto altro…Ebbero Scipione e Annibale, spericolate vite parallele: ciascuno andò audacemente a sfidare il nemico in trasferta, e ciascuno lottò contro le invidie della classe nobiliare. Entrambi finirono in esilio, costretti ad andarsene dalla patria che avevano reso grande. E come il romano fu l’unico dei consoli a fregiarsi del nome di un popolo vinto (e Germanico? ndr), così Annibale spese più tempo in Italia che nella sua Cartagine.

Se Scipione era l’Africano, Annibale era sicuramente l’Italiano…Al racconto manca l’ultimo sigillo: la tomba di Scipione in Campania. Per trovarla ho con me solo un passo di Plinio che narra di un uliveto piantato dalle mani dello stesso console, e di un gigantesco mirto accanto a una grotta abitata da un serpente (XVI, 234)…Mi chiedo perché non è rimasto niente della romanità negli italiani di oggi. Perché la più grande classe dirigente del mondo antico è scomparsa nel nulla senza lasciare eredi?...Ciò che sconfisse il Cartaginese non è la potenza militare, ma l’incredibile rete di collegamenti costruita tra le classi dirigenti delle province italiane. E’ una struttura solidissima e aperta che consente anche a un notabile umbro, etrusco, o dell’Apulia, di diventare senatore o console e di imparentarsi con le grandi famiglie. Mai, invece, un principe numidico avrebbe potuto entrare nel Gerontion di Cartagine, e mai un tessalo o un epirota avrebbero potuto diventare cittadini ateniesi…Radici cristiane dell’Occidente? Prima delle radici cristiane ci furono le radici greche e romane, fondamento di un concetto di governo basato sulla lex e la responsabilità dal basso. Un’idea che fu semmai smantellata dal cristianesimo, portatore di un’idea teocratica orientale che smantellava i legami trasversali tra élites e trasformava i capi supremi in “unti del signore” “Quel mondo- mi ha detto un giorno l’inestimabile compagno di viaggio Giovanni Brizzi-non finì con le invasioni barbariche ma con la morte di Giuliano l’Apostata (361-363), l’imperatore che tentò inutilmente di tornare ai vecchi dei…Si accendono altri roghi, a Liternum è l’ora dei viados e delle lucciole venute dall’Africa. E’ penoso pensare al mondo antico dal fondo di questo disastro…Il mondo ha nella memoria due apocalissi mitiche-Il Diluvio e la fine dell’Atlantide- e un’apocalisse reale: la fine del mondo antico. Ne possiamo leggere i segni monumentali ovunque, dalla Britannia alla Libia, e quei segni svelano la nullità dell’oggi. Il dominio di Roma era di tipo imperialistico fin che si vuole, ma gli dèi altrui erano rispettati e inglobati nel Pantheon. Le élites dei paesi conquistati entravano a far parte della macchina di governo: anche africani e asiatici potevano diventare imperatori. La leadership non era fatta solo di legioni , ma di strade, ponti, sicurezza, e la sua auctoritas mai avrebbe consentito anarchie di tipo iracheno dopo una vittoria militare.    

 

Bologna 24 ottobre 2024 ore 9, 51 giovanni ghiselli

p. s

presenterò Alessandro Magno il 18 novembre ; Annibale il 2 dicembre nella biblioteca Ginzburg di Bologna.

 



[1] Pietro Citati Il mito eterno Ulisse. Cita Letteratura europea e Medioevo volgare di Piero Boitani, Il Mulino, 2007

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