Un excursus su il tempo: Anassimandro, Pindaro, Sofocle, Seneca, Ammiano Marcellino,Agostino, Shakespeare, Thomas Kyd, Machiavelli, H. Hesse, Pasolini.
Bruno Giussiani afferma che “Il valore del tempo è cambiato e non in meglio, con conseguenze antropologiche imprevedibili”.
Leggo queste parole in “la Repubblica” del 30 luglio (p. 35). Denise Pardo che firma l’articolo, nota che Giussani “avverte la dittatura della brevità”. Infatti “Il valore del tempo si è disciolto nei 140 caratteri, nel vuoto dell’attesa, nella cultura dell’ultimo minuto”. Bruno Giussani, direttore europeo del TED, intervistato dalla Pardo, risponde a una domanda sulle “conseguenze antropologiche” e sul “prezzo pagato a questa brevità”. Sentiamo cosa risponde: “Ho perso il conto di chi mi confida di non riuscire più a concentrarsi su un libro serio. A giugno nel TEDGlobal di Londra abbiamo bandito la tecnologia e ammesso solo carta e penna. C’è stata una perdita di visibilità sui Twitter ma abbiamo guadagnato in attenzione (…) La distrazione è una piaga sociale”
Ebbene, per riscoprire il valore supremo del tempo, possiamo ricorrere ai classici
Excursus. Il tempo nei classici.
Teognide (VI secolo) consiglia di prendere tempo prima di elogiare qualcuno poiché molti si camuffano, però la finzione dura poco: “touvtwn d j ejkfaivnei pavntw" crovno" h\qo" ejkavstou” (Silloge, 967), di questi il tempo in ogni modo rivela il carattere. La dittatura della brevità impedisce questo disvelamento e la ajlhvqeia che è non latenza. Favorisce dunque la menzogna.
Pindaro nell' Olimpica I indica il tempo come giustiziere saggio: " aJmevrai d j ejpivloipoi-mavrture" sofwvtatoi"(vv.33-34):", i giorni a venire sono i testimoni più sapienti.
Nell'Olimpica II “Crovno" oJ pavntwn pathvr ” (v. 17), Tempo, il padre di tutto, non può tuttavia modificare l'effetto del passato. Nel fr.159 il lirico tebano afferma comunque:"ajndrw'n dikaivwn crovno" swth;r a[risto"”, degli uomini giusti il tempo è il salvatore ottimo.
Il tempo quale entità che rende giustizia agli onesti è invocato da Creonte ingiustamente accusato nell' Edipo re di Sofocle:"Ma nel tempo conoscerai questo con sicurezza poiché/soltanto il tempo rivela l'uomo giusto (crovno" divkaion a[ndra deivknusin movno" );/il malvagio invece puoi conoscerlo anche in un giorno solo"(vv. 613-615).
Nell'Aiace di Sofocle, il protagonista inizia il lungo monologo che apre il secondo episodio con una considerazione sul grande e infinito tempo (“oJ makro;~ kajnarivqmhto~ crovno~ ”, v. 646). Esso contribuisce alla costituzione dell’imprevisto: infatti “ a{panq j(…) fuvei t j a[dhla kai; fanevnta kruvptetai” (vv. 646-647), dà alla luce tutte le cose oscure e nasconde quellegià apparse. In effetti il tempo a volte porta cambiamenti imprevedibili.
Del resto il coro dell'Elettra di Sofocle, nella parodo, ricorda alla protagonista, la quale compiange la propria desolazione, che il tempo è un dio cortese, che tutto appiana:"crovno" ga;r eujmarh;" qeov" " (v. 179).
Nell' Edipo a Colono, il vagabondo cieco preannuncia a Teseo, che, a parte la stabilità degli dèi, il tempo onnipotente abbatte tutto:" ta; d j a[lla sugcei' pavnq j oJ pagkrath;" crovno" "(v. 609).
Più avanti (nel terzo Commo[1]) del resto, il Coro attribuisce al tempo la capacità di vedere tutto:"oJra'/ , oJra'/ tau't j ajei; -crovno" ” , (vv. 1453-1454), e di portare a compimento i destini, prima o poi, secondo un ordine invisibile che è più forte di quello visibile.
Si può pensare ai cambiamenti imprevedibili cui abbiamo assistito o al film di Polanski Oliver Twist, non un grande film invero, o al romanzo di Dickens.
Anassimandro (VI sec.) "in una scrittura lapidaria potentemente stilizzata"[2], fa del tempo il grande giustiziere che impartisce punizioni e vendette a quanti si staccano dall' a[peiron originario: da dove gli esseri hanno l'origine, là devono anche perire secondo necessità (kata; to; crewvn): le cose infatti danno a vicenda punizione e vendetta dell'ingiustizia, secondo l'ordinamento del tempo "didovnai ga;r aujta; divkhn kai; tivsin ajllhvloi" th'" ajdikiva" kata; th;n tou' Crovnou tavxin", (fr.B 1 Diels-Kranz).
Il tempo secondo Seneca è l'unico bene di cui la natura ci ha dotati, e pure precariamente. Sicché dobbiamo difenderne la proprietà e il diritto di uso con tutte le forze:"Omnia, Lucili, aliena sunt, tempus tantum nostrum est; in huius rei unius fugacis ac lubrĭcae possessionem natura nos misit, ex qua expellit quicumque vult " (Epist., 1, 3), tutto quanto è roba degli altri, soltanto il tempo è nostro; la natura ci ha messi in possesso di questo solo bene che fugge e scivola via, e da questo ci sbatte fuori chiunque vuole.
Un’occhiata a Shakespeare: in Pericle, principe di Tiro (1608) “Time ‘s the king of men;/He’s both their parent and he is their grave,/And gives them what he will, not what they crave” (II, 3), il Tempo è il re degli uomini, è insieme il loro padre e la loro tomba, e dà loro ciò che vuole, non quello che essi chiedono.
Torniamo al tempo come grande rivelatore
Tale è in La tragedia spagnola [3] di Thomas Kyd , dove Isabella, la moglie di Hieronimo (quello che "è pazzo di nuovo"[4] ), dice al marito:"l'assassinio non può essere nascosto: il tempo è autore insieme della verità e della giustizia, e il tempo porterà alla luce questo tradimento" (II, 6).
Di nuovo Shakespeare: il tempo viene invocato come rivelatore delle trame delle sorelle malvagie da Cordelia, la figlia buona di Re Lear :" Time shall unfold what plaited cunning hides ", Il tempo renderà manifesto ciò che l'intrigo dell'astuzia nasconde"(I, 1).
Machiavelli nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio sostiene che nel caso di "occulta cagione" da cui procede "alcuna malignità occulta...la fa poi scoprire il tempo, il quale dicono essere padre di ogni verità"(I, 2).
Del resto i tradimenti ci sono comunque e vengono sempre preannunciati: “Non senza motivo/lo spuntare di ogni nuovo giorno/ è preceduto dal canto del gallo/che annuncia dai tempi dei tempi/un tradimento” (B. Brecht, Lo spuntare del giorno).
Altre considerazioni sul tempo che è, dopo tutto, lo stato d'animo di ciascuno.
Nelle Troiane di Seneca il secondo coro vede il tempo negativamente: come un mostro avido che divora la vita umana con il caos:"tempus nos avidum devŏrat et chaos" (v. 400).
Nella prima scena di Love’s Labour’ s lost[5], Ferdinando re di Navarra definisce il tempo “cormorant devouring Time” (I, 1), il cormorano che ci divora.
Nella tragedia Medea di Seneca, Creonte spinge la donna ripudiata all'esilio da Corinto ma ella insiste per avere almeno una brevis mora (vv. 288), un breve indugio.
Creonte allora accusa la maga:"Fraudibus tempus petis" (v. 290), chiedi tempo per le tue frodi. Il tempo è esiguo per una macchinazione seria, obietta la donna; ma Creonte utilizza la considerazione senecana del tempo che non è breve per chi sa avvalersene, pure per uno scopo malvagio:"Nullum ad nocendum tempus angustum est malis" (v. 292), nessuna frazione di tempo è ristretta per i malvagi intenzionati a nuocere[6].
E' una sentenza di Seneca sovvertita in malam partem: possiamo confrontarla con questa espressione del De brevitate vitae:"Satis longa est vita et in maximarum rerum consummationem large data est, si tota bene collocaretur " (I, 3), è abbastanza lunga la vita e ci è stata data con larghezza per il compimento di opere grandissime, se solo viene fatta fruttare bene.
Il tempo per Seneca è dopo tutto lo stato d'animo di ciascun uomo.
Su questa linea Agostino definisce il tempo "distentionem…ipsius animi"[7], un'estensione proprio dell'animo.
La concezione progressiva venne adottata dai primi cristiani: Agostino “mette in guardia i cristiani contro la concezione circolare dei Greci: per lui la recta via era insieme un’immagine del tempo e un’immagine della salvezza: ‘nostram simplicem pietatem, ut cum illis in circuitu ambulemus, de recta via conantur avertere’ ”[8].
Nel De civitate Dei (XII, 18, 2) il vescovo di Ippona condanna gli impii che cercano di traviare la nostra fede semplice per farci errare con loro nel circolo.
Sentiamo il periodo completo: “Has argumentationes quibus impii nostram simplicem pietatem, ut cum illis in circuitu ambulemus, de recta via conantur avertere, si ratio refutare non posset, fides irridēre deberet”(De civitate Dei XII, 18, 2, queste argomentazioni con le quali gli empi si sforzano di traviare dalla retta via affinché giriamo in tondo con loro, se la ragione non potesse cofutarle, dovrebbe ridicolizzarle la fede.
Pasolini trova che sia soprattutto la ciclicità a distinguere la religione dionisiaca da quella cristiana:" Nell'universo contadino Cristo è stato assimilato a uno dei mille adoni o delle mille proserpine esistenti: i quali ignoravano il tempo reale, cioè la storia. Il tempo degli dèi agricoli simili a Cristo era un tempo "sacro" o "liturgico" di cui valeva la ciclicità, l'eterno ritorno. Il tempo della loro nascita, della loro azione, della loro morte, della loro discesa agli inferi e della loro resurrezione, era un tempo paradigmatico, a cui periodicamente il tempo della vita, riattualizzandolo, si modellava. Al contrario, Cristo ha accettato il tempo "unilineare", cioè quella che noi chiamiamo storia. Egli ha rotto la struttura circolare delle vecchie religioni: e ha parlato di un "fine", non di un "ritorno"[9].
A proposito dei “mille adoni”, sentiamo Ammiano Marcellino :" Evenerat autem isdem diebus annuo cursu completo, Adonēa rito veteri celebrari , amato Veneris, ut fabulae fingunt, apri dente ferali deleto, quod in adulto flore sectarum est indicium frugum " XXII, 9, 15). Avveniva poi in quei medesimi giorni che, compiuto il corso dell'anno (il 361 d. C.), si celebravano[10] secondo l'antico rito le feste per Adone, amato da Venere e ucciso dal dente di un cinghiale selvaggio, il che è simbolo delle messi recise quando sono mature".
Adone che muore e risorge dunque rappresenta la forza riproduttiva che cade e si rialza. Secondo Frazer tutte le divinità che passano per questo avvicendamento di morte e resurrezione avevano tale significato, e Cristo può essere interpretato come un epigono di Adone, Attis, Osiride[11].
“Vedi il seme del grano: quando scende nella terra muore, per rinascere nella messe. Ma alla spiga è vicina la falce, che cresce nella luna nera come giovane vita, ma essa è pur la morte ed evira il padre per stabilire una nuova sovranità sul mondo, e così dalla falce che taglia le messi nasce la semenza della vita e della morte”[12].
Una breve riflessione sul tempo si trova anche ne La montagna incantata di T. Mann:"Il tempo è attivo, agisce, produce. Che cosa produce? Cambiamenti!"[13].
Il contrario afferma Siddharta il quale impara dal fiume "che il tempo non esiste" poiché l'acqua "correva, sempre correva, eppure era sempre lì, era sempre e in ogni tempo la stessa" e anche la vita è un fiume e "soltanto ombre, nulla di reale separano il ragazzo Siddharta dall'uomo Siddharta e dal vecchio Siddharta (…) mai un uomo è interamente santo o interamente peccatore. Sembra così, perché noi siamo soggetti alla illusione che il tempo sia qualcosa di reale. Il tempo non è reale, Govinda (…) e se il tempo non è reale, allora anche la discontinuità che sembra esservi tra il mondo e l'eternità, tra il male e il bene è un'illusione "[14].
Sentiamo Pavese: “L’ozio rende lente le ore e veloci gli anni. L’operosità rapide le ore e lenti gli anni”[15].
“La principale caratteristica del tempo …consiste nel passare. Il tempo è ciò che passa per eccellenza, e i cronometri contano il suo passaggio. E’ un passare incessante, infaticabile, inesorabile: non si ferma mai. E’ un flusso. Assomiglia a un fiume… un fiume in cui tutto è immerso. Il tempo è l’universo in forma di fiume”[16].
Concludo con la Zambrano:"Niente di umano può trovare fondamento senza l'assistenza del tempo: casa, città, tempio, la vita stessa"[17].
Fine dell’excursus sul tempo
Bologna 25 ottobre 2024 ore 17, 37 giovanni ghiselli
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Il mese scorso9470
[1] Aristotele usa il termine kommov" (1452b24) per indicare "il lamento comune cantato del coro e della scena" ossia la lamentazione di una voce solista e del coro.
[2] Nietzsche, La filosofia nell'età tragica dei Greci , p. 49.
[3] del 1585
[4] Hieronymo's mad again ( T. S. Eliot, The waste land, v. 437)
[5] Del 1594-1595.
[6] InfineCreonte cede alle preghiere e consente alla postulante di rimanere unus dies, parando exilio (v. 295), un solo giorno per prepararsi all'esilio.
Medea risponde:"nimis est" (v. 296), anche troppo. Sa bene quello che vuole fare.
[7] Le Confessioni, XI, 25.
[8] A. Momigliano, La storiografia greca, p. 72
[9] Scritti corsari , p.108.
[10] Nelle campagne di Antiochia
[11] Si pensi anche all’esito del pretenzioso film Apocalypse now, di Coppola (1979) che non solo utilizza Cuore di tenebra di Conrad, ma aggiunge citazioni da Eliot e mette in evidenza la lettura di Il ramo d’oro di Frazer da parte del colonello impazzito che viene ucciso parallelamente al toro del sacrificio.
[12] T. Mann, Il giovane Giuseppe, p. 119.
[13] T. Mann, La montagna incantata (del 1924), p. 5 del II vol.
[14] H. Hesse, Siddharta, (del 1924) p. 118 e p. 148.
[15] Il mestiere di vivere, 10 dicembre 1938.
[16] Ortega Y Gasset, Idea del teatro, p. 113.
[17] L'uomo e il divino , p. 302.
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