martedì 15 ottobre 2024

Ifigenia CC. Il metodo comparativo in una storia di amore, di scuola, di educazione.


 

Passai per l'aia dove nel giugno del 1979 facemmo l'amore. Ifigenia aveva

le mestruazioni con le quali arrossò le sue cosce e il mio volto adorante.

L'aria bruciava, il cielo sembrava un oceano di luce, la terra era

bionda di grano, ingemmata da sanguigni papaveri. La ragazza mi

rese partecipe di tanto fervore di vita che finallora avevo sempre

osservato con desiderio, da fuori. Se fossi riuscito a raccontarlo

nel mio romanzo, avrei scandalizzato i bigotti, i “normali”  malevoli verso le

donne e la vita, i frustrati vari, ma avrei composto un inno in lode delle

femmine umane e dell'artista divino che le ha create così come

sono.

Quando si vivono esperienze mirabili che suscitano meraviglia in chi ne ascolta o ne legge il racconto anche i fatti incredibili possono essere non del tutto privi di fede.

 

Arrivai vicino alla bianca Volkswagen. Mi fermai a fissare la parte

occidentale del cielo nel punto da dove avevo osservato il sole al

tramonto in un pomeriggio remoto dell’ottobre o novembre del 1978, mentre Ifigenia si toglieva la tuta per indossare una camicia e una gonna. Il sole al tramonto la illuminava.

Nuvole oscure invece nel marzo del 1981 coprivano tutto. Pregavo il dio di farsi vedere dandomi un nuovo segno di assenso al desiderio di avere un'altra possibilità con la splendidissima giovane donna.

Nel tempo più antico della nostra storia , mentre guardavo il santo

volto di luce 5 che tramontava ed ella si stava cambiando alle mie spalle, le avevo domandato:"Qual è signorina, secondo te, la parte più bella del tuo

corpo fiorente?"

"Il seno", aveva risposto.

Forse perché era sbocciato da pochi anni e stava fiorendo ancora.

Mentre osservavo quel tramonto remoto, mi sembrò di vedere il petto

della radiosa fanciulla specchiarsi nella fiamma che nutre la vita 6

 facendola brillare di nuovo fulgore, tanto che il tenue cielo del

pomeriggio autunnale ne trasse colore e vigore.

Il 16 marzo fissavo le nuvole dell'occidente invocando la luce che annunciasse salvezza: a lungo la pregai, finché un raggio uscì dallo

squarcio nelle invide nubi, come un bisturi lacera un corpo per

togliere un male curabile. Non riuscii a vedere l’intero volto del primo fra tutti gli dei che calava tra le colline, ma trassi comunque ottimi auspici dalla visione santa dell’emisfero che vinceva le tenebre del paesaggio e le mie.

Tornai a Bologna pensando che in quel tempo lontano non avevo compreso il

valore prezioso dell'incontro pur tanto desiderato, e preparato con

tre anni di studio feroce, nonostante avessi visto il

seno della creatura che mi si affidava specchiato nel sole.

Non le avevo chiesto quali fossero i sentimenti suoi, i pensieri, le

attese di giovane donna.

Con questa omissione delinquenziale e demente, oltretutto mi ero comportato da perfetto imbecille:avevo perso l'occasione di imparare dal vivo più di quanto avrei potuto apprendere da mille volumi. Infatti

c'è più vita e sapienza nel petto di una ragazza che in tutti i saperi

del mondo.

Mi ero domandato soltanto se quel corpo fiorente valeva il rischio

che avrei corso portandolo nel grande letto di casa mia per godermelo

là, da solo con lei.

Soltanto molto più tardi avevo compreso che l'amore offerto dalla

ragazza, bella bruna e vivace, era la ricompensa terrena, eppure

mandata da Dio, del grande lavoro invece penalizzato dal piccolo branco- boskhvmata7- dei colleghi malevoli, invidiosi  che avevano fatto pressione sul nuovo  preside succeduto al gentiluomo Cazzani perché mi togliesse due terzi dei miei allievi confinandomi  in una quarta  ginnasio. Avevo

 sofferto di quella sottrazione culturale e politica più che goduto

dell'assenso divino concretizzatosi nella fanciulla. Me ne dolevo e

pentivo, siccome avevo capito, e forse non era già troppo tardi.

Infatti raccontando poeticamente la varia vicenda del nostro

rapporto tormentato, probabilmente avrei raggiunto il duplice

scopo di creare un'opera educativa per milioni di persone e di riconquistare Ifigenia.

 

Note

5

Cfr. Sofocle, Antigone, vv. 879-880.

6

Cfr. Sofocle, Edipo re, v. 1475.

7Cfr. Euripide, Baccanti, 677-678,  e  A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, trad. it. Adelphi, 1981, p. 178,

Tomo I.

 

Pesaro 15 ottobre 2024 ore 18, 09

p. s.

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