venerdì 11 ottobre 2024

Ifigenia LCXXXIV. Il sole e il freddo.


 

Chiusa la porta a chiave, pensai che le cose tra noi stavano andando secondo un legge naturale: il diritto in una coppia di amanti è equo,  uguale per entrambi finché le forze sono pari, ma se uno diventa  più forte dell’altro prende tutto il potere e il debole cede o se ne va.

Il mio potere era scosso e infranto e i miei diritti erano ormai cessati.

Mi venne in mente quanto dice il personaggio Trasimaco nella Repubblica di Platone: “:"fhmi; ga;r ejgw; ei\nai to; divkaion oujk a[llo ti h] to; tou' kreivttono" suvmferon" (338c), affermo che il giusto non è altro che l'utile di chi è più forte.

Pensavo che questa legge di natura non è bella ma è reale e sempre vigente. Dovevo dunque risalire la china diventare forte non menodi lei. Potevo farcela Mi dissi: “Quella si aspetta da me che io abbassi la testa ma il suo è un calcolo sbagliato: io devo  adoperarmi contro tale pretesa e con la mia reazione imprevedibile opposta al suo conteggiare meschino la spiazzerò.

La mattina appena sveglio, sentii un gran desiderio di vederla: agognavo una rivincita.

Apparve, attorialmente, nella sala da pranzo dove

l'aspettavo da alcuni minuti. Dopo la colazione salimmo all'Alpe

di Lusia. La ragazza sedette su una panchina di ferro, davanti al

rifugio Le Cune nell'aria ghiaccia ma luminosa, per abbronzarsi; io

feci alcune discese fino a mezzogiorno, quindi tornai da lei.

Il vento soffiava sempre sbuffi gelati. Stare lì fermi era una pena.

D'altra parte, siccome il sole era alto, ci rimordeva perderlo,

rinunciando a non poco colore per entrare nel rifugio scaldato dai

termosifoni roventi. Preferimmo rimanere a patire nel freddo arrabbiato

ma pieno di luce. Parlammo poco: dovevano essere assiderate pure le nostre

le lingue. Le cattiverie che avevamo da dirci le tenemmo in serbo

per la sera. Ricordo soltanto una mia osservazione che a lei

piacque. A un certo momento soffrivamo l'aria raggelante al punto

che pregavamo le nuvole di nasconderci il sole

e darci l'autorizzazione a entrare nel rifugio senza rimorso. Ma quelle, pur

assediandolo, non arrivavano a coprirlo, e il dio

continuava a irradiare luce senza calore  proprio soltanto nel luogo dove eravamo seduti noi mezzi intirizziti..

Dissi:"Questo sole, come il nostro amore è algido, scontato e

noioso siccome c'è da tanto tempo e sembra che non voglia

sparire. Ma se dovesse eclissarsi o tramontare, ci lascerebbe sotto

un povero cielo senza colori , in un buio infernale privo di vita. Se

non ci fosse lui, a stare alle altre stelle sarebbe sempre notte14 e noi saremmo morti di freddo.

Ifigenia trovò interessante questa mia osservazione. Disse che ci

avrebbe pensato sopra.

La sera andammo alla malga Panna. Sedemmo vicino al focolare e

alle fiamme che si contorcevano nel caminetto, e si riflettevano

metallicamenta sui rami e i ferri appesi alle pareti; sulle bottiglie, i

bicchieri e i piatti dei tavoli; sui nostri occhi arrossati,

immillandosi in un luccicore febbrile. Ci fronteggiavamo.

Un anno più tardi Desdemona avrebbe ricordato la sera del sette

marzo 1981 come quella del nostro sbudellarci davanti al fuoco

diabolicamente bizzarro.

Nota

14

Cfr. Eraclito, fr.44 Diano.

 

 

Pesaro 11 ottobre 2024 ore 18, 13 giovanni ghiselli

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