sabato 12 ottobre 2024

Ifigenia CLXXXVI. Vulneri patuit locus, si è aperto un varco per la ferita.


 

La mattina mi svegliai di pessimo umore. Il sole non c'era. Pensai

subito male. "Ieri ho dovuto pregarla perché non mi lasciasse

subito, oggi stesso, otto marzo, giornata della donna.

L'ho convinta solo del fatto che troppo presto non le conviene.

L'ho indotta a pensare che se mi pianta prima dell'esame di recitazione,

rischia la bocciatura. Mi ha concesso tre, quattro

mesi di proroga dunque, la brava ragazza che per capodanno volle

brindare all'eternità del nostro amore! Cialtrona! Ma se crede di

sfruttarmi, di succhiare il mio sangue senza darmi in cambio

niente, o nient'altro che i suoi baci da Giuda, si sbaglia! Le

succhierò l'anima ! La provocherò, la spingerò a manifestare le sue

zone estreme: le sublimi e le infime, le oscene e le sante, per

metterle nella mia storia e renderla più interessante. Te la faccio

vedere io l'otto marzo, la giornata della donna! Tu sei una

femmina dissoluta, una dalle libidini inaudite e bestiali!

Come l'amante del regista interpretata da Sandra Milo

in Otto e mezzo di Fellini: ‘Ci vuole un trucco più da porca! Fai la

faccia da porca! Cammina molleggiando sui fianconi!’.

Dopo due anni e mezzo che mi sfrutti impudicamente, che mi hai

isolato per mungermi con mia consunzione quasi totale, adesso ti

accorgi che c'è poco altro da spremere e che ti conviene cercartene

uno più utile, più funzionale alla tua agognata carriera da istriona.

Ora vuole macellarmi la guitta, la mima volgare. Ma io non sono

una mucca né un castrone da macello: saprò capovolgere contro di te la tua

intenzione malvagia. Ti provocherò, ti punzecchierò, ti squarcerò

fino a farti rovesciare tutto il putridume che hai dentro. E su quella

sanie, sul tuo dorso di belva costruirò una storia d'amore

rappresentativa di questa età malvagia e superba, nemica della

virtù 20.

Non voglio che tale commediante diventi la seduttrice degli esseri

genuini con il cuore in mano!  "21

Lo sbudellamento davanti al fuoco mi aveva riempito l'anima di

tali sentimenti cattivi e pensieri ridicoli. Ci incontrammo nella sala

della colazione. Per provocarla subito, le feci notare che la

cameriera era bella, bellissima, una meraviglia di donna.

Reagì soltanto con un"non mi piace", simulando indifferenza.

Salimmo al rifugio Le cune , sperando che il sole rompesse le

nubi, ma non eravamo degni della sua presenza lieta, e rimase

nascosto fino a sera. Eravamo cattivi e meschini. Lo vedemmo

volare basso e stanco solo pochi minuti prima che si annidasse tra


i monti. Non osai chiedere niente al dio corrucciato. A metà

giornata ci sedemmo su una panchina di ferro posta non lontana

dal ciglio di una voragine aperta verso nord est. Si vedeva la Marmolada, la regina delle Dolomiti mi spiegava chiamava la zia e se le chiedevo di portarmi a camminare su tutto quel bianco diceva che era pieno di crepacci associando questa parola minacciosa a crepare. “Sulla Marmolada si crepa, bambino!”.

Anche con certe amanti si crepa magari dopo avere goduto pensavo quella mattina. Non ero più un bambino e non mi facevo tante illusioni. Una volta vedevo il tutto nel niente, oramai il niente nel tutto.

 Eravamo cupi e imbronciati. Parlavamo di nuovo della nostra situazione

infelice aggirandoci attorno ai soliti temi: perversioni, tradimenti,

emozioni cattive, e così via. Cercavo di provocarla a dire qualcosa di

nuovo, onde scriverlo tra gli appunti del capolavoro prossimo; ma

quella eludeva le domande, replicando con i luoghi comuni che

avevamo codificato insieme negli ultimi tempi a proposito del

nostro connubio corrotto.

Ad un tratto però, quasi senza volere, riuscii a colpirla in una

debolezza essenziale, una zona critica e dolorosa dell'anima, una

piaga che, appena sfiorata, la faceva dubitare perfino della sua

identità. Dissi soltanto:"Ifigenia, sei più bella, giovane e

affascinante adesso di quando ti ho conosciuta".

Tutto qui. Ma lei, cadutale a terra la maschera di indifferenza con cui si era protetta fino allora, mi guardò con un'espressione di terrore e di odio, poi

disse:"Io non cerco nessuna consolazione del fatto che non sono

tanto giovane quanto le appena ventenni delle quali senti bisogno tu per

eccitare i tuoi nervi mal protesi e  stremati".

Quindi si alzò e si avvicinò al cigliodel precipizio.

Avevo fatto come la Medea di Seneca, quando con lucida follia trova il punto debole del traditore Giasone. La madre dolorosa e furente ha visto come può colpire il marito fellone e dice fra sé:"sic natos amat?/Bene est, tenetur, vulneri patuit locus" (549-550), ama così i figli? Va bene, ce l'ho in pugno, si è aperto un varco per la ferita.

Dopo essermi congratulato di  tale riuso del maestro di Nerone, provai compassione della sua debolezza e mi alzai per andare ad accarezzarla, a dirle che se soltanto mi avesse voluto, non avrei desiderato altro.

Ma non potei farlo. Prima che arrivassi a toccarla, ifigenia scappò nel rifugio.

Rimasi fermo dov’ero per qualche minuto. Poi la seguii adagio. La raggiunsi. Piangeva. Le domandai perché.

"Ho creduto che tu volessi ammazzarmi buttandomi giù", rispose.

La guardai costernato. Non potevo spiegarle più niente. Dissi

soltanto:"Ma va' ". Per tutto il giorno non riacquistò la ragione. Il

precipizio l'aveva dentro di sé la ragazza.

Era in bilico sul proprio inconscio, un baratro terrificante; oppure era in balia del cavallo nero, contorto e massiccio, peloso fino alle orecchie, come quello

maligno della biga platonica 22 .

Desdemona aveva un'angoscia cieca e regressiva. L'avevo

Scatenata con un' osservazione tutt'altro che atroce, eppure

insopportabile per la sua debole coscienza di sé. Fino a sera non fu

possibile dirle una sola parola senza insospettirla e farla

piagnucolare, o addirittura vederla infuriare.

 

Note

20

Cfr. G. Leopardi, Il pensiero dominante, 59 e sgg.

21

Cfr. F. Nietzsche, Il caso Wagner, trad. it. Mondadori, Milano, 1975, p.29.

 

22

Cfr. Platone, Fedro, 253e.


 

 

Pesaro  12 ottobre 2024 ore 10, 34 giovanni ghiselli.

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