mercoledì 2 agosto 2023

Giri ciclistici nell’Ellade. IX parte

L’ottavo giorno andammo a Micene: rivedemmo per la terza o quarta volta la porta dei leoni, la tomba di Atreo e tutto il resto. La prima volta fu nel 1977 con Fulvio che mentre eravamo distesi sulle brande poste sulla terrazza dell’ostello, disse che il sangue versato da Clitennestra e da Oreste macchiava ancora quella terra e che i loro pugnali colpivano tuttavia come aveva gridato e ingiunto al fratello Elettra, quella di Sofocle[1]
Nel pomeriggio andammo a Nemea dove Eracle uccise il tremendo leone e lo spellò rivestendosi delle sue spoglie. Non ci eravamo mai stati e trovammo un sito archeo
logico tenuto bene. Ci piacque in particolare lo stadio delle gare cantate da Pindaro, il poeta “
infiammato del più pazzo fuoco”[2] nelle odi Nemèe appunto.
 Cercando di tornare sul mare sbagliammo strada. Ce ne accorgemmo intorno al tramonto e dovemmo tornare a Nemea: cenare e dormire nel paese sotto il sito. Dicemmo che l’aveva voluto lo spirito magno di Fulvio che il quel luogo era andato anni fa e ce l’aveva segnalato come notevole. Brindammo all’amico celeste. A persone della nostra razza spirituale piacciono più queste rovine tra i monti che le isole con discoteche, droghe, chiasso e bordelli. Non solo ora che sono vecchio: quando capitai a Mykonos nel 1978 scappai subito dal chiasso “dei discendenti da quegli abitanti di Sodoma che furono risparmiati dal fuoco celeste”[3].
 
Grecia 1981 
Ifigenia si alzò e iniziò a camminare intorno alla mia sdraia con passo furibondo, vesano gradu, come Medea[4].
Stavo per rispondere alla sua imprecazione replicando: “all’inferno ci sono già qui e ora con te!”, ma trattenni la voce, conscio che quando si trasfigurava in Megera, non sentiva altro che la sua ira.  Si trascolorava anche: mentre i capelli le si rizzavano come serpenti infuriati, gli occhi  stillavano gocce di rabbia taurina.
Nemea, stadio
Sicché mi alzai e mi allontanai verso la prua della nave. Il vento vespertino e la situazione dove mi ero cacciato mi facevano rabbrividire. Osservavo il sole che calava nel mare. Mi sembrò che soffrisse per una ferita che ne insanguinava la luce. Aveva bisogno di riposo e di cure anche lui.

Dopo una decina di minuti, Ifigenia mi raggiunse, rabbonita, e mi diede un’occhiata. Lasciata sola, aveva smaltito la furia. Andammo a mangiare dell’insalata greca nel self sevice, poi tornammo a dormire nella cabina rollante. Non facemmo sesso che sarebbe stato un’offesa all’amore.
 
Pesaro 2 agosto 2023
Oggi è l’anniversario della strage della stazione di Bologna del 1980. Quella mattina partii con Ifigenia e Fulvio alla volta di Debrecen. Arrivati nel collegio il giorno seguente, di sera, ci diedero la notizia. Dicemmo che un massacro del genere richiede la complicità di parti dello Stato. Strage fascista e pure di Stato dunque, come le precedenti.
 
 
 


[1] pai'son, eij sqevnei", diplh'n (Sofocle, Elettra, v. 1415), colpisci ancora, se ce la fai.
[2] Leopardi Zibaldone, 1856). 
[3] Cfr. Proust, Sodoma e Gomorra.
[4] Seneca, Medea, 738

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