Il nono giorno sulla via del ritorno abbiamo pernottato di nuovo a Xylokastron. Stavo meglio. I battiti cardiaci erano tornati sotto il 60 al minuto. Avevo di nuovo il mio cuore che mi batteva nel petto. Prima di cena ho passeggiato sul mare guardando il sole mentre si dileguava tra monti non lontani dicendo che il mio romanzo prossimo a venire alla luce avrebbe rinnovato la mia vita. Quindi sono entrato in una chiesa ortodossa da dove proveniva un canto ieratico, ho messo due euro nella cassetta peri; ptwcw`n e ho acceso un cero.
Quindi sono tornato dagli amici e insieme siamo andati a cenare nella piazzetta rallegrata dalle bambine intrepide e dai bambini che giocano tutti insieme fin oltre la mezzanotte correndo, cantando, ridendo. Infondono allegria. Verso l’una sono andato a dormire contento.
Grecia 1981
Una mattina mi
sono svegliato dopo un brutto sogno.
Mi svegliai con stanchezza e dolore. Il signore di Delfi, l’ombelico del mondo dove eravamo diretti, mi aveva mandato un sogno dal contenuto latente facile da svelare: desideravo la morte di Ifigenia, magari come preludio di una sua palingenesi. Così com’era non potevo più sopportarla.
Posi gli occhiali sul naso e iniziai a trascrivere la visione notturna mentre l’amata e odiata compagna di viaggio dormiva ancora.
Una volta non avrei aspettato il suo risveglio senza mettermi le lenti a contatto che migliorano il mio aspetto: in quel tempo non presentarle il meglio di me stesso mi sembrava il peccato più brutto, peggiore della volgarità. Difatti come si svegliò e mi vide con gli occhi invetriati , capì che non stavo annotando riflessioni fauste e propizie.
Mi guardò un momento, poi inarcò le sopracciglia e disse che non dovevo illudemi: lei non avrebbe mai più fatto l’amore con me siccome le confondevo le idee”.
“Io sono rassegnato alla castità - risposi- già da bambino monachello mi fecero far”.
L’avevo incuriosita. “Perché monachello?” domandò.
“Già intorno ai dieci anni agognavo l’amore: se ne accorsero i miei genitori e monachello mi fecero far”.
Ifigenia non apprezzò la facezia e disse: “stai un po’ zitto, buffone!”
“Tacerò Non solo per un poco - replicai - ora riprendo a scrivere”.
Quell’impiastro cercò ancora di ostacolare il mio compito che le dava fastidio. Aggiunse che con me non si sentiva a suo agio e che non riusciva a capire perché stesse facendo quel viaggio in mia compagnia.
“Forse perché ti ho invitata. Comunque una volta sbarcati, puoi tornare indietro. Non mi devi niente. Né io a te”.
Poi la guardai con gli occhi resi meno grandi e meno buoni dalle grosse lenti da miope e aggiunsi: “Io lo faccio per prendere appunti sul mio stato d’animo e sul tuo finché ci frequentiamo, ancora per poco non temere, poi voglio andare a pregare sull’ombelico del mondo. Tornato in Italia, scriverò la storia delle mie vicende amorose.
Trova pure tu un motivo sensato di quello che fai, se ci riesci”.
L’avevo messa in difficoltà e colei per ripicca riprese a rinfacciarmi la carenza di umanità nei suoi confronti.
“Quando sono con te, mi sembra di essere una che nuota con grande fatica e ogni tanto va sotto”.
Che cosa potevo risponderle? Nulla.
Infatti ripresi a scrivere: “senti, senti: ha parlato Odisseo. Ma no, a forza di frequentare una che trasforma tutto in scene caotiche, in un guazzabuglio senza capo né coda, confondo le parti. Una volta Ulisse ero io. Lei eri Nausicaa che mi salvò dal naufragio di una trentina di amori falliti. Ma ora chi è? Da ragazza benefica è diventata un’erinni malefica e, se penserà che le convenga, magari diverrai un’eumenide benevolente. Il fatto è che ha sempre la faccia nascosta dietro una maschera. Altro che occhiali!
I miei sono piccoli e coprono soltanto gli occhi. Io non vedo il suo volto da più di un anno come è veramente. Anzi, a questo punto non voglio più vederlo. Se proseguirà fino a Delfi, parlerò soltanto con Apollo e Dioniso che saltano tra le due cime del Parnaso, e loro per umanità mi risponderanno.
Però, andare a pregare sul sacro ombelico del mondo, poi magari pure a Olimpia, avendo nel cuore cupi rancori nei confronti della creatura amata da me quanta nessuna lo è stata,
nemmeno l’Elena ventenne della primavera di
Praga, forse neppure la dolce matura Elena finlandese che mi diede una lezione
di umanità dicendo, “io non sono materia”, neanche Kaisa la bella studiosa
dagli occhi di viola che mi spinse a studiare, né Päivi che mi indusse a
indagare me stesso; ebbene andare in pellegrinaggio nei templi degli dèi della
Grecia pieno di risentimento verso la donna che mi ha fatto sentire la gioia di
vivere per ben otto mesi di questa mia vita mortale, sarebbe un sacrilegio
nefando, un’offesa agli dèi generosi che me l’hanno fatta incontrare.
Senza il loro aiuto non ci sarebbero stati i baci scambiati nei boschi odorosi, le carezze sulla riva del mare, gli agoni leali nei campi sportivi durante i tramonti della primavera luminosa quando già fiammeggia la sera promettendo l’estate, né avrei gioito delle ultime nevi di fine aprile
sulle montagne brillanti nel sole che rende le valli fiorite e sonore di fischi di uccelli corteggiatori. Poi le lucciole presso le siepi , le rane lontane e vicine nella campagna, i versi dei grilli in una staffetta canora con le cicale del dì.
Tutto questo non è casaccio, accozzaglia, rumore, è, invece, bellezza, armonia, musica, arte, è destino buono e sapiente, è pensiero ed è amore”.
Mi svegliai con stanchezza e dolore. Il signore di Delfi, l’ombelico del mondo dove eravamo diretti, mi aveva mandato un sogno dal contenuto latente facile da svelare: desideravo la morte di Ifigenia, magari come preludio di una sua palingenesi. Così com’era non potevo più sopportarla.
Posi gli occhiali sul naso e iniziai a trascrivere la visione notturna mentre l’amata e odiata compagna di viaggio dormiva ancora.
Una volta non avrei aspettato il suo risveglio senza mettermi le lenti a contatto che migliorano il mio aspetto: in quel tempo non presentarle il meglio di me stesso mi sembrava il peccato più brutto, peggiore della volgarità. Difatti come si svegliò e mi vide con gli occhi invetriati , capì che non stavo annotando riflessioni fauste e propizie.
Mi guardò un momento, poi inarcò le sopracciglia e disse che non dovevo illudemi: lei non avrebbe mai più fatto l’amore con me siccome le confondevo le idee”.
“Io sono rassegnato alla castità - risposi- già da bambino monachello mi fecero far”.
L’avevo incuriosita. “Perché monachello?” domandò.
“Già intorno ai dieci anni agognavo l’amore: se ne accorsero i miei genitori e monachello mi fecero far”.
Ifigenia non apprezzò la facezia e disse: “stai un po’ zitto, buffone!”
“Tacerò Non solo per un poco - replicai - ora riprendo a scrivere”.
Quell’impiastro cercò ancora di ostacolare il mio compito che le dava fastidio. Aggiunse che con me non si sentiva a suo agio e che non riusciva a capire perché stesse facendo quel viaggio in mia compagnia.
“Forse perché ti ho invitata. Comunque una volta sbarcati, puoi tornare indietro. Non mi devi niente. Né io a te”.
Poi la guardai con gli occhi resi meno grandi e meno buoni dalle grosse lenti da miope e aggiunsi: “Io lo faccio per prendere appunti sul mio stato d’animo e sul tuo finché ci frequentiamo, ancora per poco non temere, poi voglio andare a pregare sull’ombelico del mondo. Tornato in Italia, scriverò la storia delle mie vicende amorose.
Trova pure tu un motivo sensato di quello che fai, se ci riesci”.
L’avevo messa in difficoltà e colei per ripicca riprese a rinfacciarmi la carenza di umanità nei suoi confronti.
“Quando sono con te, mi sembra di essere una che nuota con grande fatica e ogni tanto va sotto”.
Che cosa potevo risponderle? Nulla.
Infatti ripresi a scrivere: “senti, senti: ha parlato Odisseo. Ma no, a forza di frequentare una che trasforma tutto in scene caotiche, in un guazzabuglio senza capo né coda, confondo le parti. Una volta Ulisse ero io. Lei eri Nausicaa che mi salvò dal naufragio di una trentina di amori falliti. Ma ora chi è? Da ragazza benefica è diventata un’erinni malefica e, se penserà che le convenga, magari diverrai un’eumenide benevolente. Il fatto è che ha sempre la faccia nascosta dietro una maschera. Altro che occhiali!
I miei sono piccoli e coprono soltanto gli occhi. Io non vedo il suo volto da più di un anno come è veramente. Anzi, a questo punto non voglio più vederlo. Se proseguirà fino a Delfi, parlerò soltanto con Apollo e Dioniso che saltano tra le due cime del Parnaso, e loro per umanità mi risponderanno.
Però, andare a pregare sul sacro ombelico del mondo, poi magari pure a Olimpia, avendo nel cuore cupi rancori nei confronti della creatura amata da me quanta nessuna lo è stata,
Xilokastron, 2023 |
Senza il loro aiuto non ci sarebbero stati i baci scambiati nei boschi odorosi, le carezze sulla riva del mare, gli agoni leali nei campi sportivi durante i tramonti della primavera luminosa quando già fiammeggia la sera promettendo l’estate, né avrei gioito delle ultime nevi di fine aprile
sulle montagne brillanti nel sole che rende le valli fiorite e sonore di fischi di uccelli corteggiatori. Poi le lucciole presso le siepi , le rane lontane e vicine nella campagna, i versi dei grilli in una staffetta canora con le cicale del dì.
Tutto questo non è casaccio, accozzaglia, rumore, è, invece, bellezza, armonia, musica, arte, è destino buono e sapiente, è pensiero ed è amore”.
Pesaro. 2 agosto ore 11, 26 giovanni ghiselli
p. s
Statistiche del blog
Sempre1393602
Oggi34
Ieri158
Questo mese192
Il mese scorso6870
Statistiche del blog
Sempre1393602
Oggi34
Ieri158
Questo mese192
Il mese scorso6870
Nessun commento:
Posta un commento