martedì 1 agosto 2023

Giri ciclistici nell’Ellade. VII parte

Il sesto giorno, 22 luglio 2023, ho passato il tempo a controllare la
  salute malandata mentre stavo sdraiato tra il sole e l’ombra davanti al mare su una sdraia nell’albergo della buona Dimitra che non aveva potuto lasciarci le camere già prenotate ma ci offriva ospitalità gratuita sulla spiaggia prossima a un aranceto messo pure questo a nostra disposizione. Coglievo le arance e me ne nutrivo. I battiti del cuore affaticato erano ancora affrettati con mio spavento.
 La sera siamo andati in taxi al teatro antico di Epidauro, quello tra i monti dove era rappresentata una pseudo Medea “tratta da Euripide”. Invero abbiamo assistito a un lungo pastrocchio con quasi niente di euripideo, una vera provocazione per chi ha studiato, conosce e ama il drammaturgo ateniese. Numerosissimo il pubblico che ha contribuito allo spettacolo cominciando a sfollare dopo un’ora di tale pasticcio disgustoso
Tornati sul mare cenammo. Poi gli amici andarono a dormire, mentre io rimasi sulla riva del mare a ricordare il viaggio fatto nell’agosto del 1981 con Ifigenia
 
Quando mi amava la giovane collega fissava a lungo il mio volto, poi diceva che era espressivo e bello: stilizzato come quello di un ottimo attore teatrale o di un ritratto eseguito da mano di artista. Quindi mi scrutava i capelli e diceva assai contenta che di tanti nemmeno uno era bianco. Del resto non ero ancora tanto vecchio.
Nel tempo incantato dell’amore  l’uno vedeva nell’altro una divinità: lei era Afrodite per me e io  non certo Caronte né a Plutone bensì Febo solare oppure Dioniso che guida le danze notturne degli astri infuocati[1].
Ripensavo alle ore di inerzia del viaggio di andata
La nave che si allontanava dalla costa marchigiana mi faceva già allora pensare al distacco di ognuna delle mie donne da me. Le tre finlandesi erano state le più importanti prima di Ifigenia. Tutte quattro erano giunte con l’intera persona  protesa in atto oblativo. Soprattutto questa ragazza italiana.
Pensavo: “Tu sei gravida di rancore perché due anni fa, dopo la delusione subita e il disincato seguiti al dolore della tua promessa mancata, ho perso interesse per te dopo nove mesi durante i quali facevamo l’amore anche dentro i cespugli, stretti come gli uccelli. Anche nell’acqua del mare, perfino nei fossati.
Finito questo periodo magico, tu sei tornata alle tue fissazioni antiche, alle pulsioni infantili, e ora ti pasci di emozioni contaddittorie ma prevalentemente cattive, con uomini famosi che ti usano come uno strumento mentre tu cerchi a tua volta di usarli. Se di tutto questo tu fossi contenta, non avrei motivo di biasimarti, ma ora vivi con un’angoscia gravosa che fai pesare anche sopra di me.
Sei diventata aggressiva, supertiziosa perché temi il destino. Ma questo non ti perseguita, né io ti opprimo: sei tu che frapponi ostacoli alla tua crescita. Hai l’intelligenza intuitiva e la forza istintiva per progredire,  però la parte oscura della tua persona ti nasconde queste qualità e ti spinge ad assecondare gente  abituata  al male che al bene. Mi sarebbe piaciuto che tu volessi e potessi seguitare a insegnare il latino e il greco: avremmo avuto molto in comune.Tuttavia non ho mai cercato di incepparti il cammino su questa nuova strada impervia e tortuosa che hai preso, senza criterio né metodo alcuno per giunta”.
Epidauro, teatro grande

Questo pensavo mentre la nave solcava il mare diretta a sud est. Ogni tanto le lanciavo un’occhiata. Leggeva Hesse, Narciso e Boccadoro, una storia dove si potevano trovare analogie con la nostra. Scorreva le pagine in fretta e furia. Glielo avevo suggerito come un libro buono ma sembrava non le piacesse. Infatti presto smise e iniziò a muovere la punta della matita su un foglio. Una volta disegnava il mio volto e le mie membra che portava sempre dentro di sé, come una madre. Il silenzio durato già troppo a lungo mi opprimeva. Invidiavo quelli che viaggiavano soli.
Quando ebbe alzato la testa dal foglio le domandai: “Ifigenia, vuoi che parliamo un poco?”.
Fece un cenno affermativo abbassando il capo, senza guardarmi.
“Che cosa stai disegnando?”
Mi allungò il foglio: c’erano tanti volti di maschi e di femmine.
Aspettò che l’avessi osservato quindi mi domandò: “Che cosa ci trovi?”
“Che non disegni più me”, risposi per riferile la mia impressione immediata.
La prese per una critica malevola e volle contraccambiarla dicendo: “Ecco il narciso di sempre”.
Replicai dicendo “ sì, può essere, tutto può essere”.
Poi aggiunsi: “Se io sono Narciso, tu sei Boccadoro?”
“Sì, anche io come quel giovane voglio staccarmi dal primo maestro e fare tante altre  esperienze. Non devo sentirmi rinchiusa nel convento o nella ridotta dove vivi tu in attesa di qualche cosa che non verrà  mai”.
Tacque un momento, poi finalmente mi guardò. Quindi mi domandò: “ che cosa ne dici?”
“Tu una volta venisti”
“Sì, però ora vado via”, replicò
“Lo so e fai bene. Sono d’accordo con te che tu debba rendere fruttuosi i talenti di cui gli dèi benigni ti hanno dotata, ma se vuoi raggiungere questo scopo dovresti schivare o saltare gli ostacoli frapposti al raggiungimento delle tue mete. Devi trovare un metodo: la strada adatta alle tue forze se vuoi conseguire i risultati che agogni. Non lasciarti condizionare e indebolire da quelli che vogliono usarti e che tu intendi usare a tua volta: i rapporti strumentali non costruiscono il bene, né danno gioia.”
Le stavo dicendo con tutta franchezza quello che pensavo della sua situazione, ma Ifigenia non volle ascoltare una parola di più: si alzò di scatto e gridò: “Sono stanca dei tuoi psicologismi bolsi e moralistici.
 Andranno bene per te, povero professore mezzo fallito! Io non voglio più sentirne parlare!”
Quindi sedette di nuovo e riprese a disegnare. “ Eripitur persona- pensai- Alla megera è caduta la maschera. Rimane bella però. Poteva andarmi peggio. Essere catapultato giù a fluttuare in mezzo alle onde, per esempio”.


Bologna primo agosto 2023 ore 16, 54 
giovanni ghiselli  

p. s.
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[1] Cfr. Sofocle, Antigone 1146 e sgg.

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