domenica 27 agosto 2023

Percorso amoroso VIII, 18. L’età dell’oro. Il potere. L'amore malato quale male non operabile.


 

Torniamo alla considerazione delle età del mondo.

E’ nota è la posizione di Virgilio nella quarta ecloga dove è annunciato  una nuovo ciclo di età (saeclorum ordo , v. 5) coincidente con la nascita di un puer (v. 8),  il ritorno della Virgo  (la Giustizia), dei Saturnia regna  (v. 6), di una nova progenies, una nuova razza (v. 7) e della gens aurea  al posto di quella ferrea  (v. 8 e v. 9).

Qui c'è l'attesa della seconda età dell'oro che giungerà alla perfezione  quando il misterioso puer sarà giunto all'età virile: allora ogni terra produrrà tutto da sola senza subire violenza dall'uomo, le dure querce suderanno roridi mieli, il mare sarà libero dalle navi e il marinaio liberato dai pericoli marini, mentre gli animali nocivi periranno, quelli utili verranno liberati, e, per quanto riguarda la donna-madre ella dovrà sorridere al bambino, il puer simbolo della rinascita,  chiunque egli sia. Infatti il bambino privato del sorriso dei genitori non potrà mai raggiungere l'eccellenza.

 L'età del ferro viceversa, e la terra ammorbata dai delitti dei capi, sono caratterizzati dalla mancanza di sorrisi: la Tebe di Edipo è piena di gemiti (Edipo re , v. 5) e  nella Scozia che, sconciata dai delitti di Macbeth, sembra una tomba, non si vede sorridere nessuno se non chi nulla conosce (IV, 3).

E' il mondo nuovo, o rinnovato,  e l'umanità non ancora conosciuta che fa sorridere di speranza: alla fine del La Tempesta Miranda esclama: oh meraviglia  ! Quante creature ottime ci sono qui! Com'è bella l'umanità! O prode mondo nuovo (brave new world) con tali persone; e il padre, Prospero, che il mondo lo conosce, le fa: ' Tis new to thee ,  per te è nuovo (V, 1). 

Per quanto riguarda i Saturnia regna, il regno di Saturno, questo coincide con l'età dell'oro che  "una tradizione particolarmente ravvivata nell'età augustea poneva sotto il regno di Saturno nel Lazio (cfr. Aen. VIII 319 ss.)[1]", ma  Virgilio non  chiarisce il problema del potere ideale che invece è spiegato da Seneca il quale in un' Epistola a Lucilio cita Posidonio[2] :"Illo ergo saeculo quod aureum perhibent penes sapientes fuisse regnum Posidonius iudicat. Hi continebant manus et infirmiores a validioribus tuebantur, suadebant dissuadebantque et utilia atque inutilia monstrabant; horum prudentia ne quid deesset suis providebat, fortitudo pericula arcebat, beneficentia augebat ornabatque subiectos. Officium erat imperare non regnum " (90, 5), Posidonio ritiene che in quella famosa età che chiamano dell'oro il potere fosse in mano ai sapienti. Questi reprimevano la volenza, e proteggevano i più deboli dai più forti, persuadevano e dissuadevano e indicavano le cose utili e le inutili; la loro preveggenza faceva in modo che nulla mancasse ai loro concittadini, l’energia teneva lontani i pericoli, i benefici potenziavano e onoravano i sudditi. Comandare era un dovere non un atto di potere.

 

Pensiero analogo nel Manzoni  che scrive a proposito del cardinal Federigo Borromeo:"Ma egli, persuaso in cuore di ciò che nessuno il quale professi cristianesimo può negar con la bocca, non ci esser giusta superiorità d'uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio, temeva le dignità, e cercava di scansarle"[3]

Lo stesso concetto si trova in  E. Fromm:"Il capo non è soltanto la persona tecnicamente più qualificata, come deve essere un dirigente, ma è anche l'uomo che è un esempio, che educa gli altri, che li ama, che è altruista, che li serve. Obbedire a un cosidetto capo senza queste qualità sarebbe una viltà" [4].  

Posteriore alla IV ecloga di Virgilio ( scritta nel 40 a. C. anno della pace di Brindisi tra Ottaviano e Antonio e del consolato di Asinio Pollione)  è l' Epodo 16 di Orazio composto probabilmente  "dopo che Sesto  Pompeo nel 38 ha ricominciato la sua guerra sul mare, minacciando di affamare l'Italia"[5]. Roma che i tanti nemici esterni non riuscirono a distruggere, prevede cupamente il poeta, "impia perdemus devoti sanguinis aetas "(v. 9), la distruggeremo noi, generazione empia nata da un sangue maledetto, con riferimento al fratricidio primigenio di Romolo. Anche la funzione della donna è ribaltata rispetto al messianico testo virgiliano dove la madre è rappresentata ridente:  alle donne, con ricordo archilocheo[6] che avrà un seguito in Tacito[7], si addice il luctus che il vir,  cui si confà la virtus,  deve evitare:"vos quibus est virtus, muliebrem tollite luctum " (v. 39), voi che avete coraggio virile togliete di mezzo il lamento da femmine. Si dovrà volare al di là dei lidi etruschi, verso le isole felici dell'Oceano. In quei luoghi la terra è generosa, gli animali produttivi, il clima mite, le donne pudiche poiché non hanno avuto il cattivo esempio di quella svergognata di Medea:"Non huc Argoo contendit remige pinus/neque impudica Colchis intulit pedem " (vv. 59-60), qua non ha diretto la rotta la nave con i rematori di Argo, né la svergognata donna di Colchide vi ha messo piede.

Ma se le donne, soprattutto le impudiche che si innamorano e fanno l'amore, sono tanto deleterie perché gli uomini le cercano, se ne innamorano, addirittura le sposano?

Lo domanda direttamente e ripetutamente la corifea nella Parabasi delle Tesmoforiazuse  di Aristofane, una specie di satira della vera o presunta misoginia euripidea:" eij kako;n ejsmen, tiv gameiq j hJma'", ei[per ajlhqw'" kakovn ejsmen" (v. 789), se siamo un male, perché ci sposate, se davvero siamo un male? Quindi la donna precisa e conclude la domanda chiedendo:"ajll j ouJtwsi; pollh'/ spoudh'/ to; kako;n bouvlesqe fulavttein; (v. 791), ma perché volete tenere con tanta cura un male del genere?

  A parte che non tutti gli uomini, nemmeno tutti gli eterosessuali si sposano, una risposta a perché molti lo fanno l'ha data Schopenhauer nei Parerga E Paralipomena :"La natura ha destinato le giovinette a quello che, in termini teatrali, si chiama "colpo di scena": infatti, per pochi anni la natura ha donato loro rigogliosa bellezza, fascino e pienezza di forme, a spese di tutto il resto della loro vita, affinché, cioè, siano capaci di impadronirsi durante quegli anni della fantasia di un uomo in misura tale, che egli si lasci indurre a prendersi onestamente una di loro per tutta la vita, in una forma qualsiasi, passo al quale la mera riflessione razionale non sembrerebbe aver dato nessuna sicura garanzia di invogliare l'uomo. Perciò la natura  ha provvisto la femmina, appunto come ogni altra delle sue creature, delle armi e degli utensili di cui ha bisogno per la sicurezza della sua esistenza e per tutto il periodo in cui ne ha bisogno; e anche qui la natura ha provveduto con la sua consueta parsimonia. Come ad esempio, la formica femmina, dopo l'accoppiamento, perde per sempre le ali, superflue, anzi pericolose per la prole, così, di solito, dopo una o due gravidanze, la donna perde la sua bellezza e probabilmente, perfino, per la stessa ragione. In conformità con ciò, le giovinette considerano nel segreto del loro cuore, i loro lavori domestici o professionali una cosa secondaria, forse, perfino, un semplice trastullo: come loro unica seria professione esse considerano l'amore, le conquiste e ciò che vi si collega, come acconciature, balli, eccetera"[8]. E, poco più avanti:" per la donna una sola cosa è decisiva, vale a dire a quale uomo essa sia piaciuta" (p. 838).

 

 L'amore che porta l'uomo a sposarsi dunque è conseguenza di un inganno, una trappola preparata dalla natura e fatta scattare dalle  giovani femmine umane .

Di questo parere è anche l'uxoricida della Sonata a Kreutzer di Tolstoj:

" Che poi una sia molto versata in matematica, un'altra brava a suonar l'arpa, non cambia nulla. La donna è felice e soddisfatta in ogni suo desiderio soltanto quando riesce a intrappolare un uomo. Né ad altro si ingegna, perché tale è il suo compito. Così è stato, così sarà. Così nel nostro ambiente fa una fanciulla da marito, così fa quando è maritata. Quando una è ragazza, pensa ad accaparrarsi uomini per la scelta-quando è maritata, a tener sotto i piedi il marito".

Tutt'altra risposta ho trovato nel "dramma inedito" Platonov di Cechov :"Senza la donna l'uomo è come una locomotiva senza vapore!" (IV, 7).

 Per quanto riguarda l'amore come malattia dalla quale non possiamo liberarci con la volontà sono degne di nota le considerazioni di Proust sulla manìa di Swann, un ricchissimo colto, elegante signore ebreo innamorato di una cocotte,  oltretutto senza esserne contraccambiato e con un'ossessione che rendeva il pover'uomo infelice fino al desiderio di morire: ebbene chi notava la sproporzione tra i due e la follia di quel sentimento parlava "con la saggezza di chi non è innamorato, che pensa che un uomo d'ingegno non dovrebbe essere infelice se non per una persona che ne mettesse conto; all'incirca è come stupire che ci si degni di soffrire del colera per opera d'un essere così piccolo come il bacillo virgola"[9].

L'amore di Swann per Odette ha qualche cosa di malato dall'inizio alla fine.

 La prima volta che si videro "ella era apparsa a Swann non senza bellezza certo, ma di un tipo di bellezza che gli era indifferente, che non gl'ispirava nessun desiderio, che gli dava anzi una specie di repulsione fisica" (p. 209). Alla fine della morbo amoroso, come svegliatosi da un'operazione, Swann penserà" E dire che ho perduto tanti anni della mia vita, che ho voluto morire, che ho avuto il mio più grande amore, per una donna che non mi piaceva, che non era il mio tipo" (p. 403).

 La similitudine medico-chirurgica mi è stata suggerita dallo stesso testo di Proust:"E questa malattia ch'era l'amore di Swann s'era così moltiplicata, era avvinta così strettamente ad ogni consuetudine di lui, ad ogni suo atto, alla sua mente, alla sua salute, al suo sonno, alla sua esistenza, perfino a ciò ch'egli desiderava dopo la morte, aveva finito ormai col formare una cosa sola con lui a tal punto che non sarebbe stato possibile strappargliela senza distruggere lui stesso quasi per intero: come si dice in chirurgia, il suo amore non era più "operabile" (p. 327).

Questa espressione si può accostare a una concettualmente analoga di Petronio:"sed antiquus amor " (Satyricon  42, 7), ma un amore vecchio è un cancro.

Questo morbo era parzialità di visione, una forma di a[th o acciecamento mentale che  impediva di vedere nella donna :"il disordine della mente, l'insufficienza dell'educazione, la mancanza di franchezza e di volontà" (p. 237). La freccia amorosa era partita dall'impressione di una somiglianza:"ella colpì Swann per la sua rassomiglianza con quella figura di Sefora, la figlia di Ietro, che si vede in un affresco della cappella Sistina" (p.237). Dopo avere assimilato Odette all'immagine del Botticelli, egli vedeva in quella creatura "una matassa di linee sottili e belle che i suoi sguardi dipanarono, seguendo la curva del loro avviluppamento, ricongiungendo la cadenza della nuca con la flessione delle palpebre, come in un suo ritratto nel quale il suo tipo divenisse intellegibile e chiaro"( p. 238). Il mal d'amore poi crescendo diviene "una necessità ansiosa, che ha per oggetto quello stesso essere, una necessità assurda, che le leggi di questo mondo rendono impossibile da soddisfare e difficile da guarire: la necessità insensata e dolorosa di possederlo" (p. 246). L'angoscia era scoppiata una sera che Swann non trovò Odette dai Verdurin i borghesi bottegai dai quali solitamente si recava:"forse, anzi, proprio a quell'angoscia andava debitore dell'importanza che Odette aveva presa per lui. Gli esseri ci sono di consueto così indifferenti che, quando collochiamo in uno di essi simili possibilità di sofferenza e di gioia, esso ci sembra appartenere a un altro universo, si aureola di poesia"(p. 251).

Pesaro 27 agosto 2023, ore 10, 24 giovanni ghiselli

p. s.

Statistiche del blog

Sempre1398434

Oggi20

Ieri163

Questo mese5024

Il mese scorso6870

 

 



[1] La Penna-Grassi, Virgilio. Le opere. Antologia , p. 36.

[2] Posidonio di Apamea (135-51 a. C.) è il maggior esponente dello stoicismo medio. Fu discepolo di Panezio e maestro di Cicerone.

[3] I Promessi sposi  cap. XXII

[4] Psicanalisi della società contemporanea , p. 299.

[5]La Penna (a cura di) Orazio, Le Opere, Antologia , p. 162.

[6]Fr. 7 D., v. 10:"tlh'te gunaikei'on pevnqo" ajpwsavmenoi ", sopportate, respingendo il lutto femmineo.

[7]"Feminis lugere honestum est, viris meminisse " Germania  (27, 1), per le donne è bello piangere, per gli uomini ricordare.

[8] Tomo II, pp. 832-833.

[9]La strada di Swann , p. 363.

Nessun commento:

Posta un commento

Ifigenia CLXXXI La fedeltà mal riposta. Il rimpianto della rosa bianca trascurata.

  Il sole aveva sbaragliato le nubi. Mi tolsi la maglietta per   l’abbronzatura che va ripassata, come le lezioni. Mi guardai il petto e i...