NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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giovedì 17 agosto 2023

Antologia del percorso amoroso VIII stazione pp. 204-303.


 

 

Tutti gli argomenti

 

L'amore come guerra, ferita, piaga, fiamma, tradimento, malattia, morte, squilibrio, follia, inettitudine. La storia di Didone e tante altre.

 

Strofe del terzo Stasimo dell'Antigone (vv. 781-790).

Eros si associa a Eris. Sofocle e Anacreonte. Ennio e la ferita di Medea. Terenzio. Le accuse di Lucrezio nei confronti della passione amorosa lacerante ( vulnus e ulcus) e l'elogio che Agatone fa di Eros nel Simposio platonico.

Virgilio e Turno: l'amore gli fa perdere la guerra. L'addio alle armi erotiche di Orazio. La metafora. Properzio. La guerra amorosa spesso non è cavalleresca. La piaga del tradimento. La malafede delle donne. Alcune Odi di Orazio: a Glìcera ( I, 19); la consolazione a Tibullo (I, 33) e la II 8 a Barìne, la bella spergiura impunita.

Militat omnis amans di Ovidio. L'amante non è debole e ignavo ma equivale al soldato. L'anfiteatro è un luogo di battaglie e ferite raccomandato dal poeta di Sulmona per gli incontri erotici . Gli spettacoli teatrali condannati da Platone, Seneca, Tertulliano e dal   curato di Madame Bovary poiché  ingenerano libertinaggio.

 Il malvagio spirito di dissidio che si insinua tra Anna Karenina e l'amante.  Le nozze di figaro e l'aria di Marcellina. D'Annunzio e la nemica. Un poeta ungherese: Ady Endre. Pavese, Seneca, Kundera.

 

 La storia di Didone. Il fuoco d'amore che arriva alle ossa. La pestis amorosa. La catena di autori che calunniano l'amore. L'odio per il sesso è odio per la bellezza e per la vita. D. H. Lawrence e W. Reich: il terrorismo sessuale è funzionale alla sottomissione dell'uomo. Aristofane, Manzoni e Tolstoj. Ancora la Magdalena. L'imbellimento è la perfezione della propria identità. L'amore non è solo ferita e dolore ma anche colpa e infamia. Pudor e aijdwv". La sorella Anna e la nutrice di Fedra. La follia erotica e quella religiosa. La "lussuria" di Enea e Didone. La diffamazione della dea foeda . L'ira di Iarba e la collera di Giove. L'eroe, terrorizzato, cede subito. L'ingratitudine come vizio capitale. L'eroe virgilano secondo Leopardi. La vigliaccheria di Enea che fa morire la sua amante non sponte, invitus, e la rivendicazione del peccato da parte di Prometeo e di Edipo. Ancora sulla pertrattata fides . La pietas di Enea e nei Carmi di Orazio. Non il suo eroe è improbus secondo Virgilio ma l'amore stesso. Enea non concede a Didone nemmeno un intervallo. Il notturno dell'Eneide , quello di Alcmane e quello di Apollonio Rodio. Didone stessa non si assolve. Il sogno di Enea. La follia metodica dei sogni.

  Alcibiade, il dandy dell'antichità: l'altra faccia del pio Enea. Gli uomini straordinari con valutazioni diverse.

Le maledizioni di Didone. La testa come acropoli della persona. La donna abbandonata invoca un vendicatore mentre vuole spezzare la luce.

La Fortuna . Didone morente prefigura la fine di Cartagine. La fiamma dell'amore diviene il fuoco del rogo. Altri ardori deleteri in letteratura (Nerone e Anna Karenina). L'incontro di Enea e Didone tra i morti. Il silenzio della donna suicida per amore è il più espressivo dei rimproveri.

 

Domenico Cavalca e San Benedetto.

 

 L'amore nelle Bucoliche e nelle Georgiche. Teocrito e il sentimento della natura.

 La II ecloga virgiliana. Il motivo della lucertola in Virgilio e Teocrito. La III ecloga e il toro emaciato. L'incantatrice dell'VIII ecloga e Cornelio Gallo della X. Ancora Virgilio e Teocrito. La III Georgica. Dalla  femmina, umana e bestiale, dipende la felicità dei maschi. Amor omnibus idem. L'aspetto battagliero di Amore. Ero e Leandro. Le ferite e le ustioni d'amore in vari autori.

 Orfeo e Aristeo nell'interpretazione di Gian Biagio Conte. Un poco di inglese.  Il durus arator che incide la terra il poeta elegiaco che piange molles amores , ferisce se stesso e muore. La violenza dell'uomo sulla natura in Sofocle, Virgilio, Orazio, Platone e Goethe. Ancora il Terzo Stasimo dell'Antigone .

 L'amore come punizione, malattia e sofferenza. La cecità e la pazzia di Eros. La donna quale inganno scosceso. L'innamorato è come un naufrago. L'iniuria in amore e in altri campi. Esiodo. Eros che strugge le membra, dolce-amara implacabile fiera. Pandora. Al mito della prima donna segue quello della fine dell'età dell'oro. Esiodo e Lucrezio.  Espressioni contrarie alla navigazione.

Un'altra interpretazione dell'età dell'oro. Il veternus in Virgilio e in Orazio. Il De providentia di Seneca. Giobbe. L'età dell'oro in Virgilio, il potere nell'età dell'oro in Seneca, e le isole felici di Orazio. L'amore come trappola preparata dalla natura e dalle giovani donne. L'amore di Swann come malattia non più operabile: antiquus amor cancer est .  La gelosia come mostro edace. L'amore come spada in Archiloco, come smarrimento in Saffo. La traduzione fatta da Catullo. L'amore negato infligge maggiore sofferenza alla donna che all'uomo, e l'amore fruito maggiore gioia alla femmina umana che al maschio secondo il parere del sapiente Tiresia di Ovidio. La follia amorosa quale tempesta e uragano. Saffo e Ibico. L'amore come assillo nel Prometeo incatenato . Amore e morte. Saffo, Teocrito, Leopardi. D'Annunzio. Alcune testimonianze sull'Amore come squilibrio e contraddizione insanabile. La compresenza degli opposti misei'n- filei'n. La logica aperta al contrasto. Anacreonte, Teognide (Erodoto, Tucidide, Eschilo), Catullo, Ovidio, Petrarca. Di nuovo l'amante nemica. Il Trionfo della morte e Il fuoco di D'Annunzio. Psicoanalisi e antichità: Freud utilizza Empedocle .

Eraclito. La pazzia amorosa ostacola il lavoro agricolo. Teocrito Virgilio e Tibullo.

Il latino, lingua del potere, può insegnare a difendersi dal potere.

 

Prima parte

Partiamo dall'incipit della Strofe del Terzo Stasimo dell'Antigone  di Sofocle (v.  781).

E' questo un inno a Eros, invincibile in guerra, capace di abbattersi sulle ricchezze e di riposare sulle morbide guance delle ragazze. Egli è in movimento sul mare e nelle dimore agresti; è inevitabile da parte dei mortali e degli immortali che vengono resi folli da lui. Amore può traviare le menti dei giusti e renderle ingiuste, può spingere i consanguinei alla contesa, quando il desiderio degli occhi di una fanciulla detta legge, poiché in quella luce c'è qualche cosa di divino.

"  [Erw" ajnivkate mavcan…", Eros invincibile in battaglia.

 "In realtà contro Eros non esiste rimedio ("  [Erwto" ga;r oujde;n favrmakon") né pozione né pasticca né incantesimo se non il bacio, l'abbraccio e stendersi insieme con i corpi nudi", suggerisce ai due ragazzi il vecchio Fileta nel romanzo di Longo sofista [1]. Luogo simile già in Teocrito che nell'incipit dell'XI idillio  consiglia però un altro rimedio : non c'è altro favrmakon contro l'amore o Nicia, né unguento, mi sembra, né polvere, che le Pieridi, rimedio lieve e dolce per i mortali, ma trovarlo non è facile (vv. 1-4). Significa che la strada delle Muse e della poesia è impervia. -

Eros  si coniuga con Eris.

Alcuni verbi greci sono significativi di tale associazione.

"Meignumi , "unirsi sessualmente", significa anche mescolarsi, incontrarsi in battaglia. Quando Diomede "si mescola ai Troiani", vuol dire che viene alle mani, a distanza ravvicinata, con loro...Stessa cosa per damazo, damnemi : soggiogare, domare. Uno doma una donna che fa sua, come doma il nemico cui dà la morte"[2].

Amore è un combattente invincibile:"calepa; d j e[ri" ajnqrwvpoi" oJmilei'n kressovnwn"[3], è dura contesa per i mortali contendere con i pi forti.

Lo stesso Sofocle  nelle Trachinie  fa dire a Deianira che chiunque si alzi come un pugile per venire alle mani con Eros, non ha la testa a posto ( "ouj kalw'" fronei'", v. 442).

Infatti Anacreonte aveva bisogno di alterarsi la mente con il vino per lanciare una sfida di pugilato a Eros:"fevr j u{dwr, fevr j oi\non, w\ pai',...-pro;"  [Erwta puktalivzw" (fr. 27 D.), porta l'acqua, porta il vino, ragazzo, voglio fare a pugni con Eros.  La guerra a volte viene fatta da Eros contro gli amanti concordi, a volte dagli amanti tra loro per sopraffarsi a vicenda. L' Oreste dell' Elettra  sofoclea ricorda alla sorella che c'é un Ares anche nelle donne:"kajn gunaixi;n... [Arh"-  e[nestin"(vv. 1243-1244). Il riferimento è alla loro madre assassina ovviamente, ma quello di Clitennestra non è certo l'unico caso di connubio conflittuale e criminale.

Alla dea Afrodite che, fin dal primo verso[4] dell'Ippolito  di Euripide, si presenta come divinità possente e non senza fama, la  nutrice di Fedra attribuisce una forza d'urto ineluttabile  :" Kuvpri" ga;r ouj forhto;n h]n pollh; rJuh'/" (v. 443), Cipride infatti non è sostenibile quando si avventa con tutta la forza. Ella si accosta con mitezza a chi cede, ma fa strazio di trovi altero e arrogante. 

Nella letteratura latina la ferita d'amore appare già nella Medea exul  di Ennio che traduce questo verso della Medea  di Euripide:" e[rwti qumo;n ejkplagei's j  jIavsono"" (v. 8), colpita nel cuore dall'amore di Giasone, accentuandone il pathos con l'allitterazione:"Medea animo aegro amore saevo saucia ", (v. 9), Medea dall'animo sofferente, ferita da un amore crudele. Un aggettivo che diverrà topico per indicare le ferite inflitte da Afrodite o da suo figlio.

L'amore come guerra, fuoco che arde e squilibrio è affermato pure  da Terenzio (190ca-159ca a. C.) nell'Eunuco :"In amore haec omnia insunt vitia : iniuriae,/suspiciones, inimicitiae, indutiae, bellum, pax rursum: incerta haec si tu postules/ratione certa facere, nihilo plus agas/quam si des operam ut cum ratione insanias " (vv. 59-63), nell'amore ci sono tutti questi difetti: offese, sospetti, litigi, una tregua, la guerra, di nuovo la pace: se tu cerchi di mettere in ordine sicuro queste cose incerte, non fai di meglio che se ti adoperassi per fare il pazzo ragionevolmente, dice lo schiavo Parmenione al giovane Fedria innamorato, il quale risponde:"et taedet et amore ardeo, et prudens sciens,/vivos[5] vidensque pereo, nec quid agam scio " (vv. 72-73), non ne posso più e brucio d'amore, lo so e capisco e sono vivo e vedo e muoio, e non so che fare.

Secondo Lucrezio perfino Marte "armipotens " viene vinto aeterno… vulnere amoris , dall'eterna ferita dell'amore.

"Marte armipotens è debellato e 'ferito' dalla dea dell'amore e della pace… anche se l'immagine della "ferita d'amore" era già abbastanza convenzionale , qui il contesto la rivitalizza , sottolineando l'aspetto paradossale della situazione"[6].

In effetti questo Marte vinto dalle ferite è rovesciato rispetto a quello usuale che le infligge  e su questo ribaltamento insistono i termini scelti dall'autore. Vediamo  alcuni versi dell'inno a Venere:" Nam tu sola potes tranquilla pace iuvare/mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors/armipotens regit,  in gremium qui saepe tuum se/reicit aeterno devictus vulnere amoris ,/ atque ita suspiciens tereti cervice reposta/pascit amore avidos inhians in te, dea, visus,/eque tuo pendet resupini spiriyus ore"  (vv. 31-37), Infatti tu sola puoi con una pace tranquilla aiutare/i mortali, poiché le feroci opere della guerra governa/Marte, signore delle armi, che spesso si rovescia  nel tuo/grembo, vinto dall'eterna ferita dell'amore,/e così guardando da sotto, con la liscia cervice rovesciata,/pasce d'amore gli avidi occhi agognandoti, o dea /e il respiro di lui resupino dipende dalla tua bocca.

-tereti cervice reposta (forma sincopata per reposita): si può notare come Mavors (arcaico per Mars ) si esponga alle ferite lasciando scoperta e rivolta all'amante la parte più tenera del corpo, quella attraverso cui nell'Iliade risonante di battaglie i guerrieri marziali vengono uccisi più frequentemente.

 Insomma make love, not war come si diceva una volta. Ma il proemio, si vedrà è in un certo senso fuoritesto rispetto al poema.

Continua

 

Pesaro 17 agosto 2023 ore 77, 04 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Le avventure  pastorali di Dafni e Cloe (II-III sec. d. C.) , II, 7.

[2]J. P. Vernant, L'individuo, la morte, l'amore , p. 118.

[3] Pindaro, Nemea X , vv. 72-73. E' la grande ode di Castore e Polluce, un esempio sublime di amore fraterno. Lo scontro invero avviene tra i Dioscuri e i due fratelli, loro cugini,  Ida e Linceo. Questi muoiono e pure Castore, figlio di Tindaro e Leda, Ma Polluce figlio di Leda e Zeus, cedette al fratello parte della propria divinità immortale.

[4] Pollh; me;n ejn brotoi'" koujk ajnwvnumo" (Ippolito , 1)

[5] Arcaico per vivus.

[6] Conte, Scriptorium classicum , 5, p. 18.

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