giovedì 3 ottobre 2024

Ifigenia CLIX e CLX.


  

Ifigenia CLIX Il lago di Garda. L’insufficienza.

 

Poco prima delle 17 ero di nuovo alla stazione di Trento. La attendevo, posto che fosse arrivata, con un sorriso non privo di spregio.

Questa volta arrivò, bella e guardata dagli uomini, come al solito. “Però, non è il mio tipo pensai”. Bella assai ma poco fine. Helena, Kaisa e Päivi erano altre persone, altri gevnh, razze spirituali diverse: studiose,  educate, capaci di amare, di parlare e di stare zitte:  amorem amoenitatemque  exercentes [1].

Si scusò dell’errore grossolano: il treno per venire da me partiva dalla stazione occidentale mentre lei lo aspettava in quella centrale.

Ma forse era una menzogna.

 

Avevo imparato da Freud che gli atti mancati non sono mai casuali. Ne ero convinto perché l’avevo verificato vivendo. Probabilmente colei voleva andare da tutt’altra parte. Incosciamente si dice, e di fatto il suo Io veniva spesso invaso dall’Es. Né era propensa a bonificare il pantano dell’inconscio, a estendervi la parte cosciente poiché era convinta che l’attore bravo deve assecondare l’istinto.

 

Di questo però non facemmo parola quel giorno. Dissi invece che avevo impiegato benissimo il tempo dell’attesa andando a fare un’altra sciata a Fai della Paganella dove iniziano piste meravigliose che giungono fino ad Andalo. Ifigenia raccontò che aveva parlato con Lucia denominata “la fedelissima”, non sapevo di che avessero chiacchierato, né glielo domandai. Provai comunque un’allegrezza scellerata pensando che quelle due, una già avvelenata dalla voglia di successo, l’altra ancora da scoprire, solidarizzavano sotto l’immagine della mia persona, celebrata in qualche modo da entrambe.

Di fatto nessuna delle due studiava sul serio e volevano fruire dei miei lavori sudati sui libri, fino a quando sarebbe servito.

 Ifigenia poi disse che a Verona era salito sul treno un uomo distinto e l’aveva corteggiata fino a chiederle l’indirizzo: invano. Non feci alcun commento e pensai: “Troppo tardi, ojyev, come dice Dioniso a Cadmo[2], quando occorreva non volevi sapere di riservatezza e rispetto”.

Ci fermammo sul lago di Garda. Non c’era un filo di vento e il Benaco non sorgeva con flutti e fremiti marini come favoleggia Virgilio[3].

Non era tempo di favole: fremevo di sdegno e disgusto piuttosto.

La faccia di Ifigenia era ottusa e inespressiva.

Tornammo a Bologna per tentare un contatto carnale. Come fummo nel letto però, non riuscivo nemmeno a desiderarla con forza. Quella sera lontana, nel talamo grande dove avevamo gridato di piacere e di gioia, nel giaciglio martire cui una volta si era spezzata una gamba incapace di reggeri nostri tripudi sacri e festosi, la sera del primo marzo, dopo una settimana di astinenza, facemmo l’amore una volta sola senza fatica, mentre la seconda avvenne con stento e con sforzo. Dovetti pensare ad altro. Non eravamo arrivati nemmeno alla sufficienza. Spensi la luce. Mi girai verso il muro. Poi lo toccai con un dito. Ifigenia  piangeva.

 

.

 

Ifigenia CLX L’attore famoso.

 

In marzo arrivò al Duse l’attore famoso che un anno e tre mesi più tardi mi avrebbe cambiato la vita.

Non ne rivelerò mai il nome.

 Di lui, tempo prima, Ifigenia aveva detto che, se fosse venuto a recitare a Bologna, sarebbe andata a cercarlo nel suo camerino o nel suo albergo per chiedergli di fare l’amore.

Poi si era corretta aggiungendo che l’avrebbe fatto se fosse stata libera. “Sei libera” replicai, però era stato ferito e umiliato da tanta improntitudine. Sapevo che era tipa da farlo davvero. Ho sempre presofferto tutto al punto di farci il callo. Anche pregoduto e pregioito diversi piaceri a dire il vero. Avrei  constatato che le perdite prima o poi vengono compensate dall’ acquisto di beni migliori.

Andammo dunque a vedere il grande gradasso che con il solito stile da histrio gloriosus  tuonava dal palcoscenico e si sbracciava come un gigante centimane. Recitava sempre se stesso.

Assistevamo muti alla girandola dei gesti titanici e delle grida stentorèe tipiche di questo guitto già non poco attempato ma ben tenuto insieme e sempre voglioso di fare colpo sul pubblico. Bombardava e affascinava il teatro gremito. Era un pessimo attore monocorde, ma comunque  un bel vecchio e un uomo di successo.

 Ifigenia si scioglieva dalla commozione e alla fine dello spettacolo volle rimanere nel corro degli osannatori finché si spensero tutte le voci e le luci.

Tale attenzione ovviamente non mi sfuggì e non potei non pensare che se non fossi stato presente sarebbe andata a cercarlo. Non era un pensiero assurdo. Etiam male sentire haud absurdum est.

La domenica successiva ero a Pesaro dalle pie donne di casa, e Ifigenia tornò al Duse per vedere un’altra volta lo strepitoso strepitante. Dopo lo spettacolo andò a omaggiarlo dieto le quinte, poi mi raccontò di averlo trovato avvolto in un nembo satanico mentre beveva vino e sfotteva pesantemente alcune sue ammiratrici che  gli scodinzolavano intorno.

“Una gran delusione!”, concluse. Pensai che l’illusione caduta fosse quella di potere contattarlo da sola e ottenere il massimo da lui. Non dico altro. Già ognuno lo sa.

 Io sapevo che le cose più temute avvengono sempre.

 

Pesaro 3 ottobre 2024 ore 20, 16 giovanni ghiselli.

 

  p. s.

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[1] Cfr. Plauto, Miles gloriosus, 656, in grado di praticare l’amore e la piacevolezza.

[2] Cfr. Euripide, Baccanti, 1345

[3] Cfr. Virgilio, Georgica II, 160

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