martedì 29 aprile 2025

Omero Odissea V parte. Traduzione e commento dei versi 11-15 del primo canto.

Sommario

Tutti i Greci scampati alla guerra e al mare erano giunti in patria; solo Ulisse agognava il ritorno e la moglie, mentre era tenuto prigioniero da Calipso che voleva farne il suo sposo.

vv. 11-12. :"Allora tutti gli altri, quanti evitarono la morte scoscesa/erano a casa, schivata la guerra ed il mare;".- Tra i superstiti, per ultimo  Menelao era tornato  (I, 286) otto anni dopo la presa di Troia (IV, 82).-fuvgon: aoristo forte senza aumento da feuvgw.-aijpuvn o{leqron  v. 11   la morte scoscesa, dirupata


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La morte scoscesa. Leopardi e Tolstoj.

L' aggettivo aijpuv" fa vedere la morte come un precipizio.

A tale immagine si può accostare quella di Leopardi:"infin ch'arriva/colà dove la via/e dove il tanto affaticar fu volto:/abisso orrido, immenso,/ov'ei precipitando, il tutto oblia"[1].

Ma forse è ancora più calzante La morte di Ivàn Ilìc :"egli smaniava dentro quel sacco nero, nel quale implacabile, invisibile, la forza di qualcuno continuava a spingerlo...Egli sentiva che il suo gran patire era di dovere entrare in quella buca buia...Ad un tratto una forza lo urtò nel petto, nel fianco, ancora più forte oppresse il suo respiro, ed egli sprofondò nella buca"[2].

 

 

-oi[koi- v. 12- a casa-forma di locativo corrispondente al latino domi .- pefeugovte": participio perfetto di feuvgw; ho tradotto "schivata" poiché povlemovn te...hjde; qavlassan  guerra e mare sono gli ostacoli più  ostici e il ritorno di questi uomini è stato come uno slalom dove gli sbagli venivano pagati con la morte.

 

vv. 13-15. to;n...ei\nai:" lui solo, che bramava il ritorno e la sposa,/la veneranda ninfa Calipso tratteneva, splendida tra le dee,/in spelonche profonde, agognando che fosse suo sposo".-to;n  d j oi\on lui solo: c'è una forte contrapposizione rispetto agli altri: Ulisse è unico


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Ulisse eroe-martire della conoscenza. Leopardi e il divieto della Genesi. Boitani, Cristoforo Colombo e la canzone Ad Angelo Mai. Catullo, Ovidio, Nietzsche, Camus e Fromm.

 

 L'unicità di Ulisse è costituita dalla sua intelligenza, dalle difficoltà incontrate per non perdere il privilegio di farne uso, e dalla capacità di sopportarle. In questo prefigura Edipo il quale rivendica a se stesso una facoltà di sopportare i mali che nessun altro possiede:"tajma; ga;r kaka;-oujdei;" oi|ov" te plh;n ejmou' fevrein brotw'n" (Edipo re , vv. 1414-1415), i miei mali infatti/nessuno è capace di sopportarli tranne me.

E' questa forza di sopportazione che ci consente di affrontare ogni difficoltà, pur di "diventare quello che siamo imparando"[3].

Ulisse desiderava il ritorno ma non tanto quanto la conoscenza: infatti le Sirene per attirarlo gli dicono che chi si ferma da loro riparte pieno di gioia e conoscendo più cose ("kai; pleivona eijdwv"", XII, 188).

“Al pari di Omero, le Sirene sanno tutto ciò che è accaduto a Troia, e possono rispondere a qualsivoglia domanda; se Adamo ed Eva furono cacciati dal giardino dell’Eden perché avevano mangiato il frutto della pianta, Odisseo, invece, grazie alla sua metis, non rinuncia a mangiarsi il suo pasticcino: prevede che griderà ai compagni di liberarlo e riesce a ingannare la sua stessa volontà, ordinando loro di capovolgere il significato di ogni sua parola, e di stringerlo ancora di più. In questo episodio, come in generale in tutte le sue avventure, Odisseo non è tanto un personaggio letterario, quanto piuttosto un emblema dello spirito umano, che desidera avere avventure piacevoli e sensuali senza pagarne il terribile prezzo: il trucco che rende possibile ciò è l’intelligenza”[4].

 

Leopardi fa notare che nella Genesi il sapere viene proibito all'uomo:"qualunque cosa si voglia intendere per l'albero della scienza del bene e del male, è certo che il solo comando che Dio diede all'uomo dopo averlo posto in paradiso voluptatis (Gen. c. 2. v. 8. 15. 23. 24.)...fu De ligno autem scientiae boni et mali ne comedas, in quocumque enim die comederis ex eo, morte morieris [5] (Gen. 2. 17.). Non è questo un interdir chiaramente all'uomo il sapere? un voler porre soprattutte le altre cose (giacché questo fu il solo comando o divieto) un ostacolo agl'incrementi della ragione, come quella che Dio conosceva essere per sua natura e dover essere la distruttrice della felicità, e vera perfezione di quella tal creatura, tal quale egli l'aveva fatta, e in quanto era così fatta?"[6].

 

“L’uomo non è fatto per sapere, la cognizione del vero è nemica della felicità”: la verità rivela solamente il nulla[7].

 

Sentiamo il comparatista Boitani “Ulisse viene insomma contestato integralmente (…) La sua “saviezza”, scrive Leopardi nei Pensieri, genera quasi odio.

E in questo modo ci troviamo ben oltre l’ironico giudizio di Erasmo, il grande umanista che nell’Elogio della Follia riprende quel Grillo plutarchiano il quale, compagno di Ulisse trasformato in maiale, preferì vivere da bruto, restando a grugnire nel porcile anziché riesporsi assieme al suo re a tante avventure, a tante disgrazie[8]. D’accordo con Grillo del resto si dimostra anche-ricorda Erasmo- il “padre di fole” Omero: il suo Ulisse, modello di saggezza, viene spesso definito “infelice”, un epiteto che non tocca ad altri eroi dell’Iliade e dell’Odissea. Causa di tale infelicità risiede precisamente nel suo ascoltare i consigli di Pallade, nel seguire il proprio “senno veramente eccessivo”: poiché tale ricerca della sapienza, conclude Erasmo sardonicamente, “si allontanava quant’altri mai dalla guida della natura”. Leopardi critica con ferocia assai più accanita e coerente, come si è visto, l’esperienza agognata dall’eroe dell’Inferno[9]…Il suo compimento storico, Cristoforo Colombo, che spezza ogni legge di natura, ritrova il “raggio del Sol caduto” oltre il tramonto, e supera i rischi del nostos, del ritorno, rivela però all’umanità che tutto è “simìle”, che il mondo è spento nella sua schiacciata eguaglianza, piatto nonostante la conclamata sfericità”[10].

 

La conoscenza è una forma di ascetismo

Nietzsche trova che la conoscenza sia "una forma di ascetismo", addirittura di eroismo,  quindi si addica ai più forti:"Gli uomini più spirituali, essendo i più forti , trovano la propria felicità là dove altri troverebbero la propria rovina: nel labirinto, nella durezza verso se stessi e verso gli altri, nel tentativo; il loro diletto è l'autodominio: l'ascetismo in loro diventa natura, bisogno, istinto. Il compito difficile è per loro privilegio: il giocare con fardelli che schiacciano altri, un ristoro... Conoscenza-una forma di ascetismo" (L'anticristo , 57)

 

“L’ascetismo greco, sebbene talvolta mistico, non fu mai insano. Fu quasi sempre messo in rapporto con un qualche fine ragionevole e ricercò il rafforzamento dello spirito e del corpo. Non la loro mortificazione” (G. Murray, Le origini dell’Epica greca, p. 40.)

 

Secondo Camus Il sapere giustifica ogni sofferenza, e quanto vale per Edipo vale anche per Ulisse:"le verità schiaccianti soccombono per il fatto che vengono conosciute. Così Edipo obbedisce dapprima al destino, senza saperlo. Dal momento in cui lo sa, ha inizio la sua tragedia, ma, nello stesso istante, cieco e disperato, egli capisce che il solo legame che lo tiene avvinto al mondo è la fresca mano di una giovinetta. Una sentenza immane risuona allora:"Nonostante tutte le prove, la mia tarda età e la grandezza dell'anima mia mi fanno giudicare che tutto sia bene". L'Edipo di Sofocle, come il suicida Kirillov dei Demoni di Dostoevskij, esprime così la formula della vittoria assurda. La saggezza antica si ricollega all'eroismo moderno"[11].

 

 Ma conoscere è anche amare:"Dicebas quondam solum te nosse Catullum " (Carmina , 72, 1), una volta dicevi di "conoscere" (ossia di avere come amante) soltanto Catullo. Ugualmente Ovidio:"Non ego sum furto tibi cognita; pronuba Iuno  (Her.  6, 45) non hai avuto con me rapporti sessuali di nascosto; fu pronuba Giunone, scrive Ipsipile, regina di Lemno al suo seduttore Giasone.. Così è pure il conoscere biblico di cui ci dà una spiegazione Fromm:" Conoscere non significa essere in possesso della verità, bensì andare sotto lo strato esterno e tentare, criticamente e attivamente, di avvicinarsi sempre più alla realtà. Questo modo di penetrazione creativa trova espressione nell'ebraico jadoa , che significa conoscere e amare nel senso della penetrazione maschile"[12].  

fine riquadro.
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nuvmfh (14)  significa sposa che si vela (cfr. lat. nubo ) e pure divinità delle acque, come questa, o dei boschi come quelle amate da Pan-Fauno ,"Nympharum fugientum amator [13]", amante delle ninfe fuggitive; in ogni modo creature sessualmente vivaci. Nabokov ne ha coniato un diminutivo per applicarlo a delle quasi bambine:" Accade a volte che talune fanciulle, comprese tra i confini dei nove e i quattordici anni, rivelino a certi ammaliati viaggiatori-i quali hanno due volte, o molte volte, la loro età-la propria vera natura, che non è umana, ma di ninfa (e cioè demoniaca); e intendo designare queste elette creature con il nome di "ninfette"[14].

Stazio nelle Silvae usa la parola nymphae in modo metonimico dandole un malizioso doppio senso di ninfe e di acqua corrente: “Quid primum mediumve canam?...auratasne trabes…an emissas per cuncta cubili nymphas?” (1. 3. 34-37), che cosa devo cantare per prima cosa o a metà? I tetti dorati o le acque correnti che percorrono tutte le camere?

 

Verso 14povtni j(a): è il corrispondente maschile è povsi", "sposo" del v. 15. Cfr. latino potis, e , "potente".

Il termine povtnia (v. 14) contiene un'idea di potenza: doveva essere un'appellativo della Magna Mater  mediterranea signora del mondo. Se ne vede una traccia in Iliade  XXI, 470 dove Artemide è chiamata povtnia qhrw'n, signora delle belve.  [Artemi" del resto era solo uno dei molti nomi dati a questa matriarca primordiale che infatti il protagonista del Prometeo incatenato  invoca come "Qevmi"-kai gai'a, pollw'n ojnomavtwn morfh; miva," Temide e Gea, una sola forma di molti nomi (vv. 209-210). Tale, ossia Grande Madre e chiamata in vari modi,  doveva essere in origine anche Giocasta la moglie-madre di Edipo che  Omero menziona quale "kalh;n  jEpikavsthn, la bella Epicasta (Odissea, XI, 271). Con questa donna siamo a due soli nomi che nell'Antigone vengono funzionalizzati:"mhvthr kai; gunhv diplou'n e[po"" (v.53), madre e moglie, doppio nome.   

Nelle Baccanti  di Euripide la "povtna qew'n" (v. 370) è diventata "  JOsiva" , la Pietà dionisiaca, di un culto seguito dalle donne che Penteo vuole maschilisticamente abolire.

 

Nelle Metamorfosi  di Apuleio, Iside, la divinità egizia ai cui riti viene iniziato Lucio dopo varie peripezie, fa l'elenco dei nomi con i quali viene chiamata e venerata presso i vari popoli:"Inde primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropeiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem "(XI, 5), Là i Frigii primigeni mi chiamano madre degli dèi di Pessinunte[15], qui gli autoctoni Attici Cecropia Minerva, di là i Ciprioti marittimi Venere Pafia, i Cretesi sagittari Diana Dictinna, i Siculi trilingui Stigia Proserpina, gli Eleusini antica dea Cerere, altri Giunone, altri Bellona, questi Ecate, quelli Ramnusia; e quelli che vengono rischiarati dai primi raggi del sole nascente, e gli uni e gli altri Etiopi, e gli Egizi ricchi di antica sapienza, onorandomi con le cerimonie che mi sono proprie, mi chiamano con il vero nome "regina Iside".

Che la figura femminile sia stata predominante in una fase della storia "non è inconcepibile se si pensa alla corrispondenza tra il gr. gunhv 'donna' e l'ingl. queen  'regina'[16].

v. 13 e[ruke: imperfetto senza aumento da ejruvkw, “trattengo” Vedremo quanto di malavoglia Ulisse rimanesse bloccato dalla ninfa che "non gli piaceva più" (Odissea, V, 153). Ma trattenere una persona cui non si piace è impossibile come fermare le maree.

 

A questo proposito vediamo qualcosa “sulla ‘violenza’ che Plotino (205-270)ha fatto al testo omerico col suo ‘montaggio’ di Iliade ed Odissea. Nelle Enneadi, infatti, Circe e Calipso rappresentano il mondo dei sensi, nel quale Odisseo “non vuole rimanere” e dal quale grida tutto il suo desiderio di “fuggire verso l’amata patria”. “Per noi-dice Plotino-la Patria è là da dove siamo venuti”. In altre parole, Odisseo non torna più ad Itaca e alla sua famiglia, ma al Padre suo eterno”[17].

Già nel primo canto dell’Odissea,  Atena dice a Zeus che Calipso, la figlia di Atlante dai cupi pensieri trattiene l’infelice che geme (duvsthnon ojdurovmenon kateruvkei, v. 55).

Plotino suggerisce di fuggire fivlhn ej~ patrivda, verso la cara patria, come Odisseo che narra di essere fuggito da Circe e Calipso, alludendo al fatto, dicendo per enigmi  (aijnittovmeno~) che non gli piaceva rimanere, pur avendo piaceri e stando in mezzo a bellezze sensibili di ogni specie. La nostra patria è quella da dove veniamo kai; path;r ejkei` (Enneade, I, 6, 8, 18), e lassù è il nostro padre.

 

v. 14 -Kaluywv: il nome è connesso al verbo kaluvptw. La " Nasconditrice solitaria" infatti teneva Odisseo prigioniero nell’ "isola deserta che frondeggia/nell'ombelico dell'eterno mare"[18].-

v. 14 di'a: contiene l'idea dello splendore: è formato sulla radice di-/dj-, come pure la parola euj-diva, bel tempo. La radice  apofonica indoeuropea *dei-di - dà come esito latino dies, diei, giorno. Secondo Scarpat di'o" è uno di quegli epiteti usati "senza particolare motivo, ma solo perché metricamente potevano formare un comodo nesso". In questo caso, come in di'o"  jOdusseuv" (98 volte) e di'o"  jAcilleuv" (55 volte) "si unisce con parole dallo schema + - -". In questo caso la parola seguente ( qeavwn) presenta la desinenza avwn che è un eolismo e forma lo spondeo finale. L'aggettivo, continua Scarpat " è usato così da Omero per ben 32 nomi di eroi differenti, fino ad essere attribuito a uJforbov" (4 volte) per il quale è inutile, certo, cercare quali motivi, se non la comodità metrica, abbiano spinto il poeta a qualificare di tanta nobiltà un 'porcaro'"[19].

 

Noi invece la nobiltà di Eumeo l'abbiamo riconosciuta nel suo comportamento generoso.

v. 15-ejn spevssi glafuroi'". Queste grotte profonde tolgono ogni piacevolezza all'isola, del resto amena, dove Odisseo (V canto) è segregato da Calipso

 Ella  non solo nasconde il suo amante-vittima ma gli toglie la luce del sole e della luna per diverse ore. La ninfa allora è il simbolo della donna che tende a escludere l'uomo dalla vita per averne il possesso e il controllo completo: una condizione cui un individuo curioso e intelligente non può adattarsi. Questa situazione corrisponde, tolto il sangue e l'assassinio (ma non mancano le lacrime), a "ajll j a[rku" hJ xuvneuno"" dell'Agamennone  (v. 1116): ma una rete è la compagna di letto.

-lilaiomevnh (v. 15) participio presente da lilaivomai, agogno. L’uomo che vuole imparare sempre non può contraccambiare il desiderio di una donna che lo imprigiona


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Donne e maghe furenti. Calipso e Medea sono molto diverse tra loro. Il caso dei jeans.

 Si deve riconoscere che Calipso, la "nasconditrice" (v. 14) prende il rifiuto di Odisseo assai meno male e soprattutto in modo molto meno deleterio di quanto faccia la  Medea  di Euripide, l'esperta di favrmaka, la quale afferma la naturalezza e, quindi la legittimità della sua furia distruttiva di donna " ej" eujnh;n hjdikhmevnh"(v. 265), offesa nel letto, un oltraggio, ossia un rifiuto  che la indurrà a uccidere i figli avuti dall'ex amante suscitandone l'orrore . Giasone  la chiamerà:"levainan, ouj gunai'ka, th'" Turshnivdo"-Skuvllh" e[cousan ajgriwtevran fuvsin"(vv. 1342-1343) leonessa, non donna, con l'indole più feroce della Tirrenia Scilla. Costei è un mostro con sei teste e tre file di denti in ogni bocca con i quali ghermisce sei compagni di Ulisse ( Odissea , XII, vv. 85 e sgg.) Dunque Scilla è una satanessa primordiale, qualcosa di simile al Leviathan: “che ha tutto il corpo circondato da terribili denti e le cui squame sono come scudi di bronzo”[20];

Medea è una maga nipote del sole ma con Euripide anche Seneca  trae dal suo comportamento una legge valida pure per le femmine umane:"Nulla vis flammae tumidique venti/tanta, nec teli metuenda torti,/quanta, cum coniux viduata taedis /ardet et odit "(Medea , vv. 580-583), non c'è forza di fiamma e di vento impetuoso tanto violenta, e non è così tremenda quella di un dardo scagliato, quanto allorché brucia e odia una moglie privata dell'amore.

Dunque Calipso davanti a queste femmine furibonde è assai moderata, poiché, quando riceve la notizia che deve lasciar partire l'amante scontento, si limita a rabbrividire ("rJivghsen", Odissea , V, 116) e ad accusare gli dèi, ma senza dare in escandescenze; anzi, nei confronti di Odisseo, cui non piaceva più, è benefica e generosa. Questo è il comportamento di chi ama.

 

Bologna 30 aprile 2025 ore 17 giovanni ghiselli

p. s.

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[1]Canto notturno, 32-36.

[2]In Tolstoj Romanzi brevi , p. 304.

[3]Cfr. Pindaro, Pitica  II, 72:"gevnoi& oi'Jo" ejssi; maqwvn", diventa quello che sei imparando. Ultimamente questo precetto è stato usato, efficacemente, per la pubblicità delle magliette Lacoste.

[4] Barri. B. Powell, Omero, p. 176.

[5] Potrai mangiare da tutti gli alberi del giardino, consente prima Dio all'uomo, quindi proibisce:"ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, poiché in qualunque giorno tu ne mangerai, tu morrai.

[6]Zibaldone , pp; 395-396.

[7] Cfr. E. Severino, Il nulla e la poesia. Alla fine dell’età della tecnica: Leopardi , Milano, 1990.

[8] Il  Περ το τ λογα λόγ χρσθαι è un'opera  di Plutarco, catalogata all'interno dei Moralia, strutturata come un dialogo o una diatriba cinica. Inizia con Odisseo che, in procinto di andare via dall'isola di Circe, chiede alla maga di liberare i Greci precedentemente trasformati in bestie. Circe dichiara di essere disposta ad accontentarlo, purché l'Itacese convinca il loro portavoce, Grillo, mutato in maiale. Odisseo, dunque, prova a convincere Grillo che la vita da uomini sia meglio di quella animale, con opportune controbattute del maiale, che  dimostrerà che la superiorità della vita animale  rispetto a quella umana Troveremo una storia analoga nell’Asino di Machiavelli..

[9] Si tratta dell’Ulisse dantesco Ndr.

[10] P. Boiani, L’ombra di Ulisse, p. 134,

[11]A. Camus, Il mito di Sisifo , pp. 119-120.

[12]E. Fromm, Avere o essere? , p. 63.

[13]Orazio, Odi , III,18, v.1

[14]Lolita , p. 26.

[15]Si tratta di Cibele.

[16]E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee ,, p. 15.

[17] P. Boitani, L’ombra di Ulisse, p. 36.

[18]Pascoli, L’ultimo viaggio,  Calypso , vv. 43-44.

[19]Breve Introduzione ad Omero , p 151 e 152.

[20] T.Mann, Il giovane Giuseppe, p. 313.

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