venerdì 30 settembre 2022

La pace induce all’ottimismo, la guerra piuttosto alla paura e alla servitù

La tragedia di Euripide  Supplici,   del 422,  ripropone il mito di Stato, già presente nella Medea, di Atene quale rifugio dei perseguitati e polemizza con Sofocle a proposito delle leggi scritte che contraddistinguono la democrazia, mentre la loro assenza significa l’arbitrio tirannico o per lo meno oligarchico.
 
Teseo il re di Atene, paradigma mitico di Pericle, aiuta le madri dei Sette caduti a Tebe cui Creonte vuole negare la sepoltura.
 
In questa tragedia c’è una rara e anomala dichiarazione di ottimismo.
Teseo esprime un ottimismo sostanziale:"disse una volta un tale[1] che il male/tra gli uomini prevale sul bene;/ebbene io ho un'opinione contaria a questi,/il bene per gli uomini prevale sul male pleivw ta; crhsta; tw`n kakw`n ei\nai brotoi`~-;/se non fosse così non vivremmo nella luce./Approvo chi tra gli dèi diede un ordine/alla vita da confusa e bestiale ,/prima di tutto infondendoci l'intelligenza (ejnqei;" suvnesin[2]), poi/dandoci la lingua come messaggera della parola…"(vv. 196-204). "Tale protesta contro il pessimismo scaturisce proprio dal cuore del poeta, perché non è minimamente richiesta dal contesto della tragedia. Le Supplici furono in verità scritte da Euripide in uno stato d'animo di particolare letizia, al tempo della pace di Nicia"[3].
 
La pace dunque induce all’ottimismo. Ora molti governi vogliono che la guerra continui per spingere i sudditi, non più cittadini, all’avvilimento e alla paura  del potere, insomma alla servitù. Ad alcuni mascalzoni asserviti danno fastidio le richieste di pace. Ieri sera in televisione il buon Michele Santoro deprecava la guerra e un suo antagonista assoldato da chi vuole che la guerra continui cercava di interromperlo approvando l’invio di armi che possono scatenare un conflitto mondiale terrificante.
 

Pesaro 30 settembre 2022 ore 10, 05
giovanni ghiselli

p. s
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"A quanto sembra fu principalmente Prodico di Ceo a sostenere l'opinione che nel mondo e nella vita umana predomina il male",  M. Pohlenz, L'uomo greco, p. 165.
[2] Abbiamo visto che nell'Oreste, scritta in un  anno meno fausto (408) è proprio l'intelligenza  che rende malato il protagonista (v. 396) 
[3] M. Pohlenz, L'uomo greco, p. 166.

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