venerdì 16 settembre 2022

Antologia per la conferenza di Benevento. Prima parte

Benevento
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Scontri di civiltà
Eschilo - Caratteri interi - Sofocle - Tratti caratteristici - Maschere con una sola espressione - commedia (Nietzsche La nascita della tragedia )
 
Quando ero giovane i politici, durante i dibattiti elettorali, mostravano caratteri interi e presentavano programmi diversi tra loro.  Poi un poco alla volta quei caratteri si sono ridotti a tratti caratteristici. Ora vedo maschere tragicomiche con una sola espressione. Dicono tutti più o meno le parole. Tranne poche formazioni fortemente minoritarie che forse non supereranno lo sbarramento. Temo che vincerà l’astensione.
Ieri a TG notte c’era Michele Santoro che parlava politicamente.
Gli ultimi dieci minuti possimi all’una di notte, però, sono stati offerti a Giovanna Botteri che, da cinciallegra qual è, ha raccontato tra mille sorrisi e alcune risate la storia confusa di un calciatore francese e del fratello di lui. Immaginate con quanto interesse da parte degli ascoltatori interessati alla politica.
 
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Dalla cronaca a Euripide
Il Resto del Carlino prima pagina del 14 settembre 2022.
Bimba si fa male,
famiglia chiede
i danni. “No,
siete bielorussi”
Quini nella cronaca di Pesaro, a pagina 4
Bimba cade in hotel, famiglia chiede i danni
“Non vi risarciamo perché siete bielorussi”
Una compagnia di assicurazione si appella alle misure restrittive che negano la liquidazion ai paesi coinvolti nella guerra all’Ucrina”.
 Cfr. Euripide, Troiane

Nelle Troiane  (415) che alludono all’eccidio  compiuto dagli Ateniesi contro gli abitanti della riottosa isola di Melo, Euripide  fa alla madre di Astianatte, la vedova Andromaca queste parole
w\ bavrbar j ejxeurovnte~   [Ellhne~ kakav-tiv tonde pai`da kteivnet  j oujde;n ai[tion ; (Troiane-del 415- vv. 764-765), o Greci inventori della barbarie, perché uccidete questo bambino che non è colpevole di niente?”
Del resto non vennero risparmiate neppure delle ragazze belle e fini: in un’altra. precedente (424),  tragedia di Euripide la vecchia regina Ecuba destinata alla schiavitù nell’isola di Itaca cerca di impietosire Odisseo supplicandolo di salvarle la fglia Polissena che deve essere sacrificata sulla tomba di Achille:
mhde; ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " (Ecuba, v. 278),
non ammazzatela: ce ne sono stati abbastanza di morti.
Gli atlantisti nostrani hanno già festeggiato l’ empio assassinio di Darja Ugina. Temo che questo sangue non li abbia saziati. Mandare altre armi e sanzionare ancora servirà secondo loro a completare l’opera.
 
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Il cattivo esempio dato da un personaggio tragico e raccolto dai politici attuali
 
Nelle Fenicie di Euripide (del 411) il personaggio negativo Eteocle dice alla madre che il  bene supremo per è la Turannivς la più grande delle dèe 506.
  Il re di Tebe continua dicendo che è ajnandriva è codardia se uno ha preso il meno dopo avere perduto il più ( Fenicie, 509-510).
Eteocle quindi assicura ouj parhvsw tw/'d j ejmh;n turannivda (523) non cederò a costui, ossia al fratello Polinice, il mio potere.
Poi c’è il celebre distico citato da Cesare e riferito da Cicerone
Il figlio di Giocasta conclude la sua celebrazione del potere dicendo alla madre che poi lo contraddice :" ei[per ga;r ajdikei'n crhv, turannivdo" pevri-kavlliston ajdikei'n, ta[lla d eujsebei'n crewvn", vv. 524-525, se davvero è necessario commettere ingiustizia, è bellissimo farlo per il potere assoluto, altrimenti bisogna essere pio. 
Cicerone considera questo Eteocle o addirittura Euripide meritevole di pena di morte (Capitalis Eteocles vel potius Euripides ) che fece eccezione proprio per quell'unico caso che era il più scellerato di tutti. Questi versi delle Fenicie  li aveva sempre in bocca l'ambizioso Cesare:"Nam si violandum est ius, regnandi gratia/violandum est; aliis rebus pietatem  colas ", (De Officiis , III, 82).
Giocasta replica che la tirannide non è altro che ajdikivan eudaivmona, un’ingiustizia fortunata (549).
Il cattivo esempio del personaggio Eteocle che finirà con l’uccidere il fratello e venire ucciso da lui, viene seguito in questi giorni da donne e uomini come la Von der Leyen, la Meloni, la Bonino, Letta, Calenda, Lupi e altri. Costoro, pur di rimanere seduti sulle loro incerte poltrone di comando, vero o presunto che sia, non si peritano di rischiare una guerra mondiale. Un rischio da fine del mondo. Noi che vogliamo porre fine alla guerra siamo pochi, sfortunati pochi per ora, ma con l’ulteriore avvicinarsi del pericolo della catastrofe diventeremo molti.
 
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L’intelligenza

Nella tragedia del 408 Oreste di Euripide, il protagonista matricida appare come un fantasma a Menelao. Il ragazzo stesso dice to; sw`ma frou`don ( prov oJdou` 390), il corpo è sparito ed è rimasto solo il nome.
Lo zio chiama ajmorfiva l’aspetto del nipote.  a[morfo~ come duvsmorfo~, come deformis, è “brutto”.
Menelao chiede tiv~ s j ajpovllusin noso~ ; quale malattia ti distrugge?
 e Oreste risponde hJ suvnesi~, o{ti suvnoida deivn  j eijrgasmevno~ (395-396), l’intelligenza poiché so di avere commesso azioni atroci.
Perché allora i fautori della guerra a tutti i costi non capiscono che propugnano il terzo conflitto mondiale?
Perché non hanno la suvnesi~, l’intelligenza che è la capacità di vedere i nessi tra le cose e gli eventi. Non sono intelligenti, non capiscono o fanno finta di non capire pur di non perdere il posto.
 
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La mwriva, stoltezza e follia
La più grande, quella estrema è la guerra.
 
Le Baccanti mostrano la rivolta dell’irrazionale contro la piattezza dell’ usuale, consueta vita familiare  e lo scempio del re “scemo” che viene fatto a pezzi dalle menadi guidate dalla madre e dalle zie infuriate.
mw`ra ga;r mw`ro~ levgei (v. 369): dice di lui Tiresia con un poliptoto che scredita completamente il giovane re.
Mw`ro~ è l’insipiente dalla follia deleteria: nelle Troiane, Euripide attribuisce a Poseidone una condanna delle devastazioni belliche causate dalla pazzia :"mw'ro" de; qnhtw'n o{sti" ejkporqei' povlei", -naou;" te tuvmbou" q  j, iJera; tw'n kekmhkovtwn,-ejrhmivvva/ dou;" aujto;" w[leq ' u{steron"(v. 95-97), è stolto tra i mortali chi distrugge le città, gettando nella desolazione templi e tombe, sacri asili dei morti; tanto poi egli stesso deve morire.-
 
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Parresía e propaganda
 
Parrhsiva potrebbe essere scelta come parola chiave e considerata a partire dallo Ione[1] di Euripide dove il protagonista esprime il desiderio di ereditare da una madre ateniese questo privilegio, recandosi ad Atene, poiché lo straniero che piomba in quella città, anche se a parole diventa cittadino, ha schiava la bocca senza la libertà di parola ("tov ge stovma-dou'lon pevpatai[2] koujk e[cei parrhsivan", vv. 674-675).
 Analogo concetto si trova nelle Fenicie[3] quando  Polinice risponde alla madre sulla cosa più odiosa per l'esule:" e{n me;n mevgiston, oujk e[cei parrhsivan" (v. 391), una soprattutto, che non ha libertà di parola.
Infatti, conferma Giocasta, è cosa da schiavo non dire quello che si pensa.
"La parresìa è l'elemento che il Greco avverte come ciò che massimamente lo distingue dal barbaro. L'esule soffre della perdita della parresìa come della mancanza del bene più grande (Euripide, Fenicie, 391). Inutile ricordare che il valore della parresìa svolgerà un ruolo decisivo nell'Annuncio neo-testamentario. E dunque entrambe le componenti della cultura europea vi trovano fondamento"[4].
Su questa parola chiave gioca Victor Hugo quando riporta queste parole “ingenuamente sublimi” scritte da padre Du Breul nel sedicesimo secolo: “Sono parigino di nascita e parrisiano di lingua, giacché parrhysia in greco significa librtà di parola della quale feci uso anche verso i monsignori cardinali”[5].
Vediamo ora una critica della parresia per rendere problematica anche questa.
Un biasimo della parresia, giudicata fuori luogo, troviamo in Arriano il quale celebra l’impresa e la persona di Alessandro Magno, e pur muovendogli qualche critica, tende a giustificarlo per i suoi atti tirannici. Nell’ Anabasi di Alessandro dunque l’autore accusa di  ajkaivrw/parrhsiva/[6], inopportuna libertà di parola, lo storico Callistene che rifiutò di prostrarsi davanti al re e ne chiarì, invero non ignobilmente, le ragioni.
 
Spesso la propaganda e perfino l’astuta chiacchiera pubblicitaria vengono spacciate come discorsi liberi fatti di parole franche e disinteressate.
 
La guerra, allora come ora, era fatta pure di propaganda e i duci ne erano consapevoli. Alessandro Magno, dopo la scoperta della seconda congiura: quella “dei paggi”[7] affermò che ricevere il nome di figlio di Giove aiuta a vincere le guerre: “Famā[8] enim bella constant, et saepe etiam, quod falso creditum est, veri vicem obtinuit” ( Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni,  8, 8, 15), le guerre sono fatte di quello che si fa sapere (attraverso la propaganda), e spesso anche quanto si è creduto per sbaglio, ha fatto le veci della verità.
Cfr. Historiae Alexandri Magni, 3, 8, 7 dove  pure Dario, prima della battaglia di Isso (novembre 333),  dice “famā bella stare”. Come nelle Eumenidi di Eschilo, le parti in conflitto hanno un pensiero comune.
 
 Dopo la conquista della rupe di Aorno (326 a. C.) Alessandro magnae victoriae speciem fecit[9], creò l’apparenza di una grande vittoria con sacrifici e cerimonie in onore degli dèi.
Nelle Storie di Livio, il console Claudio Nerone, in rapida marcia contro Asdrubale, che verrà sconfitto poco dopo, sul fiume Metauro (tra Fano e Senigallia, 207 a. C.) arringa brevemente i soldati dicendo: “Famam bella conficere, et parva momenta in spem metumque impellere animos” (27, 45), quanto si dice decide le guerre e circostanze anche piccole spingono gli animi alla spe
 
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Love Life un film coreano
 
 L’imprevedibilità degli eventi. Testimonianze di vari autori.
 
Il bello di questo film è l’imprevedibilità degli eventi della nostra pur breve vita umana.
Altri film raccontano fatti prevedibili tutti fin dai primi minuti. Qui avvengono mutamenti continui. Io credo che davvero tale sia la nostra vita pur troppo breve e che quanti cercano di schivare ogni cambiamento se la abbrevino ancora di più.
Da antichista quale sono cito le Storie di Erodoto quando Solone dice al re di Lidia :
 " Così dunque l'uomo, o Creso, è del tutto in balìa degli eventi pa'n ejsti a[nqrwpo" sumforhv, I, 32, 4).
Una riflessione del genere si trova pure in Simonide : poiché sei uomo, non dire mai quello che accadrà domani,/né, dopo avere visto un uomo felice, puoi dire per quanto tempo lo sarà:/così veloce infatti/non è neppure lo scatto ( "aJ metavstasi"") di una mosca dalle ali distese (fr. 16 P.)
 
Sentiamo ora qualche testimonianza nelle tragedie
L'imprevedibilità del futuro è denunciata da Deianira all'inizio delle Trachinie  (vv. 1-3) di Sofocle :" esiste un antico detto ("Lovgo" me;n e[st j ajrcai'o"") diffuso tra gli uomini: che non puoi conoscere la vita di un uomo prima che uno sia defunto, né se per lui sia stata buona o cattiva".
 
 Si trovano concetti analoghi in Euripide . Partiamo da uno stasimo dalle Baccanti  " to; de; kat j  h\mar o{tw/ bivoto"-eujdaivmwn, makarivzw"( , vv. 910-911), considero beato l'uomo la cui vita è felice giorno per giorno.
 Le ultime parole del dramma fanno:" Molte sono le forme della divinità,/e molti eventi fuori dalle nostre speranze (ajevlptw", v. 1388) portano a compimento gli dèi;/e i fatti attesi non si avverarono,/mentre per quelli inaspettati un dio trovò la via./Così è andata a finire questa azione"(vv. 1388-1392).
Identica è la conclusione dell'Alcesti ,  dell'Andromaca , dell'Elena  delle Baccanti, e molto simile quelle  della Medea.
Nell'Ippolito il coro sentenzia:" oujk oi\d j  o{pw" ei[poim j a]n eujtucei'n tina-qnhtw'n: ta; ga;r dh; prw't j  ajnevstraptai pavlin"(vv. 981-982), non so come potrei dire che alcuno dei mortali è fortunato: infatti le posizioni più alte vengono rovesciate.
Nell'Ecuba  la vecchia regina, dopo il sacrificio-assassinio della figlia Polissena constata la vanità della ricchezza e del potere, quindi conclude:"kei'no" ojlbiwvtato",- o{tw/ kat j h\mar tugcavnei mhde;n kakovn"(vv. 627-628), il più fortunato è quello cui giorno per giorno nessun male tocca. 
Nelle Troiane , Ecuba dice:"nessuno dei felici considerate che sia fortunato, prima che sia morto"(vv. 509-510).
In un'altra cara tragedia di Euripide, l'Andromaca , leggiamo:"Crh; d j ou[pot j eijpei'n oujdevn  o[lbion brotw'n-pri;n a]n qanovnto" th;n teleutaivan i[dh/"-o{pw" peravsa" hJmevran h{xei kavtw"(vv.100-102), non bisogna dire mai felice uno dei mortali/prima che tu abbia visto l'ultimo giorno/ del morto, come lo ha attraversato prima di andare laggiù.
  
Da antichista comparatista cito anche Musil L'immagine della mosca, quasi rovesciata rispetto a Simonide, ma sempre utilizzata per dire che siamo in balia delle cose, la troviamo anche nel romanzo L'uomo senza qualità  :"Qualcosa ha agito nei loro confronti come la carta moschicida nei confronti d'una mosca; qui ha imprigionato un peluzzo, là ha bloccato un movimento, e a poco a poco li ha avviluppati, finché son sepolti in un involucro spesso che corrisponde solo vagamente alla loro forma originale"[10].
E in una pagina precedente: "Si direbbe che ad ogni istante noi abbiamo gli elementi, e la possibilità di fare progetti per tutti (…) Ma purtroppo non è affatto così. Siamo noi, invece, in balìa della cosa. Giorno e notte viaggiamo dentro ad essa e vi svolgiamo ogni nostra attività; ci si rade, si mangia, si ama, si leggono libri, si esercita la propria professione, come se le quattro pareti stessero ferme, e l’inquietante è che le quattro pareti viaggiano, senza che ce ne accorgiamo, e proiettano innanzi le loro rotaie come lunghi fili adunchi e brancolanti, senza che noi sappiamo verso qual meta"[11].
Concludo attribuendo queste citazioni alla mia vita
 
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Liceo classico e altre scuole
Sentite  queste parole
“ Ideali pratici… No, non è roba che fa per me. Adesso spuntano gli istituti professionali e le scuole commerciali, mentre il ginnasio e l’istruzione classica diventano improvvisamente sciocchezze e non si pensa ad altro che a miniere… a industrie… e a far quattrini… Bene, bravi! Tutte belle cose. Ma a lungo andare diventano un po’ stupide… no? Non so perché io senta queste cose come un affronto”.
Non sono mie queste frasi bensì del vecchio Johann Buddenbrook nel quinto capitolo della prima parte di questa “ricerca del borghese” che è il romanzo di Thomas Mann.  
I Buddenbrook è del 1901 ma la parte iniziale è situata nel 1835.
Condivido quanto dice il patriarca settantenne, a parte che non credo agli “ideali pratici” attribuiti agli “istituti professionali” e alle “scuole commerciali”.
Quando ero ragazzo queste erano scuole per studenti che non potevano permettersi il liceo classico per ragioni mentali, caratteriali o- del tutto ingiustamente- socio economiche.
La celebrazione che si fa ora di certe scuole dipende dal fatto che non insegnano lo spirito critico acquisibile con lo studio della storia, della letteratura e della filosofia.
 Il liceo classico viene sconsigliato proprio per favorire l’assenza di giudizio critico, detto con una tautologia.
Ma l’educazione, la capacità di parlare bene e lo stile di un ragazzo che frequenta un classico tuttora serio e nobilmente antico, si distingue. Quella impartita da un buon liceo classico è  l’educazione della gente distinta.
La  paideia classica dovrebbe venire estesa e resa gratuita per tutti quelli che sono volonterosi e capaci di assimilarla.
Se non avessi studiato i classici, i latini fin dalle scuole medie, poi anche i greci e altri autori europei fino a oggi, sarei rimasto indifeso rispetto alle mode, alle propagande, alle menzogne e probabilmente sarei stato reso più pazzo di Aiace, quindi la vergogna e il dolore mi avrebbero annientato. Continuo a celebrare i classici perché sono certo che un aiuto può venire da loro. Neanche  le più belle e fini tra le mie donne avrei incontrato e conosciuto meravigliosamente senza l’ausilio dei miei auctores.
Questi alleviano diversi pesi , compresa la soma degli anni..
Ovidio consiglia di imparare bene il latino e il greco, per potenziare lo spirito e controbilanciare l'inevitabile decadimento fisico della vecchiaia:"Iam molire animum qui duret, et adstrue formae:/solus ad extremos permanet ille rogos./Nec levis ingenuas pectus coluisse per artes/cura sit et linguas edidicisse duas" (Ars amatoria , II, vv. 119-122), oramai prepara il tuo spirito a durare, e aggiungilo all'aspetto: solo quello rimane sino al rogo finale. E non sia leggero l'impegno di coltivare la mente attraverso le arti liberali, e di imparare bene le due lingue. Il latino e il greco ovviamente. Senza con questo disprezzare altre lingue. Vi saluto con gratitudine
 
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Il bello scivoloso - to; kalo;n sfalerovn.
 Euripide, Ifigenia in Aulide, 21
 
Con questo nesso, una callida iunctura,   Agamennone, “lo gran duca dei’Greci”  smonta il proprio potere rispondendo a un vecchio servitore che considera lo stare tra gli onori il bello della vita
  I panegiristi raccontano la vita “meravigliosa” della defunta regina Elisabetta II ricordando il suo “matrimonio da fiaba”.
Il bello di Elisabetta erano la sua educazione e il suo stile.
Era carina come possono essere  graziose anche tante forosette,  ma il suo stile era raro, era davvero raro, quasi soltanto suo. Questo la rendeva davvero bella e rimane nel ricordo di lei.
Matrimoni più o meno “da fiaba” possono farli pure gli arricchiti diretti  da un regista meno volgare di loro.
Ma, lo ripeto, lo splendore di un matrimonio eccezionale quanto si vuole è  fatto di una speciosità  scivolosa, vacillante. Tale è anche il kalovn di un volto e di un corpo umano. Il bello saldo, sicuro e non effimero è quello del buon esempio che diamo e lasciamo con la kalokajgaqiva delle parole  e con un comportamento corrispondente a quanto di bello e buono diciamo.
 
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L’allevamento degli animali e la cura degli esseri umani
Chi ignora i classici serve la moda sfacciata
 
Platone nel Politico  (276c) stabilisce una differenza tra  la politikh; tevcnh, l’arte politica che è una basilikh; tevcnh, un’arte regia, e la  qreptikh; tevcnh, la tecnica dell’allevamento degli animali.
L’uomo politico è quello che si prende cura ejpimevleian di uomini e donne, viventi bipedi che la accettano di buona voglia- eJkousivwn dipovdwn,  ma possono  anche rifiutarla, se non funziona. Hanno chiesto il nostro voto dopo avere condotto gran parte degli Italiani vicino alla povertà e averli resi quasi tutti ignoranti con la distruzione della scuola.
Hanno gestito male la tecnica dell’allevamento e ignorato del tutto l’arte politica regia che  si prende cura del benessere e dell’educazione dei cittadini.
 
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La buona e la cattiva educazione
 
Non mi piacciono le apoteosi, le divizzazioni dei potenti morti. Non mi piace la storia come teologia del successo.
Ecco perché mentre Elisabetta II viene imbalsamata da vari panegiristi, io la ricordo con simpatia di ex ragazzo come una ragazza carina e beneducata che non ha mai smentito il bello stile di cui si era dotata.
Per questo non basta essere regine e non c’è bisogno di esserlo.
Le presentatrici televisive che interrompono i loro ospiti alzando la voce e dicendo banalità o assurdità durante le trasmissioni condotte  beceramente da loro dovrebbero rieducarsi osservando le immagini filmate di questa sovrana, la sua capacità di ascoltare con attenzione dando importanza a chi parlava più che a se stessa, chiunque fosse l’interlocutore invitato o accostato strada facendo.
 
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Il deficit di tanti politologi
 
I cosiddetti politologi fanno molto spesso delle chiacchiere generiche prive, di filosofia, di storia, di letteratura.
Vorrei sentirli citare brani della Repubblica e delle Leggi di Platone, della Politica e della Costituzione degli Ateniesi di Aristotele, qualche frase dai capitoli metodologici di Tucidide che legiferò come ci ha insegnato Luciano- (II secolo d. C.)  oJ  d j’ ou`n Qoukidivdh~ ejnomoqevthse- o dal Proemio delle Storie di Polibio dove lo storiografo afferma che per gli uomini non c'è nessuna correzione (diovrqwsi") più efficace che la conoscenza dei fatti passati (th'" tw'n progegenhmevnwn pravxewn ejpisthvmh" , 1, 1).
Per quanto riguarda la letteratura, questa negli autori più validi di epos drammi e romanzi è intrecciata con la politica in guerra e in pace. Menziono solo i poemi omerici, i tragici greci, l’Eneide, la Pharsalia di Lucano, la Commedia di Dante, poi la politica militante di Machiavelli, Guicciardini, quindi Shakespeare, i grandi romanzi russi, i drammi e le poesie di Brecht per fare solo alcuni nomi.
Niente di tutto questo nei politologi televisivi ma un povero sapere giornalistico con conosce solo gli ultimi secondi dell’orologio della storia.
 

Bologna 16 settembre 2022 ore 10, 21
Giovanni ghiselli

p. s
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[1] Del 411 a. C.
[2] Forma poetica equivalente a kevkthtai.
[3]Rappresentata poco tempo dopo lo Ione. Tratta la guerra dei Sette contro Tebe.
[4] M. Cacciari, Geofilosofia dell'Europa, p. 21 n. 2.
[5] Notre-Dame de Paris, p. 38.
[6] Arriano, Anabasi di Alessandro, 4, 12, 7.
[7] Avvenuta in Sogdiana, l’attuale Uzbekistan, nella primavera 327 a. C 
[8] Cfr. fhmiv. La gente non solo vive e mangia ma pure fa e interpreta la guerra seguendo il “si dice”. Seneca:"nulla res nos maioribus malis implicat quam quod ad rumorem componimur " (De vita beata , 1, 3), nessuna cosa ci avviluppa in mali maggiori del fatto di regolarci secondo il "si dice".
[9] Curzio Rufo, Historiae Alexandri Magni, 8, 11, 24.
[10]p. 124. Parla dei giovani.
[11] R. Musil, L'uomo senza qualità, p. 27.

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