lunedì 19 settembre 2022

Medea. 6

Corinto
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Per la conferenza che terrò a San Giorgio del Sannio il 14 ottobre 

 
Conclusione della richiesta di solidarietà di Medea alle donne di Corinto
  
Tanto dunque io vorrò ottenere da te, 259
Se si trova una qualche via traversa e mezzo- povro~ ti~ mhcanhv t j
per far pagare allo sposo il fio di questi mali
(e a chi gli ha dato la figlia e a quella che ha sposato) 262,
ti prego di tacere. La donna infatti per il resto è piena di paura
e vile davanti a un atto di forza e a guardare un'arma;
ma quando sia offesa nel letto, ej~ eujnh;n  hjdikhmevnh 265
non c'è non c'è altro cuore più sanguinario. 266
v. 260 ho tradotto povro~ con “via traversa” perché peivrw significa “attraverso”.
Quanto a mhcanhv, Medea non ha ereditato soltanto il non cedere mai dell’Achillle dell’Iliade ma anche la polumhcaniva di Odisseo appunto polumhvcano~ tanto nell’Iliade quanto nell’Odissea. “Grande sonant tragici scrive Ovidio[1]; il suono dei tragici non è solo grande: è anche nobile e antico.
 
262 to;n dovnta  t j aujtw`/  qugatevr  j h{ t j ejghvmato.
questo verso è stato espunto dal Lenting poi da Murray perché  si trova quasi ripetuto  poco più avanti: “ to;n dovnta kai; ghvmanta kai; gamoumevnhn 288. Creonte, il re di Corinto, dice a Medea: “Poi sento dire che tu minacci, a quanto mi riferiscono,/di fare qualcosa di male a chi ha dato la sposa, a chi l'ha presa in sposa/e alla sposata (Medea, vv. 287-289).
 
Plutarco nella Vita di Alessandro (10, 5) racconta che Olimpiade fu accusata di avere sobillato e aizzato Pausania a uccidere Filippo II innamorato di Cleopatra, una ragazza che il re intendeva sposare. Il giovane nobile macedone era stato oltraggiato da Attalo e dalla stessa fidanzata di Filippo senza ottenere giustizia. Una qualche accusa toccò anche ad Alessandro il quale avendo incontrato Pausania dopo che quello aveva subito l’oltraggio, e vedendo che si lamentava, gli disse citando di Euripide: “to;n dovnta kai; ghvmanta kai; gamoumevnhn
Nel caso di Alessandro chi ha dato la nuova sposa,  Cleopatra, a Filippo II era Attalo, zio della ragazza, chi l’ha presa in sposa è Filippo, e la sposata Cleopatra.
 
 
265 ej~ eujnh;n  hjdikhmevnh : Il letto è il mobile più importante della casa in questa tragedia come nell’Alcesti.
 
Il letto
Anche tra gli dèi dell'Olimpo il levktron è un mobile molto importante: infatti nell'Eracle di Euripide l'eroe dorico critica i numi in generale ed Era in particolare la quale, gunaiko;" ou{neka-levktrwn, per i letti di una donna, ossia di Alcmena, gelosa di Zeus, ha mandato in rovina i benefattori della Grecia che non erano in nessun modo colpevoli (vv. 1308-1310). Chi potrebbe pregare una dea del genere dunque?
Apollo nelle Eumenidi di Eschilo sentenzia che il letto fatale, per l'uomo e la donna, è più potente del giuramento siccome sorvegliato dalla giustizia: "eujnh; ga;r ajndri; kai; gunaiki; movrsimo"-o{rkou 'sti; meivzwn th'/ divkh/ frouroumevnh" ( vv. 217-218).
Procedendo con il commento della Medea si trovano diverse occorrenze del letto che occupa una parte considerevole degli spazi, anche mentali, nelle grandi tragedie familiari.
 Il letto in questo dramma è un luogo cruciale: già nel prologo il pedagogo dei bambini destinati a essere uccisi dalla madre attribuisce al talamo, a quello della nuova fidanzata, la pur non abbagliante Glauce, la disaffezione di Giasone per i figli della prima moglie. Alla nutrice, che rileva come il padre si sia rivelato un infame (kakov" , v. 84) verso i figlioli, l'aio risponde con un'espressione di sfiducia generale che comunque vede nel letto il movente principale della malvagità del padrone:"Chi non lo è tra i mortali? Solo ora prendi coscienza di questo,/che ciascuno ama se stesso più del prossimo?/(alcuni magari a ragione, ma altri anche per lucro),/se questi bambini qui per un letto (eujnh'" ou{nek j) il padre non li ha cari? "(vv. 85-88).
 Più avanti, nella Parodo, le donne del Coro domandano a Medea che ha manifestato propositi suicidi:" Quale brama puoi avere tu/ del giaciglio orribile (ta'" ajplavtou-koivta" e[ro" ), o demente? (vv. 151-152).
 Si tratta del letto della morte, un talamo alternativo a quello di Giasone, il  compagno di letto che ella rimpiange ( duromevna so;n eujnavtan, v. 159), il traditore  nel letto, lo sposo infame (to;n ejn levcei prodovtan kakovnumfon, v. 206). Medea sente comunque il bisogno del letto.
 
Anche l'uomo che aspira al potere del resto dà la massima importanza al letto: l'assassino deforme e  zoppicante, l'esecrabile tiranno segnato dal demonio (stigmatic) Riccardo duca di Gloucester, esulta per essersi insinuato nel favore di se stesso (I am crept in favour with myself  ) dopo che Lady Anne, bella donna ancora in gramaglie, della quale egli stesso ha ucciso marito e suocero, ha smesso di rifiutare la sua pretesa di essere adatto non all'inferno ma, viceversa, alla camera da letto di lei  ( your bed chamber ). Si piace al punto che vuole comprarsi uno specchio e intanto chiede al sole, che gli è diventato simpatico, di brillare per poter ammirare la propria ombra mentre cammina:" Shine out, fair sun, till I have bought a glass,/That I may see my shadow as I pass " (Shakespeare, Richard  III [2], 1, 2).
 
Il letto o la camera nuziale è anche il luogo dove alcune eroine si danno la morte. Abbiamo menzionato Alcesti e Didone. Aggiungo la sposa dolente delle Trachinie di Sofocle
“E' proprio là che Deianira muore, in quel letto che essa aveva associato troppo ai piaceri della nymphē: si muore comunque nel proprio letto quando si è donne, anche se ci si uccide come un uomo"[3].  
 
 Non solo la tragedia attribuisce grande importanza al letto.

Il letto come segno di riconoscimento
 Tra Odisseo e Penelope il segno certo  di riconoscimento[4] non è, come con Euriclea, la cicatrice, ma il letto costruito dall'uomo.
“Quel letto compatto, “solidamente fissato nel suolo”, con le radici profondamente immerse nella terra, immobile, irremovibile, sottratto a qualsiasi mutamento e cambiamento, è il centro della sua vita e del poema che il “secondo Omero” gli ha dedicato. Il letto racchiude tutti gli aspetti dell’esistenza di Ulisse: il rapporto religioso con Atena, perché egli l’ha lavorato nell’ulivo: l’identità, l’ostinata irremovibilità del carattere: ricorda il matrimonio con Penelope, la fecondità della moglie, la casa cresciutagli intorno, il suo potere di re; fonda natura e cultura, le radici ancora vive e l’opera delle sue mani artigiane. Il letto è il “grande segno” segreto, che soltanto lui, Penelope e un’ancella conoscono. Forse è sfuggito persino agli dèi mascherati che spiano le sue vicende. Ulisse aveva conosciuto un altro centro: Ogigia, l’ombelico del mare, il centro del mondo mitico. Il letto di ulivo è l’ombelico della realtà: lui aveva preferito una volta per sempre il mondo reale, dove si soffre e si muore, a quello mitico dove non si soffre e non si muore…Ora, mentre marito e moglie stanno finalmente per abbracciarsi, Ulisse descrive con un piacere minuzioso come, più di vent’anni prima, aveva costruito il letto. Anche qui, la tensione narrativa viene rallentata. Ulisse descrive, in primo luogo a se stesso, l’oggetto fondamentale della sua vita-che teme perduto per sempre-. Mentre lo descrive, il furore si quieta. Con quale piacere racconta il suo capolavoro di artigianato: come costruì la stanza da letto attorno a un ulivo rigoglioso: la coprì con un tetto, vi appose una porta, recise i rami dell’ulivo, sgrossò il tronco, lo piallò, lo fece diritto col filo, traforò il legno col trapano, piallò il letto, lo placcò d’oro, d’argento e d’avorio, vi tese le cinghie del bue…Con questo letto così amorosamente lavorato, ha inizio la corona di oggetti privilegiati attorno ai quali si svolge la cultura occidentale: la ciotola di Robinson, il profumo di Baudelaire, le marmellate di Tolstoj, la madeleine di Proust, la seggiola di van Gogh; oggetti stabili, “solidamente fissati nel suolo”, ai quali abbiamo donato il nostro cuore.
Appena Ulisse rivela il “grande segno”, le ginocchia e il cuore di Penelope si sciolgono, come accade nell’amore, nel sonno e nella morte. Il letto costruito nell’ulivo è il segno sicuro, del quale può fidarsi”[5].
 Penelope piange di commozione e bacia Odisseo che a sua volta piange e bacia la sposa. Segue un paragone tra i naufraghi che stremati, incrostati di salsedine, si salvano dal mare canuto sopra la spiaggia e Penelope che non stacca le braccia dal collo di Odisseo (XXIII, 233-240).
“Il paragone concentra la vicenda di Ulisse: l’Odissea è la storia di un sempre ripetuto naufragio, che solo ora si conclude a Itaca, accanto al letto d’ulivo. Ma esso viene riferito a Penelope: quindi anche i vent’anni di separazione erano stati, per lei, un’incessante tempesta, un lungo naufragio. Le storie di Ulisse e Penelope sono identiche: entambi sono stati per mare, hanno perduto la nave, sono “scampati al pericolo”, e ora eccoli, insieme, tornati nel centro del mondo”[6].  Che è il letto. 
 
La donna oltraggiata
Per hjdikhmenh  offesa (v. 265) cfr. v. 20 – Mhvdeia  d  j hj duvsthno~ hjtimasmevnh (v. 20)
 Medea, l'infelice donna oltraggiata.
 
Alla donna oltraggiata di Euripide può essere  avvicinata Olimpiade, la madre di Alessandro Magno: “ u{popta h\n   jAlexavndrw/ ej~ Fivlippon, ejpeidh; Eujrudivkhn gunai`ka hjgavgeto Fivlippo~ ,  jOlumpiavda de; th;n  jAlexavndrou mhtevra hjtivmase” (Arriano, Anabasi di Alessandro, 3, 6, 6), poiché Alessandro aveva dei sospetti verso Filippo, da quando Filippo aveva sposato Euridice, e aveva sdegnato Olimpiade madre di Alessandro.
Un’altra donna oltraggiata è Nastasja Filippovna di L'idiota di Dostoevkij. Questa, una giovane bella, intelligente e fuori dal comune, odiava Totzkij, l'uomo ricco e potente che l'aveva sedotta e disonorata da adolescente, quindi la manteneva nel lusso non senza averne paura:"Totzkij ricordava che anche prima aveva avuto momenti in cui gli erano balenati alla mente strani pensieri, osservando, per esempio, gli occhi della fanciulla: vi si presentivano tenebre profonde e misteriose. Quello sguardo pareva un enigma vivente…trascorsero cinque anni di quella vita a Pietroburgo, e si capisce che nel corso di quel tempo molte cose si precisarono. La posizione di Totzkij non era delle più invidiabili; il peggio era che, essendosi lasciato spaventare una volta, ormai non poteva più ritrovare la tranquillità. Aveva paura, senza poter precisare con sicurezza di che cosa; aveva semplicemente paura di Nastasja Filippovna".
Il seduttore si rese conto che la donna non tendeva nemmeno a farsi sposare da lui:"Gli sembrava possibile una sola spiegazione, e cioè che l'orgoglio illimitato di quell'oltraggiata e fantastica donna era giunto a tal punto di pazzia, ch'ella preferiva esprimergli una volta di più il proprio disprezzo col rifiuto, che consolidare per sempre la sua posizione, entrando a far parte d'un ceto sociale addirittura insperato per lei. Il peggio, in tutto ciò, era che Nastasja Filippovna aveva decisamente preso il sopravvento"[7].
Anche in  I fratelli Karamazov ci sono donne oltraggiate: una è Caterina Ivanovna la quale ama Dimitri che la offende, anzi proprio perché la offende, secondo quanto le dice   Ivan :" Ora parto; ma sappiate, Caterina Ivanovna, che voi amate effettivamente soltanto lui. E quanto più egli vi offende, tanto più voi l'amate. Proprio in ciò consiste la vostra tortura. Voi lo amate precisamente così come è; lo amate anche se vi offende. Se egli si fosse corretto, il vostro amore sarebbe immediatamente finito, e voi l'avreste abbandonato" (p. 257). L'altra donna legata a un'offesa ricevuta  è Gruscenka, che era stata sedotta a 17 anni da un ufficiale polacco, il quale poi l'aveva abbandonata. Diversi anni dopo la giovane dice:"Vedi, Alioscia, io ho preso molto gusto a queste torture che durano ormai da cinque anni…Forse non lui io amo, ma soltanto l'offesa che mi fu fatta!" (p. 444).
266 miaifonwtevra – comparativo di miaifovno~ formato da miaivnw e fovno~, macchiato  di sangue. Il lamento di Medea si chiude con questo grido isterico.
Mi fa venire in mente l’urlo di lady Macbeth: :"Io ho dato latte: e so quanta tenerezza si prova nell'amare il bambino che lo succhia; ebbene io avrei strappato il capezzolo dalle sue gengive senza denti mentre egli mi avesse guardata in faccia sorridendo e gli avrei fatto schizzare via il cervello, se lo avessi giurato come tu hai giurato questo"(I, 7).
 "La sua voce dovrebbe indubbiamente sollevarsi fino a raggiungere in "schizzar via il cervello", un urlo quasi isterico"[8].
La Medea di Seneca vuole defemminilizzarsi e assumere la ferocia massima negando la propria femminilità:"Per viscera ipsa quaere supplicio viam,/si vivis, anime, si quid antiqui tibi/remanet vigoris; pelle[9] femineos metus/et inhospitalem Caucasum mente indue./Quodcumque vidit Pontus aut Phasis nefas,/videbit Isthmos. Effera ignota horrida,/tremenda caelo pariter ac terris mala/mens intus agitat: vulnera et caedem et vagum/funus per artus " (vv. 40-48), attraverso le viscere stesse cerca la via per il castigo, se sei vivo, animo, se ti rimane qualche cosa dell'antico vigore; scaccia le paure femminili e indossa mentalmente il Caucaso inospitale. Tutta l'empietà che il Ponto o il Fasi hanno visto, le vedrà anche l'Istmo. La mia mente medita dentro di sé malvagità feroci, inaudite, terrificanti, terribili per il cielo parimenti e per le terre: ferite e strage e un cadavere smarrito tra le  membra.
Pure Lady Macbeth vuole defemminilizzarsi quando invoca gli spiriti che apportano pensieri di morte:"unsex me here", snaturatemi il sesso ora, e riempitemi dalla testa ai piedi della crudeltà più orrenda (of direst cruelty). Il sangue di cui gronda la tragedia, nel suo corpo deve  addensarsi e chiudere ogni via di accesso al rimorso ( Macbeth, I, 5). Quindi la donna chiama una densa notte che giunga avvolta nel più tetro fumo d'inferno perché il suo pugnale non veda la ferita che produce.
 
Bologna 19 settembre 2022 ore 11, 35
giovanni ghiselli

p. s
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[1]Ovidio, Remedia amoris, 375-376.
[2] Composto tra il 1590 e il 1592.
[3] N. Loraux, Come uccidere tragicamente una donna, p. 26.
[4] nu'n d j, ejpei; h[dh shvmat' ajrifradeva katevlexa~-eujnh'~ hJmetevrh~peivqei~ dhv meu qumovn, Odissea , XXIII, 225-226, ma ora poiché mi hai detto il segno chiaro del letto nostro…convinci il mio cuore, dice Penelope a Odisseo dopo la diffidenza iniziale.
[5] P. Citati, La mente colorata, p. 272.
[6] P. Citati, La mente colorata, p. 273.
[7] F. Dostoevskij, L'idiota, pp. 54-55.
[8]A. C. Bradley, La tragedia di Shakespeare, p. 403. Qualche pagina prima (370) Bradley scrive: "I versi più terribili della tragedia sono quelli del suo grido raccapricciante "Ma chi avrebbe mai pensato che quel vecchio avesse dentro tanto sangue?" (V, 1).
[9] Nella Tebaide di Stazio Polisso, una vecchia furibonda simile a una baccante, aizza le denne di Lemno ad ammazzare i maschi gridando, tra l’altro: “firmate animos et pellite sexum!” (V, 105), rafforzate gli animi e scacciate il sesso !

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