NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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martedì 13 settembre 2022

Contro il consumismo dei veri pezzenti ricchi o poveri che siano

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Il bello di essere “assai trito e parco”

Epigrafe da Paulo Uccello di Giovanni Pascoli
 
Quelli compravan uova. Esso un fringuello
in gabbia vide, dietro il banco, rosso
cinabro il petto, e nero un suo mantello;
 
nero un cappuccio ed un mantello indosso.
Paulo di Dono era assai trito e parco;
ma lo comprava, se ci aveva un grosso.
 
Nei Memorabili   di Senofonte, Socrate  risponde con queste parole al rinfacciamento di essere un pezzente : “mi sembra Antifonte, che tu creda che la felicità sia lusso e la possibilità di spendere molto (trufhv, polutevleia); io invece credo che sia tipico del divino non avere bisogno di niente (ejgw; de; nomivzw to; me;n mhdeno;~ devesqai qei'on ei\nai) e l’avere bisogno del meno possibile è la condizione più vicina al divino"(I, 6, 10).
Similmente Seneca nel De tranquillitate animi : “Respice agedum
mundum: nudos videbis deos, omnia dantes, nihil habentes” (8, 5), avanti, guarda l’universo: nudi vedrai gli dèi che tutto danno e nulla possiedono. 
 
Antifonte sofista dunque disse a Socrate che la sua filosofia non portava alla felicità poiché faceva una vita che nemmeno uno schiavo potrebbe sopportare: “mangi e bevi la roba più ordinaria, porti un mantello che non solo è ordinario ma è il medesimo per l’estate e per l’inverno, e vivi costantemente senza scarpe e senza tunica. Per giunta non prendi denaro che porta gioia a chi lo acquista.
Dunque considera di essere un maestro di infelicità: nomivze kakodaimoniva" didavskalo" ei\nai” (Memorabili, I, 6, 3)
Socrate risponde che non accetta denaro per non essere costretto a frequentare chi lo ha compato.
“I miei cibi sono ordinari ma li condisco con l’appetito, provocato con il movimento. Io che vivo esercitandomi anche fisicamente sono in grado di sopportate il caldo il freddo, la fame meglio di te. Non c’è niente di meglio che evitare la schiavitù del ventre e della lascivia cercando i veri benefici. Io voglio diventare migliore e acquistare amici migliori.
 
Parole simili vengono dette da Eracle nella tragedia di Euripide che racconta l’impazzimento dell’eroe il quale, tornato in sé, dice a Teseo che gli offre aiuto:
“Ahimé: questo è secondario rispetto ai miei mali;
ma io non credo che gli dèi amino letti che non sono leciti.
 né ho mai considerato degno né crederò che attacchino lacci alle braccia
né che uno sia padrone dell’altro.
Infatti il dio se è veramente dio, non ha bisogno
di nulla - dei`tai ga;r oj qeov~, ei[per e[st j orqw`~ qeov~ - oujdenov~: queste sono miserabili favole di aedi- ajoidw`n oi[de duvsthnoi lovgoi (Euripide, Eracle, 1340- 1346)
 
 
Pesaro 13 settembre 2022 ore 10, 18
giovanni ghiselli

p. s
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